Grazie sole (per avermi abbronzata)

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In primavera, appena i raggi del sole iniziano a scaldare, do il via alla mia missione tintarella. Che continua fino a fine estate e prosegue oltre

Scusate l’immodestia, ma in questi giorni quando mi guardo allo specchio provo una certa soddisfazione. No, non sono dimagrita neanche un etto e la cellulite è sempre lì, aggrappata con tenacia ai miei cosciotti. Eppure, grazie all’abbronzatura non mi vedo da buttare via.

Peccato che il colorito cancella-difetti sia destinato a svanire. Ma se il processo di sbiancamento è inevitabile, per fortuna esiste qualche strategia che lo rallenta (potete scoprirla leggendo l’articolo Effetto vacanza che trovate su Confidenze in edicola adesso).

Una buona notizia per chi, come me, alla tintarella ci tiene da pazzi. Intanto, perché rende tutti un po’ più belli. E poi, nel mio caso, perché per ottenere una pelle dorata come un lingotto comincio a darmi da fare dal 1° aprile, cioè dal giorno in cui attacco con il betacarotene. Ma questo è solo l’inizio di un lungo e faticosissimo cammino.

Fedele al motto “chi bella vuole apparire qualche pena deve soffrire”, già in primavera mi stendo al sole. Ma non crediate che mi rilassi e lasci fare al caso: assumo posizioni degne di una contorsionista professionista improbabili in spiaggia, eppure fenomenali per un risultato con i fiocchi.

Solo così, infatti, non permetto ai raggi Uv di prendere il sopravvento e di picchiare duro solo sulle spalle e sul décolleté, tralasciando i polpacci (una delle zone più difficili da scurire), l’angolo buio fra il mento e lo sterno e l’interno di braccia e cosce che, bianchiccio, sta veramente male.

Insomma, determinata a un lavoro di cesello, do il via alla missione tintarella partendo dal davanti. Supina, con una gamba diritta e l’altra flessa (dopo un po’ le alterno), le braccia tese sopra la testa (anche l’ascella vuole la sua parte) e la testa girata 10 minuti a destra e 10 a sinistra, praticamente me ne sto sul lettino aggrovigliata su me stessa tutta la mattina.

Il pomeriggio, invece, lo dedico al dietro. A questo punto mi metto a pancia in giù, con le ginocchia piegate e le piante dei piedi unite come un ranocchio. Poi, posiziono le braccia come quelle degli omini di Keith Haring e, a rischio di non riuscire a respirare, tengo la faccia immobile in giù per evitare che una guancia si abbronzi di più dell’altra.

Morale, a fine giornata sono letteralmente provata e piena di dolori per le posture innaturali. Tant’è che per rivestirmi faccio una fatica boia, visto che non c’è centimetro del mio corpo che non sia anchilosato. E se infilare la T-shirt è un’impresa titanica, non vi dico la sofferenza per piegarmi e allacciare le stringhe delle All Star.

Chi me lo fa fare, vi chiederete? Semplice: la gioia immensa di sentirmi dire, quando torno in città: «Che bel colore». Un complimento che mi ripaga di tutti i sacrifici.

Dopo questa lunga confessione, mi sa che non devo neppure sottolineare l’ansia, a fine stagione, di trattenere l’abbronzatura il più a lungo possibile. Infatti, sono già attiva: ogni mattina mi tuffo negli idratanti con la stessa foga con cui Paperon de’ Paperoni si butta nei suoi dobloni d’oro. E poi adotto qualche altro trucchetto che, appunto, potete leggere su Confidenze.

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