Mamme equilibriste, tra famiglia e (poco) lavoro

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La pandemia ha acuito le difficoltà delle donne a conciliare la vita lavorativa e familiare. E sempre più mamme rinunciano al lavoro. Lo dice il nuovo rapporto di Save the Children

Nell’anno della Pandemia due dati devono farci riflettere, alla vigilia della Festa della Mamma. Il 2020 è stato l’anno che ha segnato meno nascite dall’Unità di Italia, (1861) e su 245.0000 donne lasciate a casa dal lavoro a causa del Covid,  96.000 sono mamme con figli minori; e 4 su 5 avevano bambini con meno di quattro o cinque anni.

Le donne hanno pagato il prezzo più alto, sia in termini di posti di lavoro persi, sia come affaticamento, emotivo e psicologico. Quante sono riuscite a mantenere un’occupazione in smart working, hanno comunque riscontrato maggiori criticità rispetto ai colleghi uomini, proprio a causa del maggior carico domestico e di cura della famiglia, aggravato dalla necessità di seguire i figli in Dad.

A dare la fotografia è il Sesto Rapporto di Save the Children: “Le equlibriste, la maternità in Italia” diffuso oggi in previsione della Festa della Mamma.

Molte delle donne che hanno perso il lavoro avevano già un’occupazione part-time e con i figli in Dad a casa da scuola hanno dovuto rinunciare anche a quello.

Già prima della pandemia il nostro Paese deteneva il primato delle madri più anziane dì Europa come età a cui si fa il primo figlio (32,2 anni contro una media europea di 29,4) proprio per la difficoltà a conciliare la vita familiare e lavorativa, ma ora dopo la crisi sanitaria la situazione è peggiorata.

«Il Covid ha messo tutti noi di fronte a un’emergenza prima di tutto sanitaria, ma che presto si è rivelata essere una crisi anche sociale, economica ed educativa. Le mamme in Italia hanno pagato e continuano a pagare un tributo altissimo a queste emergenze. I bambini a casa, il crollo improvviso del welfare familiare, dovuto alla necessità di proteggere i nonni dal contagio, il carico di cura e domestico eccessivo e la sua scarsa condivisione con il partner, misure di supporto non molto efficaci, sono tutti fattori che hanno portato allo stravolgimento della loro vita lavorativa. È importante ora indirizzare gli sforzi verso la concreta realizzazione di obiettivi che mirino, oltre che a incentivare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro, ad affrancarle sul fronte del lavoro non retribuito» ha commentato Antonella Inverno, Responsabile Politiche per l’infanzia di Save the Children.

Stando ai dati del Rapporto di Save the Children, nel 2019 le dimissioni o risoluzioni consensuali dei rapporti di lavoro hanno riguardato circa 51.558 persone, di queste  7 su 10 erano lavoratrici madri e nella maggior parte dei casi la motivazione alla base della scelta di lasciare il lavoro è stata la difficoltà a conciliare l’occupazione lavorativa con le esigenze dei figli: l’assenza di parenti di supporto, i costi elevati di asili nidi e baby sitter o il mancato accoglimento al nido.

In questi mesi il Governo è intervenuto a sostegno delle famiglie con due misure: un congedo parentale straordinario e un bonus baby-sitter.  Per quest’ultimo le domande accolte nel corso del  2020 sono state più di 1 milione da parte di 720.000 richiedenti,  per un totale di quasi 1 miliardo di euro erogati. La maggior parte è stata presentata da mamme: il 70% nel settore privato/autonomo e il 61% nel pubblico. Per il congedo straordinario, le donne che hanno fatto richiesta sono state quasi 4 su 5, il 78% dei richiedenti. Anche questo è un segnale dello sbilanciamento del carico familiare all’interno della coppia e del maggiore peso sostenuto dalle madri lavoratrici nel corso dell’emergenza rispetto ai padri. Il fatto che nel congedo la retribuzione sia dimezzata spinge infatti il genitore con il reddito più basso a stare a casa.

La situazione naturalmente varia molto a seconda delle aree del Paese, ci sono Regioni che si impegnano, di più o di meno, a sostenere la maternità in Italia. Secondo l’indice elaborato da Save the Children e che tiene conto di tre fattori (la cura, il lavoro, i servizi) le più virtuose sono le Province Autonome di Bolzano e Trento seguite da Valle d’Aosta ed Emilia-Romagna. Fanalino di coda Campania, Calabria e Sicilia, precedute dalla Basilicata.

A breve nel nostro Paese verrà introdotto l’assegno unico e universale, approvato con legge delega il 30 marzo scorso, una misura di sostegno economico per i figli a carico che rappresenta il primo pilastro della più ampia riforma disegnata con il Family Act. Anche questa è un’occasione per accelerare le politiche a sostegno dei bambini e dei genitori, nella speranza che il provvedimento non scoraggi  l’occupazione femminile. Per questo, propone Save the Children, sarebbe necessario introdurre anche una maggiorazione per il secondo reddito, che si applicherebbe a circa 4 milioni di famiglie dove entrambi i genitori lavorano.

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