Oltre il buio

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il 10 ottobre è la Giornata Mondiale della salute mentale, un problema che investe 17 milioni di italiani. Leggi la storia vera di chi ha vinto il buio della depressione

storia vera di Katia L.  raccolta da Anna Luchetta

Chi, come me, è costretto a convivere con la depressione sa che va festeggiato ogni attimo di serenità. È anche consapevole che ai giorni bui ne seguono altri fatti di speranza. Ma non è così per tutti?

La vita per me è un dono, amo la vita in modo incommensurabile. Potrebbe sembrare un paradosso detto da una persona che combatte la depressione da 30 anni, ma non lo è: chi conosce la depressione sa apprezzare la vita come non sa fare chi non l’ha conosciuta. Chi ha provato la depressione ha guardato negli occhi l’inferno, ha provato la sensazione di essere caduto nelle sabbie mobili e di non riuscire a uscirne con le proprie forze. Sensazioni brutte, ma che impongono anche di osservare le cose di tutti i giorni con un atteggiamento diverso, molto più attento di quello che ha chi è considerato normale verso le piccole conquiste e i momenti di pace che l’esistenza riserva a tutti.

Sono stata curata per depressione atipica per 12 anni prima che i medici formulassero la diagnosi giusta: disturbo bipolare di tipo II, cioè caratterizzato da uno o più episodi di depressione maggiore, accompagnati da almeno un episodio di ipomania, il disturbo dell’umore che ha, tra i vari sintomi, un deficit di attenzione e la quasi assenza del bisogno di dormire. Per la verità tale diagnosi era già stata formulata durante un ricovero quattro anni prima. Peccato che si erano dimenticati di comunicarmelo, quindi negli anni successivi hanno continuato a curarmi per semplice depressione; stendiamo un velo pietoso su questo.

Quando finalmente è arrivata la diagnosi completa, agli antidepressivi è stato aggiunto uno stabilizzatore: la situazione, così, è migliorata tantissimo. Purtroppo c’è da dire che ho dovuto dare un aiutino alla psichiatra che si è occupata del mio caso. Io mi sono sempre documentata molto sulla mia malattia, visto che i medici non riuscivano a curarmi. Devo anche dire che l’ho fatto sempre appoggiandomi ai medici, perché su internet si trova assolutamente di tutto, anche informazioni false. Dunque fare indagini in proprio su problemi di salute può essere anche utile, ma va sempre verificato con professionisti che conoscono il tuo caso.

Comunque, durante una di queste ricerche mi sono imbattuta, su internet, in un articolo che descriveva varie forme di depressione: in una di queste ho riconosciuto proprio i miei sintomi e ne ho parlato con la psichiatra che mi seguiva allora. Dunque in base alle informazioni che le ho dato, lei ha formulato una diagnosi che si è poi rivelata quella esatta. Non me l’ha detto chiaro e tondo: ho solo visto che tirava una riga su quella indicata nella cartella clinica e scriveva la nuova appena formulata. In effetti, questo e la lunga attesa perché identificassero il mio problema la dice lunga sul fatto che, in molti casi, non tutti certo, nei momenti di fragilità è possibile che il paziente rilevi una mancanza di rispetto da parte dei medici.

Con l’aggiunta dello stabilizzatore le cose sono migliorate moltissimo. Prima gli antidepressivi che mi prescrivevano avevano un effetto positivo per pochi mesi, poi sopraggiungeva di nuovo la depressione. Sono andata avanti così per dodici anni. Alternavo pochi mesi in uno stato che credevo fosse di benessere e che, col senno di poi, ho capito essere periodi di ipomania, quella che ho descritto prima, a lunghi periodi di depressione. Grazie allo stabilizzatore il mio umore ha raggiunto un suo equilibrio. Capitava ancora di avere brevi periodi di depressione, ma erano comunque contenuti, e potevo finalmente dire di avere una vita normale, nella quale riuscivo a fare tutto quello che era necessario senza sentire sempre un macigno sulle spalle.

