Martin Eden, il film

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Dalla California a Napoli: Pietro Marcello porta al cinema il capolavoro di Jack London, Martin Eden, il libro che è la sua biografia. Un film che fa sognare e discutere

Quando ero piccola, da noi Jack London era uno di casa. La generazione di mio padre lo idolatrava, come scrittore e come avventuriero, e ci leggeva ad alta voce il London canino – Zanna Bianca, Il richiamo della foresta, e i racconti dei cercatori d’oro del Klondike. Quando eravamo più grandi ci diede in mano Martin Eden,  la storia di un giovane marinaio che vuole diventare scrittore. E ci riesce, anche grazie a Ruth, la sua innamorata, colta e ricca ragazza borghese che lo aiuta nella formazione culturale.Ma poi Ruth cede alle pressioni della famiglia e lo abbandona.

Superando difficoltà, ostilità  e sacrifici tremendi, Martin diventerà lo scrittore più famoso d’America, ricco, acclamato e corteggiato dalla gente che prima lo disprezzava o rideva di lui. Anche Ruth torna.

Ecco, ha raggiunto tutto. Amore, riconoscimenti, danaro fama. E si accorge che tutto questo non vale nulla. Che era vivo solo ai tempi della sua lotta. E si suicida buttandosi in mare. È fra i libri più letti del mondo, ed è la biografia dell’autore. Che fu marinaio, cercatore d’oro, vagabondo, scrittore on-the-road anticipando la beat generation…in Alaska non aveva trovato l’oro, ma un tesoro molto più grande: il materiale per la sua letteratura. E a 40 anni si suicidò (probabilmente: della sua morte si discute ancora).

Ed ecco che su questa esistenza fantastica il regista Pietro Marcello fa un ulteriore salto d’immaginazione, e nel film Martin Eden, trasforma Martin da marinaio di Oakland in un marinaio di Napoli. E subito ti tira nel sogno: non dà nessuna spiegazione del perché un napoletano dei bassifondi si chiami Martin Eden. È così, e basta. E ci stai per morto, perché, come London, Pietro Marcello sa raccontare, e l’attore Luca Marinelli è un grande Martin-London, e il mare è il sogno di un veliero blu, e non devi affannarti a capire in che epoca si svolga, all’inizio cerchi di capirlo, ma ogni volta ti depista, ti confonde. La ragazza per esempio (qui Ruth si chiama Elena), per costumi e sembianze abita il primo ‘900, e così l’amico che si suicida,  finché intendi che il regista non si cura del calendario, è ben un sogno, e può mischiare i tempi secondo il sogno del cinema.  Alle date si sostituisce la visione.

Luca Marinelli, il protagonista, non è bravo, è molto di più, è  Martin in persona, più che interpretazione transustanziazione. Perché non gli hanno dato il Leone d’oro? Però ha avuto un altro importante premio: a Luca Marinelli è stata assegnata la Coppa Volpi per la migliore interpretazione e lui ha fatto un gesto puramente londoniano, ha dedicato il premio ai migranti che muoiono in mare. Ed è scoppiato un putiferio!

Ma come si fa a discutere che chi affoga va salvato? Vuol dire tornare all’età della pietra, negando la base della civiltà: non uccidere. E chi lascia morire uccide.

Come si fa a non capire che Marinelli-Martin ha compiuto il gesto londoniano per eccellenza?  Nel film tutto è londoniano. Tutto è disperato, tutto è ardente e amaro, e profondo- e quando esci senti che hai ricevuto un dono: ti sei inlondonito anche tu. Regalo grande.

 

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