San Fabrizio Corona

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Sembra un Woody Allen con il fisico da Rambo. Fa il prepotente e le prende sempre. Ho da dargli qualche consiglio

Sere fa, in una trasmissione televisiva dove lo stavano canonizzando, San Fabrizio Corona ha detto :Io sono un esempio per la gioventù: ho sbagliato, ho pagato e mi sono risollevato ogni volta, perché come imprenditore sono il numero uno. 

È vero, è un esempio: a non fare come lui, ovvero a non inseguire una vocazione di cui non si è all’altezza. Corona si crede nato per violare la legge, ma non lo sa fare: non è capace. Mi ricorda lo zio Leopoldo, che era un bravissimo orafo, ma non lo capì mai. Credeva di essere un grande violinista, invece era negato. Straziava le orecchie, rompeva le corde, coi suoi stridori fece scappare la moglie, si presentava a tutti i concorsi e lo bocciavano sempre. Investì tutto sulla sua passione, e si rovinò per questo.

Corona ha una sincera propensione a vivere al di sopra delle regole, ma è negato: lo beccano sempre. Come si muove lo fulminano, e a giudicare da questo sembrerebbe la giustizia più efficiente del mondo. In un certo senso, con lui le forze dell’ordine si rifanno una reputazione. E anche la magistratura: se ci mettesse tanta inflessibilità coi politici ladri, o con gli assassini delle donne condannati a pene ridicole, il nostro sarebbe un Paese felice.

La vicenda di Fabrizio Corona fa pensare a un Woody Allen col fisico da Rambo, che fa il prepotente e le prende sempre. Un risvolto comico che lo mette nel cielo dei personaggi letterari. Non è Scarface, è un pollo, è stato capace perfino di credere allo scherzo delle Jene, che gli hanno fatto girare un finto provino per un film con James Bond, sottoponendolo a qualsiasi angheria. E c’è caduto con tutte le scarpe, con una tale fede e ingenuità, che quando uscì il filmato si stava dalla sua parte.

Corona non ha scuse, viene da una famiglia che è un cumulo di virtù civili. Ma ha scelto il lusso cafona, il bullismo, la sottocultura del superuomo, combattuto fra un sentito complesso di superiorità, e uno di inferiorità, incolmabile. Passa la vita metà in galera metà a farsi compatire per esserci stato. Si decida: vuole scandalizzare, o fare la vittima? E perché si ostina a voler vivere al di sopra della legge?

Non faccia come lo zio Leopoldo, non tutti sanno suonare il violino. La vocazione dev’essere sostenuta dall’arte: il vero delinquente la fa franca. Gli converrebbe filare diritto, dando retta al bravo imprenditore e lavoratore  nascosto sotto lo Struwwelpeter (1) da copertina. Se riuscisse a sorridere di se stesso, farebbe un grande business. E smetterebbe di paragonarsi a James Dean. Lui aveva stile. (1) Nota- Struwwelpeter, o Pierino il Porcospino- Il discolo ottocentesco di Hoffmann,  “dalle unghie smisurate che non furon mai tagliate/ i capelli sulla testa gli ha formato una foresta”

 

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