di Tiziana Pasetti
Trama – La psicopatia è la forma più grave di antisocialità, descritta da Robert D. Hare, uno dei massimi esperti nel campo (fu lui a sviluppare negli anni Ottanta la PLC-R, Psychopathy Checklist-Revised, uno degli strumenti più utilizzati per valutare, tramite una batteria di item, i tratti psicopatici in contesti clinici e forensi), come caratterizzata da tratti di personalità tipici che influiscono sia sulla sfera comportamentale che su quella relazionale: percepire l’altro come oggetto depersonalizzato, inflazione di senso del sé, impulsività. E ancora, gli psicopatici mancano di coscienza morale, di empatia, sono esperti manipolatori, mentono sempre e le loro forme di razionalità non coincidono con quelle ‘normali’. I quattro autori di questo affascinante approccio psicodinamico, tutti dell’Università degli Studi di Enna «Kore», indagano nella storia di questa moderna «tragedia di carattere» (Freud, 1905) in cui i personaggi sono svincolati dalle norme delle istituzioni umane e poi approdano nel presente, nelle aree in cui affiora l’operato dello psicopatico.
Un assaggio – Esiste un diffuso pregiudizio secondo cui le donne sarebbero meno inclini rispetto agli uomini a comportamenti violenti immotivati e ingiustificati. Questa convinzione errata ha ostacolato per quasi un secolo lo studio della psicopatia femminile, portando la società a sottovalutare la portata della violenza che le donne possono esercitare. Il problema principale risiede nel fatto che i criteri diagnostici utilizzati per identificare la psicopatia vengono applicati in modo identico per entrambi i sessi, senza considerare le differenze nella manifestazione del disturbo. Queste convinzioni sono persistite così a lungo a causa della riluttanza ad accettare che donne tradizionalmente considerate come nutrici e figure accudenti possano essere altrettanto capaci di malvagità priva di emozioni e rimorsi quanto gli uomini. Questa idea è difficile da accettare e, per questa ragione, quasi tutte le criminali con tali caratteristiche vengono etichettate come instabili dal punto di vista psichiatrico. In questo modo, si toglie loro un senso di responsabilità, attenuando la percezione della loro colpevolezza. Tuttavia, questa concezione è cambiata nel tempo grazie a studi sempre più numerosi e approfonditi sulla psicopatia femminile. Carozza (2008), ad esempio, suggerisce che le psicopatiche femminili mostrano molti degli stessi tratti interpersonali e affettivi considerati caratteristici del disturbo, come emozioni superficiali, mancanza di empatia, egocentrismo e inganno. Inoltre, è stato osservato che le donne tendono a utilizzare metodi più subdoli rispetto agli uomini, facendo leva sulla sessualità e sulla manipolazione fisica piuttosto che sull’aggressività diretta.
Leggerlo perché – Un individuo, uomo o donna, autocentrato e autoreferenziale che sfrutta gli altri per i propri bisogni non preoccupandosi mai delle conseguenze delle proprie azioni. Eloquente, affascinante, intelligente: la maschera dello psicopatico è perfetta, sartoriale, scintillante, attrae come il miele l’ape. Ma si nasce o si diventa psicopatici? È una condanna impastata già nella vita prenatale – e quindi una malattia assassina a 360° – o è qualcosa che incide dall’esterno sul e nell’individuo e ha a che fare con la famiglia, l’infanzia, la socializzazione, la capacità di mentalizzazione? Forse un mix dove gli ingredienti vanno pesati in rapporto a ogni singolo caso? Leggerlo perché è scritto benissimo, perché le pagine si divorano anche se non si è esperti, perché un po’ psicopatici forse non in modo patologico – è importante saper distinguere tra modi di dire e reali ‘etichette’ – ma comunque pesante e nocivo lo siamo un po’ tutti.
Craparo, Lo Cascio, Costanzo e David, Lo sviluppo della psicopatia, Il Mulino
















