Scoperte marziane

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Ho sempre avuto un rifiuto per l'arte contemporanea, finché un'amica...

Fra i drammi della vecchiaia, il più umiliante è renderti conto che è tardi per rimediare alle lacune del sapere, e ti perseguita l’elenco di ciò non sai e che avrebbe fatto la tua vita più vasta e più bella.

Rimpiango come perduti amori l’astronomia, la matematica, la chimica. So che se non mi fossi rinchiusa nella letteratura e avessi capito in tempo che il sapere è uno, che la composizione della materia è importante come quella dell’anima, avrei capito meglio anche Shakespeare e Dante.

Ho pudore della mia ignoranza in certe discipline, e la nascondo. Ma quella sull’arte contemporanea, invece di vergognarmene l’ho sempre sbandierata. È curioso, ce lo permettiamo solo con le arti figurative: avete mai sentito qualcuno vantarsi di non avere letto Joyce? Pensa i sorrisetti e la riprovazione.

Ma per l’arte moderna si può fare. Specie adesso, che per fortuna l’ignoranza si chiama rifiuto. Ecco, io avevo un rifiuto. Per me l’avanguardia si era fermata a Mosca negli anni ’30, tutto il resto mi dava ai nervi. Come diceva Giorgio Manganelli di quelli che recensiscono i libri senza leggerli:  Non l’ho letto e non mi piace.

Ho una grande amica appassionata di arte contemporanea, che mi voleva convertire. Ci teneva, diceva che sarei stata più felice. Per dirozzarmi mi portava alle mostre, ma poi ha smesso perché i miei pregiudizi di passatista le rovinavano il divertimento. Però faceva male a insistere con l’arte concettuale. Io non voglio che un’opera d’arte mi sia spiegata, o si spiega da sola o non è, le intenzioni dell’artista sono inutili, se il lavoro non le esprime.

L’amica era stufa e mi stava per mandare al diavolo, ma le è venuto il dubbio che le sue arringhe fossero troppo dottorali, e che per la mia testa dura non ci voleva un traduttore, ma un interprete. Così mi ha messo in mano i cataloghi di alcune mostre di artisti contemporanei, presentati da Gianluca Marziani, senza dirmi niente sull’autore.

Ha fatto bene, se avessi saputo che era uno dei più famosi critici d’arte contemporanea (direttore del Museo di Arti Visive di Spoleto, con un’attività  sterminata, organizzatore di mostre ed eventi che lasciano il segno, come la prima mostra italiana sul Pop surrealism, scopritore di talenti, in rapporto con i più grandi artisti del mondo), l’immane curriculum avrebbe pesato sulla lettura. Che invece fu lieve, e mi portò altrove. Non erano trattati, ma leggenda e gioco, così connaturati alle opere che come Alice si passava attraverso lo specchio, non c’era Malevic ma c’erano i fulmini di Cristiano Pintaldi, le bestiole impossibili di Ghibaudo, le metamorfosi dinamiche e liete di colore di Camilla Ancillotto- allegria e inquietudine, le sculture in vetro di Ria Lussi, di una comicità infantile profonda e sapiente- il testo del curatore non era commento ma creazione, aggiungeva visione a visione.

Solo gli artisti possono iniziare agli artisti. La poesia vuole il poema,  il resto è vano. Sono poi andata al Macro (Roma) a vedere l’ omaggio di Marziani a Giordano Bruno – dove Ria Lussi, con la sua vena di mistica beffarda aveva  disegnato la Bestia Trionfante con le luminarie del Salento- e le figure allegoriche di Bruno in ceramica, riportate su arazzi di seta bianca, dipinti ogni giorno sotto gli occhi del pubblico – ne veniva un senso di pace, come un respiro profondo, per l’armoniosa geniale fusione di classico e moderno. La mia amica è contenta, e anch’io. Non sono diventata una cultrice di arte contemporanea, ma mi si è aperto un mondo più arioso e giocondo.

Un rimpianto di meno verso la bellezza. Ora so che se incontri una guida, anche quando sei canuto o col bastone puoi fare un cammino sconosciuto. Con un inchino da Gatto con gli stivali ringrazio Gianluca Marziani, per avermi sottratta alla solitudine che ogni chiusura comporta.

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