La terra, la preghiera, una vita

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La storia vera di Tiziana Pasetti, pubblicata sul numero 24 di Confidenze, è stata la più votata dalle lettrici. Ve la riproponiamo nel blog

Storia vera di Patrizia Panella raccolta da Tiziana Pasetti

 

I colori dell’alba, il silenzio. La pace. La terra mi ha regalato questo e di questo mi sono innamorata subito, la prima volta che ho immerso le mie mani in quella materia malleabile, fresca, fertile. Il luogo di ogni possibilità, questo è la terra. Tutto è cominciato da lei. Se unisci tanta acqua puoi chiamarla fango. E’ toccando quel fango che un giorno lontanissimo un Dio ha avuto un’idea. Chissà dopo quante prove, dopo quanta ardita e inimmaginabile fantasia, due gambe e due braccia e due occhi gli hanno fatto dire sì, mi piace così, l’uomo. E immagino con quanta delicatezza, dopo aver soffiato aria nei polmoni, deve averlo guardato respirare da solo. “Adamo” un sussurro. “Ti chiamerò Adamo. Guarda, per te ho creato queste cose qui: il sole, la luna, l’acqua, gli alberi. Spero ti piacciano”.

Mi chiamo Patrizia e sono nata il 25 maggio del 1967. Sono cresciuta e vivo da sempre in un piccolo paese della piana del Fucino: qui un tempo c’era un lago ma un principe un giorno ha deciso che di tutta quell’acqua si poteva fare a meno. Avezzano, Luco, Magliano sono nate così.

A 13 anni ho conosciuto Tullio. Tutto quello sconvolgimento l’ho chiamato amore. Quando avevo 21 anni l’ho sposato. L’anno dopo è nato Umberto e quello successivo Clara. Quando avevo 21 anni, quando ho sposato Tullio, mi sono innamorata follemente anche di un’altra persona. Un colpo di fulmine; non lo conoscevo, prima, se non di vista. Ne ho parlato con mio marito: “Lo amo come non riesco a dire, come solo tu puoi capire”, gli ho sussurrato abbracciandolo. Amo mio marito, amo Gesù. Tutto è semplice, nel mio cuore. Tutto è inspiegabile, lo so. Ma siamo ricami minuziosi sulla tela candida di un Essere che ci adora. La mia vita, il mio presente, ne è la conferma. Tutto è solo Amore.

Mia madre racconta che sono sempre stata una bambina buona, piena di curiosità. Non ho memoria di quanti anni avessi quando ho dipinto il mio primo quadro e non ricordo se c’è stato un giorno dalla mia nascita in cui io non abbia cantato. Mio padre è scultore, il legno nelle sue mani parla, e musicista. Così mio fratello e mio sorella. Arte ovunque, nel negozio di frutta e verdura della mia famiglia. Arte per il piacere di essere pienamente, espressione sensoriale di completezza.

Tutte le sfumature che ho riportato sulla tela le ho copiate sfacciatamente dalla tavolozza di colori di un giorno che nasce mentre sei inginocchiato a parlare con la natura, a crearla. E anche per la musica le cose funzionano più o meno così: dalla terra arrivano vibrazioni, ritmi, pause, il senso del tempo. I contadini hanno sempre cantato e così le mondine, hanno sempre cantato gli schiavi nelle piantagioni. Nessuno può fermare una voce, una preghiera.

Un giorno di qualche anno fa, ero al telefono, ho cominciato a sentire di meno dall’orecchio sinistro. La campagna è meravigliosa ma di umidità ne prendi tanta davvero, mi sono detta autodiagnosticandomi una otite cronica. Sono andata avanti per molto tempo senza dare a quel sintomo alcuna importanza eccessiva. Continuavo ad andare nei campi all’alba, a prendermi cura della mia famiglia, a dipingere e a cantare con il mio gruppo, i Solaris: le piazze dei paesi, in estate, erano tutte le nostre fino a notte inoltrata.

E’ stata mia sorella a insistere per una visita da un otorino. “Facciamo una risonanza”, ha suggerito con fermezza. Mancavano pochi giorni al venerdì Santo, mi avevano chiesto di impersonare Maria nella processione che ogni anno attraversa le strade di Luco. I tempi di attesa in ospedale erano molto lunghi. “Facciamola in privato”, ha insistito il medico.

