Non è mai troppo tardi

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Del valore dell'istruzione a qualsiasi età parliamo nelle storie vere di Confidenze, qui vi racconto la mia esperienza con degli studenti particolari

Non è mai troppo tardi è il titolo di una famosa trasmissione televisiva degli anni 60 che, con Alberto Manzi nei panni del maestro di scuola, aiutò migliaia di italiani a imparare a leggere.

Era di fatto il primo corso d’istruzione popolare per gli adulti analfabeti. E nell’Italia che usciva dal dopoguerra il tasso di alfabetizzazione della popolazione non era certo quello di adesso (dove il 97% delle persone sa leggere e scrivere). Quella trasmissione ebbe così successo perché diede la possibilità a chi non era andato a scuola di apprendere almeno i rudimenti fondamentali.

Facendo un balzo in avanti vi rammento una mia esperienza personale che mi fece toccare con mano l’importanza dello studio a qualsiasi età: a metà degli anni 80, quando ero iscritta all”università, per guadagnare qualche soldo, accettai di insegnare per un certo periodo alla 150 ore.

Per chi non lo sapesse, le 150 per il diritto allo studio erano state istituite alla fine degli anni 70 per dare a tutti i lavoratori la possibilità di usufruire di permessi retribuiti al fine di seguire corsi di formazione professionale o di ottenere un titolo di studio. Nel mio caso gli studenti-lavoratori che avevo davanti dovevano conseguire il diploma di licenza media inferiore. Ricordo ancora quell’esperienza lavorativa perché mi fece toccare con mano, se mai ce ne fosse stato bisogno, il valore concreto dello studio e l’importanza che esso riveste per le persone (anche se non per tutti purtroppo) a tutte le tà.

Io allora ero una ragazza di 20 anni e mi sentivo in imbarazzo nel trovarmi a insegnare la grammatica italiana e la storia a signori e signore che potevano essere tranquillamente i miei genitori come differenza di età, alcuni di loro avevano bisogno del diploma di licenza media inferiore per poter accedere a concorsi pubblici e passaggi di categoria. Altri, tra questi anche tante donne, lo facevano per riprendere gli studi interrotti a suo tempo per andare a lavorare.

Quell’esperienza mi fece sentire da un lato una privilegiata, perché avevo avuto la fortuna di crescere in una famiglia che aveva potuto mantenermi agli studi, e dall’altro lasciò in me una sensazione credo unica. Perché durante quei pomeriggi (i corsi si svolgevano per lo più nelle ore pomeridiane quando le scuole pubbliche sono vuote) mentre io trasmettevo loro quanto avevo appreso in anni di studi e di scuola, loro  involontariamente insegnavano a me con il loro esempio, qualcosa di fondamentale: a capire la vita, le difficoltà del mondo del lavoro, l’importanza di non perdere mai la voglia di migliorarsi, di non smettere mai d’imparare.

Davanti a me c’erano persone semplici, padri di famiglia a cui serviva uno scatto di categoria per avere un aumento di stipendio, oppure operaie che oltre al lavoro e alla casa e alla famiglia, trovavano anche il tempo per rimettersi sui libri di scuola. Durante le ore di lezione non volava una mosca, mi ascoltavano incantati e non c’era bisogno di richiamare costantemente l’attenzione come avviene solitamente con i ragazzi. Su quei visi curiosi e attenti leggevo un desiderio d’imparare che raramente avrei più ritrovato anche negli anni successivi di insegnamento nella scuola.

Ed è di questo desiderio di imparare e in parte anche di riscatto che parla la storia vera raccolta da Marta Marinò: Niente falò per noi. Il titolo prende a prestito il famoso romanzo di Cesare Pavese, La luna e i falò, vi invito a leggere la storia perché è un monito per tutti a realizzare i propri sogni e le proprie aspirazioni, siano esse rivolte allo studio come a qualsiasi altro ambito.

 

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