Perché si festeggia Halloween

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È una ricorrenza importata dai Paesi anglosassoni, ma mentre per i bambini è un’occasione per ridere delle loro paure, per gli adolescenti spesso finisce per sdoganare lo ”scherzetto della violenza”

Halloween affonda le sue radici nella festa celtica del Sembrain che segnava il momento di passaggio dall’estate all’inizio dell’inverno, simbolicamente da intendersi come il passaggio dalla luce e dal colore dei mesi e della vita estiva, al freddo della terra sepolta sotto la neve nei mesi invernali. Pertanto non è una festa della tradizione italiana, ma è molto celebrata negli Usa e in Inghilterra tra il 31 ottobre e il 2 novembre. anche la zucca può avere un effetto ironico.

Questa festa tuttavia negli ultimi decenni ha guadagnato sempre più spazio anche nel nostro Paese, dove si è diffuso tra i bambini l’usanza di mascherarsi da ”creature mostruose” e bussare, casa per casa, per il rito del “dolcetto o scherzetto”. Come dire: possiamo scherzare, addolcendola, anche con la paura di ciò che di mostruoso e mortale c’è in noi e intorno a noi.

Così, il momento più significativo che sta attraversando gran parte dell’umanità, segnata prima dalla pandemia del Covid 19 e, poi dalla miseria di una guerra che sembra già dietro l’angolo, trova nella festa di Halloween il provocatorio, giocoso effetto di denuncia, seppur sdrammatizzandolo.

E che dire, a proposito, della scelta di una zucca da svuotare ovvero di una “zucca vuota” sulla quale dipingere o ritagliare una faccia, allegra o triste, da illuminare, al suo interno, con la luce mortuaria di una candela? Forse, per sottolineare di quale luce, anche se modesta, avrebbero bisogno le zucche vuote per non essere totalmente tali?

Così, i bambini si ritagliano lo spazio di ironizzare sulle incertezze degli adulti, sospesi tra la scelta di un dolcetto o di uno scherzetto. E, ancora di ottenere la loro attenzione e riceverne una risarcitoria ricompensa.

Per molti adolescenti, invece, questa festa sta diventando l’occasione di “scherzetti” crudeli ad altri coetanei o adulti indifesi, o di attuare persecuzioni.

A quelle gang dei ragazzi (e, ahimè!, ragazze) che sempre più spesso utilizzano le facce e i costumi terrorizzanti per intimorire o per approfittare degli altri, vorrei dire che servirsi del gioco simbolico del travestimento per mettere in scena la propria rabbia, le proprie rimosse paure, la violenza, la povertà educativa e, assai spesso, anche reale, che li alimentano, rappresenta per loro un’occasione persa di crescere. E di festeggiare con allegria anni che dovrebbero costituire un positivo rito d’ingresso alla vita adulta.

Vero è che anche le maschere del Carnevale italiano, da Arlecchino a Pulcinella, a Meneghino, denunciavano, grazie al travestimento, comportamenti di critica al potere e di satirica denuncia dei suoi effetti. Ma agli adulti, genitori, educatori, operatori della comunicazione e della spiritualità, vorrei dire che non saper gestire questi cambiamenti, e limitarsi a subirne la moda, è una delle ragioni per cui anche il Carnevale italiano e le sue radici culturali rischiano di essere soppiantate dalla società dei consumi e dalla gratuita violenza tout court.

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