Il galateo della pandemia

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Un vademecum semi serio per le relazioni sociali ai tempi del Covid

Su Confidenze in edicola trovate una storia che è specchio di questi tempi e nella quale forse molte famiglie potranno ritrovarsi. Si intitola Il Divieto (raccolta da Antonio Bozzo) e parla di una nonna tenuta in scacco dalla figlia no vax, che sotto la minaccia di non farle più vedere il nipote le vieta di vaccinarsi contro il Covid.

Ora mi auguro che di situazioni così estreme ce ne siano poche, ma credo che ciascuno di noi negli ultimi mesi abbia potuto sperimentare nel suo piccolo come il tema vaccini sia diventato divisivo nella società e all’interno dei nuclei familiari.

Adolescenti che si vaccinano contro voglia e solo per non mettere a rischio la salute dei nonni; genitori che recalcitrano se il figlio o la figlia è nell’età dello sviluppo (la leggenda metropolitana dice che il vaccino renda sterili); riunioni familiari che saltano perché uno non ha il green pass da esibire al ristorante.

Una volta si diceva che a tavola non bisogna parlare di politica e religione per non urtare la suscettibilità altrui, adesso aggiungerei all’elenco anche la voce vaccini. Impresa un po’ ardua visto che siamo bersagliati dal mattino alla sera di notizie sul Covid e nessun evento, neppure l’attentato alla Torri Gemelle ha mai tenuto banco così a lungo sulle colonne dei quotidiani e in tv.

Quindi, per non allargare la schiera di quanti già alimentano la psicosi da pandemia e no vax, non starò a disquisire se il supergreen pass di prossima introduzione sia una discriminazione o meno, ma mi limiterò a condividere con voi un breve decalogo della vita sociale ai tempi del Covid, che mi sono mentalmente redatta in questi mesi; una sorta di galateo della pandemia frutto della mia personale esperienza, che può essere d’aiuto a destreggiarsi in questi tempi così difficili.

Quando si organizza una cena tra amici al ristorante se una coppia dà buca non fate domande inopportune del tipo “ma non hanno il green pass?”.

E se a tavola il discorso scivola su terze dosi e tamponi cambiate elegantemente argomento, potreste scoprire che l’amica che si è vaccinata per senso di responsabilità adesso ha cambiato idea e davanti alla prospettiva di una nuova dose storce il naso, come d’altronde milioni di altri italiani.

Se vostro figlio viene invitato a casa di un amichetto per un pigiama party piuttosto che esigere i certificati vaccinali di tutta la famiglia, inventatevi una scusa, un impegno improvviso, se proprio temete che possa finire contagiato e fare da untore meglio non mandarlo.

Quando qualcuno vi parla tenendo la mascherina per educazione tenetela anche voi, anche se siete all’aria aperta (io mi comporto così) il messaggio è chiaro: non mi fido, ho paura del contagio e quindi va rispettato.

Se al lavoro o a scuola qualcuno si assenta per più di una settimana, evitate di chiedere “ma che cos’ha” già con aria allarmata, siamo un Paese dove la privacy va rispettata e in genere chi ha avuto il Covid non ha piacere a dirlo, se non con mesi di ritardo.

Sui mezzi pubblici, in fila in farmacia o  al supermercato vale sempre il distanziamento sociale, invece vedo che molti se lo sono scordato.

Non fare mai domande dirette sui vaccini, scoprireste che molte persone che si sono sottoposte a prima seconda e magari anche terza dose l’hanno fatto solo per paura di finire in ospedale e non perché condividono l’utilità del vaccino.

Infine visto l’approssimarsi delle feste natalizie, non sapendo ancora se ci saranno limitazioni sui posti a tavola, piuttosto che giocare a mosca cieca con il virus e le sue innumerevoli varianti invitando in casa gente, meglio scambiarsi gli auguri al ristorante o al bar, lasciando al Covid manager di turno l’ingrato compito di schedarci tutti.

Confidenze