Un piccolo paesino di nome Poli con una struttura chiamata Villa Luana. Dei medici molto gentili hanno scherzato insieme a me in tutta la fase preparatoria dell’esame. Un angelo di nome Sabrina, la segretaria della clinica, mi ha preso la mano e mi ha detto “stai serena, vedrai che tutto si risolverà” quando dei medici molto gentili non hanno scherzato più riferendomi la diagnosi: neurinoma. Sabrina e la sua luce, la sua storia: “Stavo morendo per un tumore alle ossa. Mi sono affidata a Santa Faustina Kowalska. Ho pregato. Non per me, no. Non si prega per se stessi, la preghiera è totale, è per tutti. Stavo morendo e pregavo per mia madre. Chiedevo al Signore di darle la stessa forza che aveva avuto Maria nel sopportare la morte di un figlio. Non chiedermi cosa sia accaduto, poi. La scienza non ha risposte. Affidati, Patrizia. Prega. Tutto si risolverà”.

Seguivo la croce lungo la strada, quel venerdì di Passione e santità, e sentivo nel mio cuore un deserto mai avvertito prima. Piangevo. Non per me, non per quello che mi avevano detto, piangevo perché Gesù mi sfuggiva. Nel momento in cui più avevo bisogno lui si nascondeva. Dove? Dev’era?

L’operazione doveva svolgersi a Milano. Mi avevano detto cosa sarebbe accaduto: avrei perso l’udito, gran parte della vista, la mobilità dei muscoli facciali, forse la deglutizione. Ho aspettato 6 mesi la telefonata dividendomi tra le mattine nei campi e la preoccupazione per i conti che non tornavano mai: come avrei potuto far fronte a tutte quelle spese? Eppure ogni volta che rischiavo di toccare il fondo c’era una preghiera. E sempre arrivava alla porta qualcuno che aveva bisogno di un lenzuolino dipinto per un battesimo oppure di abbellire l’orlo del lenzuolo per una sposa.

Da Milano non chiamavano. Feci una visita di controllo e il medico mi suggerì di farmi visitare da un chirurgo dell’Umberto I a Roma, il dottor Delfini. Risposi che non potevo affrontare ulteriori spese. “Ci penso io, non ti preoccupare”, mi disse accarezzandomi una mano.

Il dottore fu delizioso, sincero ma pieno di empatia: “Ti opero io, se vuoi”. Non sapevo cosa fare, mi avevano detto che l’eccellenza era a Milano, ero in lista d’attesa, ero piena di interrogativi e preoccupazioni per i miei figli. Dissi sì.

Prima dell’intervento mi recai nella cappella e mi inginocchiai. “Ogni tua volontà, Signore mio. Sia fatta ogni tua volontà”, mormorai. Alzai lo sguardo verso di Lui e poi lo abbassai di nuovo, senza chiudere gli occhi. Vidi due occhi di donna che mi guardavano da un santino appoggiato sul banco. Lessi il nome. Santa Maria Faustina di Kowalska. In quel momento ho sentito il mio cuore aprirsi, germogliare, l’Amore mi ha invasa. “Sarà un successo”, ho detto alla mia famiglia prima di andare in sala operatoria.

Mi ha svegliata, dopo dieci ore di intervento, mia sorella: “Patrizia, un miracolo. Non era un neurinoma ma un meningioma. L’udito è rimasto intatto. La vista non è del tutto compromessa. I muscoli sono perfetti”.

Il dolore postoperatorio è stato atroce. L’ho offerto in preghiera. Ho offerto in preghiera la ricaduta e il ciclo di radioterapia. Offro in preghiera le parole dei medici: “E’ un tumore benigno ma se si riforma non possiamo intervenire di nuovo e rischia la paralisi”. Offro in preghiera la privazione più grande, il divieto di andare nei campi a coltivare la mia terra. La sogno sempre, per lei dipingo e continuo a cantare. Sento il suo profumo, lo stesso che deve aver inebriato Dio, all’inizio di tutti i tempi.

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