La mia tavola è fresca, ma zero leggera

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Neanche l'estate, con le sue temperature torride, riesce a togliermi l'appetito. Quindi porto in tavola cibi sani, ma in quantità industriali

Come può un’amante del cibo come me non accettare l’invito Se fa caldo, mettiti a tavola (che poi è il titolo di una articolo che trovate su Confidenze in edicola adesso)? Impossibile. Ma non solo in estate. Sedermi davanti a un bel piatto con dentro di qualcosa di buono la reputo un’idea paragonabile al capolavoro di Vivaldi: una sinfonia da suonare in tutte Le quattro stagioni.

Detta in altri termini, non esiste un periodo dell’anno in cui io soffra di inappetenza. Neppure quando la temperatura è così infernale da portare la colonnina di mercurio a livelli da svenimento.

Quindi, nonostante sappia benissimo che l’afa è responsabile di giramenti di testa e spossatezza (più si suda, più l’organismo perde sali minerali e più ci si indebolisce), sostituisco una dieta leggera, compensativa e riequilibrante con un bel mistone in grado di tenere alta l’energia. Ma anche l’umore (il piatto che piange fa piangere pure me).

Morale, in questi mesi quando faccio la spesa mi butto anch’io su frutta e verdura ridondanti di acqua e vitamine. Poi, però, non mi viene neanche in mente di consumarle in una versione particolarmente light. Perciò le trasformo in basi per ricette di una certa consistenza, che potrebbero sfamare un reggimento.

Non mi seguite? Eccovi qualche esempio. La mia insalata di pomodori è di solito arricchita con cipolle, capperi, basilico. Ma non solo. Aggiungo anche qualche acciuga, un po’ di mozzarella, una scatoletta di tonno (perché non si sa mai). E magari due crostini che con il sughetto si ammorbidiscono e creano una sorta di panzanella irresistibile.

Prosciutto e melone? Ovviamente il binomio da solo non mi soddisfa. Ma trasformarlo in un invitante quartetto con salame e fave è davvero un gioco da ragazzi.

Arriviamo, dunque, all’alimento principe dell’estate: il pesce. Che sul mio piatto non vedrete mai alla griglia (piuttosto rinuncio a mangiarlo), ma contornato di patate e olive se sono in Liguria. Di pomodorini e pan grattato al Sud. Oppure che nuota (in fondo è un pesce e gli faccio un favore) in un brodino agliato in Francia.

Se parliamo di carne, invece, vado dritta come un fuso sul vitello tonnato, per niente spaventata dalle sue fettine sottili e senza un filo di grasso. La mia prima mossa per renderlo degno di essere portato in tavola senza che mi metta tristezza, infatti, è seppellirlo con tante di quelle badilate di salsa che il magatello diventa un ago nel pagliaio: impossibile da trovare al primo colpo, ma solo dopo aver sondato tenacemente il piatto con coltello e forchetta.

Dulcis in fundo, il dolce! Siccome le regole salutiste prevedono che in estate venga sostituito dalla frutta, da qualche tempo copio la ricetta di un’amica (Lucia ndr) che salta le pesche in padella con un filo di acqua, una noce di burro e una spolverata di zucchero. Il risultato è una delizia tiepidina e leggermente caramellata. Che ha un pregio impagabile: placa la coscienza (niente torta) ma è così buona che non ti manca (la torta).

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