Dopo cinque anni, però, l’incantesimo si è rotto e ho ricominciato a stare male. Non è successo niente di particolare, o forse è stato sentirmi sempre sotto osservazione con le persone che mi erano intorno. Sembrava mi radiografassero in ogni momento della giornata. Capita spesso a chi ha problemi legati alla psiche. Siamo considerati persone imprevedibili, poco affidabili. Lo capisco: i nostri sbalzi di umore possono provocare sconcerto, spiazzano, rendono difficili le relazioni; è come se in noi convivessero personalità diverse e non si sa mai quale si presenterà davanti all’altro, quale sarà più forte nell’emergere in superficie.

Tornando a me, i periodi di relativa tranquillità che mi avevano dato la sensazione di aver recuperato un equilibrio sono diventati sempre più brevi e il mio umore ha cominciato a cambiare di nuovo nel giro di pochissimi giorni, al massimo tre o quattro. In queste condizioni la vita era diventata di nuovo impossibile e capivo di non poter programmare assolutamente niente. La sera andavo a dormire e ogni volta quello che mi aspettava il giorno dopo era un’incognita che mi teneva sveglia per ore: non sapevo se mi sarei alzata dal letto sentendomi in forze per affrontare un nuovo giorno, o invece fragile psicologicamente e priva di energie. Un vero incubo. Tutto questo è durato per dodici anni. Un arco di tempo lunghissimo nel quale ho rischiato di perdere il lavoro a causa delle numerosissime assenze per malattia. Non era certo per cattiva volontà come cercavo di spiegare ai miei superiori: era, per esempio, il fatto che uscire in strada, relazionarmi con altre persone e mantenere un livello almeno buono di concentrazione mi sembravano tutte imprese impossibili.

La mia curiosità mi ha permesso comunque di fare un passo in avanti. Un bel giorno mi sono imbattuta in un articolo nel quale veniva spiegato che effettivamente la pillola anticoncezionale può causare depressione, anche se i medici tendono a non dirlo. Io assumevo la pillola per la menopausa da quando avevo 33 anni: ero stata precoce nell’avere i sintomi e qualcuno mi ha detto che potrebbe essere successo proprio a causa dei farmaci. Ho fatto mente locale e mi sono resa conto che effettivamente avevo ricominciato a star male pochi mesi dopo l’inizio dell’assunzione. Così ne ho parlato con il medico che mi seguiva, una persona di cui finalmente mi fidavo, che mi guardava con rispetto e partecipazione, e abbiamo deciso insieme di  provare a sospenderla. In effetti ha funzionato: non ho più avuto quei continui alti e bassi che si alternavano sempre più velocemente. Non dico di essere uscita completamente dai miei problemi e, certo, ho avuto altre ricadute nella depressione. Ma quando capitavano, arrivavano sempre dopo periodi abbastanza lunghi di benessere. Parlo sempre di settimane, non pensate che la mia tranquillità duri per mesi, però comunque si tratta di un successo.

I problemi legati alla depressione ti insegnano ad apprezzare anche i piccoli successi, quelli che molti non considererebbero neanche. E invece, la lezione che si impara è che ogni passo in avanti verso un relativo benessere ha la sua importanza e va onorato con un piccolo festeggiamento. Sapendo che niente è definitivo, ma questo, in fondo, è quello che impariamo tutti vivendo. I nostri giorni sono fatti di passi avanti e di cadute, di un successo e di un piccolo o grande fallimento.

Dunque, al momento, posso dire di stare relativamente bene, di aver imparato a convivere con quella brutta bestia della depressione, impedendole di mangiarmi da dentro, chiudendole la porta in faccia quando vuole occupare tutti i miei spazi vitali. Non posso dire di essere davvero stabile, e non ho idea di quando potrò affermarlo con una certa sicurezza. Ma le cose vanno molto meglio ed è questo che conta. Ogni giorno è una continua conquista. Ma è anche il bello di essere vivi. E io non voglio rinunciare ad avere delle aspettative sul mio futuro, ad attendere un nuovo momento di luce, anche quando sembra che la notte sia più buia che mai.

Articolo pubblicato su Confidenze n. 22 del 2021

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