Il morto in piazza di Ben Pastor

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Un thriller ambientato in Abruzzo, sugli ultimi giorni di vita di Benito Mussolini, ma anche un'elegia per una terra aspra che in tanti devono lasciare

“Dalla vecchia casa dei miei nonni abruzzesi, a Bisenti, le grandi montagne sono come una zanna di calcare (nitida contro il sereno o avvolta di nubi) che si affaccia dietro il colle più vicino; ma già dal limite del paese, ecco la prospettiva muta, con gli stessi monti che si stagliano a corona sullo sfondo dei campi coltivati. Credo sia così per tutte le forme che assume l’Eternità: per cominciare a comprenderle, devono prima apparirci a poco a poco; è solo in un secondo tempo che possiamo percepire la grandezza e la complessità di ciò che non muore. Il morto in piazza ha a che fare con l’idea della casa: case che lasciamo, case abbandonate, case in cui viviamo; con l’esiliato, il viaggiatore, il contadino, l’emigrante e il morto; cinque archetipi che intrattengono una particolare relazione con la terra, il suolo. (…) 

Nella Prima guerra mondiale, durante la quale cadde da soldato, il poeta inglese Rupert Brooke scrisse: Se io morissi, pensate di me solo/ che c’è un angolo, là in terra straniera / che è per sempre Inghilterra. Credo che questo si possa dire anche degli abruzzesi all’estero; eppure la malinconia della lontananza rimane. Ovidio, esiliato da Augusto sul Mar Nero quasi duemila anni fa, non rivide mai più la natìa Sulmona. Egli è solo il primo e fra i più eccellenti dei milioni che lasciarono la terra d’Abruzzo nei secoli che seguirono. Il mio romanzo, che puro solo accenna al dolore del poeta (espresso nella sua indimenticabile antologia detta Tristia), vuole idealmente riportare lui e tutti quegli emigranti che mai poterono farlo di nuovo a casa”.

Maria Verbena Volpi è nata a Roma ma da anni vive negli Stati Uniti, dove insegna scienze sociali. Ben Pastor è lo pseudonimo con il quale firma i suoi dettagliatissimi e dotti mistery storici, molti dei quali, soprattutto quelli pubblicati dalla casa editrice palermitana, costruiti intorno al carattere di Martin von Bora, giovane tenente colonnello dell’Abwehr (il controspionaggio dell’esercito). Scritti in inglese, lingua che le permette un ritmo e una pulizia formale che si addice perfettamente alle dinamiche del genere d’elezione, i suoi non sono libri che si dimenticano. Non solo la ricostruzione di una dimensione temporale chirurgica e precisa, la sua, ma una lavorazione della componente complessa, ma necessaria dei fatti umani, dei colori del tempo, degli usi e costumi dei luoghi che fanno da sfondo e base della trama.

Il morto in piazza porta Martin in Abruzzo, a Faracruci, a pochi passi dal Gran Sasso. Bisogna recuperare dei documenti brucianti, una corrispondenza compromettente per tutti, che Benito Mussolini, prima di lasciare la prigionia presso l’albergo di Campo Imperatore, ha affidato a un suo conoscente confinato nella zona.

È un thriller, non posso dirvi di più. Tranne una cosa: sono pagine che mi hanno commossa. Vivo in questa regione da diciotto anni e tra non molto la lascerò. In ogni parola dell’autrice dalle origini abruzzesi ho trovato, ogni cosa assume sapore diverso quando sai che sta per finire, l’esaltazione delle virtù di una terra di pietra e di inverni lunghissimi, che protegge e difende forme di vita delicatissime, che esprime primavere soavi. L’attaccamento comune a un territorio prezioso ma poco sicuro di sé: da qui si è sempre emigrato altrove. Virtuosa terra, virtuosa acqua, virtuoso verde, virtuose menti, eppure non sembra bastare. A una lettura romantica verrebbe da dire che si va via per portarlo ovunque, questo cuore sempre sotto sforzo che non cede mai, che si va via non per scappare ma per rendere il mondo un grande Abruzzo.

Il libro di Ben Pastor è un tributo a un luogo, ai suoi abitanti, a una grande Storia, a un grande amore.

 

Ben Pastor, Il morto in piazza, Sellerio

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