Roma

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È la città burocrate dei partiti, l'avanzo di una grandezza ancora tutta da dimostrare, ma la sua bellezza ti incatena

Come volete arrivare a Roma? Taxi, moto, autobus, carrozzella, tendem, elicottero a dorso di scimmia, a dorso umano? Di donna, di maschio?

Senza complimenti: i più volgari sollazzi vi saranno offerti, tutti quelli che non trovano posto nel sillabario della perversione.

Credete d’avere gusti particolari? La complicità di uno sguardo vi suggerirà vizi cui non avete mai pensato. Roma ai quadrivi ha una faccia d’occasione e dice che vuoi?

La città è qui per questo, per compiacere il forestiere in tutto ciò che è vicino alle budella. Ma non contate a Roma sul segreto. Milioni di topi vi guardano. Avanti cammina, non avere paura. Inòltrati nelle gallerie, fra i festoni d’immondizie. Straniero, sei venuto anche per questo. Ad ammirare il prodigioso rifiuto, l’avanzo di una grandezza tutta da dimostrare.

Andrà bene, vedrai. Purché non ti aspetti un amore. Accoppiamenti ingiudiziosi, convegni scellerati, loschi abboccamenti quanti ne vuoi- qui come in Kafka il sesso si unisce indissolubile all’impiccio ministeriale- ma non sognarti a Roma un itinerario d’amore, un giallo della passione. Perché nessuno crede a niente in questa città. Mercanzie religiose a migliaia, ma non si trova la fede.

Dio no abita a Roma. Ci ha mandato un vicario.

Per questo non vi raccolgono se cadete per terra. Pare che Tokio, l’immane alveare, in confronto a Roma sia tenera.

Non vi capiti mai un guasto alla macchina o altro guaio stradale. Vedrete intorno a voi volti sinistri e sorridenti, che si godranno le vostre difficoltà, ma non vi aiuteranno, spettatori abituali della disfatta. Pagando, tutto funzionerà. Dolcemente, come all’inferno.

Al romano pare chic arrivare tardi. Ti fa aspettare 50 minuti e arriva tutto contento, come avesse fatto una marachella divertente per entrambi. I portinai ti dicono: «Dica!».

Ma cosa vuole che gli si dica il romano? Il portinaio, l’usciere, il vigilante? Protettori di intimità opulente, i re del gioco.

Dica!- lo sentirete spesso, vi parrà misterioso. È la parola d’ordine di un’autorità immaginaria e maliziosa, il grido di guerra della città-ministero, la città burocrate dei partiti, città slabbrata non da fine impero, ma nel ricordo di un impero finito tanti secoli fa.

Purché non vi aspettiate un amore.

Eppure…quali delizie di cielo, di sole. Più tardi andremo a Parigi, città più dinamica e viva, ma intanto, ora che il freddo infuria sull’Europa resteremo al Pincio a goderci lo zefiro, ricordando il consiglio di Henry Miller: All’inferno per la compagnia, in paradiso per il clima.

Curioso il rapporto dei Romani coi monumenti: ne vanno fieri,  ma ci pisciano sopra.

Ehi, un momento! Un po’ di coerenza (sto parlando a me stessa) ma se non hai un modo più lieto e illuminato di interpretare Roma, perché ci hai passato la vita? Ci sei venuta a 15 anni, e non ti sei scollata più. Allora, cosa ti trattiene?

  • Perché…è bella. Di una bellezza che indispettisce e incatena. Perché è inafferrabile. Puoi descriverla in diecimila modi, e ti sfuggirà sempre. Chi ha amato una donnaccia, mi capirà. 
Confidenze