Salutare fa bene alla salute (tua e degli altri)

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Presi dalla fretta stiamo perdendo una buona abitudine, quella di salutare. Segno di educazione, ma anche forma di apertura all'altro che può dare e darci tanto

Intere generazioni, inclusa la mia, sono cresciute considerando il saluto un vero e proprio imperativo etico. Bastava sottrarsi al buffetto sulla guancia della zia di turno per rischiare, oltre ai suoi rimbrotti a mezza bocca, anche l’appellativo di “maleducati”.

Forse in tanto zelo c’erano una punta di rigidità e qualche ipocrisia, ma non so quanto sia preferibile l’indifferenza in cui ci capita di scivolare tante volte oggi, quando salutare diventa uno sforzo. Facciamo fatica a rivolgere il “buongiorno” ai vicini di casa, eludiamo il benvenuto delle commesse nei negozi e anche in famiglia o con gli amici capita di salutarci in modo fiacco e poco convinto.

Gli alibi non mancano, e a volte sono alibi di ferro. Siamo sempre indaffarati e forse anche un po’ infastiditi, perché sono tante le occasioni di contatto forzato con le altre persone: sui mezzi pubblici, in coda alla posta o nel salone del parrucchiere, quando magari avremmo voglia solo di silenzio e di isolamento.

A dirla tutta, però, spesso siamo semplicemente troppo presi da noi stessi per lasciar entrare nel nostro piccolo universo qualcuno che non è previsto o desiderato. Se poi questo qualcuno compare in momenti per noi inopportuni, tutto abbiamo voglia di fare tranne che accoglierlo, fosse anche con un cenno del capo.

Il saluto è infatti il primo ponte verso un altro essere umano, la più basilare espressione di riconoscimento. Nella forma confidenziale di “ciao”, nel neutro “buongiorno”, nelle varianti amichevoli della pacca sulla spalla e dell’abbraccio, nelle sfumature che rendono unico ogni sorriso, salutare segnala sempre all’altro che abbiamo percepito la sua presenza, che la sua esistenza si staglia dallo sfondo e in qualche modo ci intercetta.

I livelli di profondità di questo contatto saranno inevitabilmente e giustamente diversi, ma con il saluto avremo comunque lanciato un lasciapassare verso un’altra persona.

Quando qualcuno ci saluta ci sentiamo visti. Nei casi più felici, ci sentiamo apprezzati. Sappiamo bene che la mattinata sembra predisporci al positivo se nel primo sguardo scambiato con chi amiamo ci sono davvero la voglia di ritrovarsi e la gratitudine per essere ancora insieme. Ma anche quando in gioco ci sono persone meno vicine, il gesto di salutare può avere un impatto fortissimo.

Mi viene in mente la scena del film Caos Calmo, perfettamente resa così come è descritta nel libro di Sandro Veronesi. Nanni Moretti, armato di chiave elettronica, fa credere a un bambino che l’automobile posteggiata nel solito posto lampeggi ogni mattina solo per lui, per augurargli buona giornata mentre passa con la madre. E per quel bambino la giornata inizia effettivamente nella luce migliore.

Un semplice saluto può infondere un briciolo di fiducia nell’animo di una persona triste o piegata da qualche peso. Nella più banale delle ipotesi, salutando avremo offerto un po’ di gentilezza. Una qualità che sembra passata di moda e che, non so voi, io continuo a trovare irrinunciabile.

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