Sanremo, Garko e la Cirinnà

Mondo
Ascolta la storia

Il vero viatico alla legge Cirinnà l'ha dato il Festival di Sanremo, segno che la gente è molto più avanti della politica. A parte i biechi pregiudizi su Gabriel Garko

Era ora! È stata approvata. Anche se mutilata e mortificata, anche se si negano ancora alle coppie gay le adozioni,  la legge Cirinnà un passo l’ha fatto, rendendo almeno legali le unioni civili anche fra persone dello stesso sesso. Qualche sbarra della prigione è saltata, e l’aria entra un po’ più libera.

Il segno che era sentita come un’esigenza popolare,  è venuto dal successo del rito più tradizionale, il festival di Sanremo, la grande messa cantata degli italiani. Quest’anno c’era davvero qualcosa di nuovo,  l’intenzione di portare avanti una battaglia civile, con una chiara presa di posizione a favore della legge. Con eccezioni striscianti, che vale la pena di sottolineare. Il commento più acuto fra quanti erano a Sanremo l’ho sentito da una ragazza  anticonformista e innamorata della commedia umana.  “ Mi ha colpito l’entusiasmo di tanti artisti per una causa giusta”.

Eppure, in quello sventolìo di nastri arcobaleno, è riaffiorato slealmente il pregiudizio. Parlo degli attacchi di alcuni giornalisti  a Gabriel Garko. Brutti, gratuiti, tracciano uno spiacevole ritratto di chi ha provato a metterlo in ridicolo. I commenti malevoli hanno trasferito al maschile lo stereotipo anni 50 contro le donne: se una donna è bella, è oca. E un uomo, oco.

Gabriel Garko è di una bellezza sovrannaturale, degna dei grandi divi del passato. E questo può diventare una colpa? Per alcuni sì, tanto che è rispuntata la più sciocca delle equazioni: bello, quindi stupido. Ma Garko è intelligentissimo. E gran gentiluomo. E pieno di pudore. È venuto al festival, salvo per miracolo dopo che gli era esplosa la casa ed era tragicamente morta la sua ospite, e ha avuto l’eleganza di non accennarvi mai. E di non rispondere alle provocazioni.

Chiunque altro, da quel palco,  si sarebbe scatenato, dopo i  lazzi che insinuavano in maniera ridanciana che fosse gay: ma come?  In un festival tutto arcobaleno, rispunta fuori il più bieco dei pregiudizi, e si ammicca, e si ridacchia, usando la parola gay per screditare qualcuno?

Mentre intanto, per contrasto, si scopriva un’altra Italia. Milioni di persone che hanno seguito un festival dove c’era una netta presa di posizione sul diritto di seguire la propria inclinazione sessuale e sentimentale.

Vuol dire che la gente è molto più avanti della politica. Strano paese: nella scorsa edizione applaude la famiglia con diciassette figli, un anno dopo chi difende la libertà di scelta. Certo, l’unanimità sfiora sempre un po’ il conformismo, ma ben venga, visto che è ancora viva la discriminazione di genere, c’è ancora chi si uccide perseguitato dal bullismo in quanto gay,  e mezzo mondo cattolico è convinto che l’omosessualità sia una malattia da curare.

Confidenze