Nei panni di insegnante di economia domestica

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Li ho indossati io, per inculcare ai miei figli l'arte del non buttare via niente: il primo passo per rimettere (o comunque tenere) in sesto l'economia delle famiglie

Ovviamente non illimitate (magari!), ma fino a un certo punto della vita le mie capacità di spesa erano (diciamo) molto fortunate: non conoscevo l’ansia della fine del mese e potevo togliermi più di uno sfizio senza pensarci troppo. Come a volte succede, però, all’improvviso le cose sono cambiate e da un giorno all’altro mi sono dovuta trasformare nella rigorosa e precisissima ragioniera di me stessa.

Mentirei se affermassi che la cosa mi ha lasciata del tutto indifferente. Ma credetemi se vi dico che il rovescio finanziario ha tirato fuori una parte di me assolutamente inaspettata e di cui vado abbastanza fiera: mi sono scoperta mica male nel ruolo di economa non completamente spilorcia (anche se per cause di forza maggiore i primi tempi la tirchieria si era impadronita di me come come Linus della sua copertina).

Ormai seguace della disciplina anti-spreco, ho apprezzato un sacco l’articolo Bontà con il pane raffermo (su Confidenze in edicola adesso) che suggerisce ottime ricette da preparare con i tozzi avanzati. Sono infatti convinta che la cucina sia il luogo migliore dove impratichirsi sull’arte del non scialare. Non a caso, ho scelto quella di casa mia come aula di economia domestica per i miei figli.

Che tipo di prof sono stata? Non sempre equilibrata e con i nervi sotto controllo, ma di certo efficace. Lo prova un fatto avvenuto quando i due erano ancora piccolini: una mattina ho portato a casa la spesa e alla sera mi sono accorta che le loro mani bucate avevano aperto una confezione di cereali e una di biscotti con data di scadenza due anni dopo.

Non ci ho visto più dalla rabbia. Scomodando anche i poveri bambini del Biafra per essere più incisiva e indicando il casco di banane che giaceva intonso nella fruttiera, ho sbraitato come un’indemoniata per inculcare nelle loro scellerate testoline il dovere di mangiare sempre per primi i cibi deteriorabili.

La lezione, ammetto, è stata elegante zero (sorvolo su ciò che è uscito dalla mia bocca) ma  proficua a mille. Infatti la sera dopo, al ritorno dal lavoro, nella fruttiera era rimasta una sola banana. Con scritto a penna sulla buccia un’implorazione: “Mangiami se no la mamma sclera”. Davanti a tutto ciò la severa prof non ha avuto dubbi e ai diligenti scolaretti ha subito appioppato una bella promozione. Senza debiti!

Confidenze