Se i figli tornano a casa

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Quando i figli sono grandi, averli per casa è un piacere o un problema? Vi dico la mia (e vi rimando al pezzo sul n 26)

Un figlio che torna a casa, o non ne è mai uscito, dopo i 30-35 anni è una gioia o un problema? Cominciamo col dire che, in Italia, questa situazione non è poi così anomala: secondo un’indagine Eurostat, il 67% dei giovani tra i 18 e i 34 anni vive con mamma e papà. Un dato in controtendenza rispetto all’Europa e che, sempre stando alla ricerca, non dipende solo dalla mancanza di lavoro. Spesso, e questo vale ancora di più se l’età aumenta, i figli tornano dopo un fallimento sentimentale: una convivenza (o un matrimonio) finisce e si torna a casa, magari con l’idea di starci per poco, magari perché (e questo vale soprattutto per gli uomini) ci sono spese legate alla separazione e non è possibile mantenere una casa in proprio.

Le ragioni, insomma, possono essere tante, ma sta di fatto che ritrovarsi in casa figli adulti, di solito, non è facile. Se penso a me e alle mie conoscenti con figlie coetanee della mia (24 anni), le situazioni sono di solito più sfumate: i ragazzi escono magari di casa per un periodo, per studio o per lavoro, per prove di convivenza con fidanzati o con amiche, ma senza fare davvero i bagagli e cambiare residenza. Un va-e-vieni che, in fondo, permette di abituarsi alla loro lontananza a piccoli passi. Anche se, da parte delle mamme, il coro è unanime: quando i figli non ci sono, mancano da star male. Ma quando ci sono, ci sono “troppo”. Si ricade subito in quei meccanismi da “allora ci sei o no a cena?”, “la casa è di tutti, non puoi lasciare le tue cose dappertutto”, “se ci sei, qualcosa devi fare anche tu” che rischiano di avvelenare subito l’atmosfera.

Ecco perché ho apprezzato il pezzo che trovate sul n 26, già in edicola: “La sindrome del nido pieno”: spiega come affrontare queste situazione nel modo più corretto, confrontandosi in modo adulto e con chiarezza.

Mi dite cosa ne pensate?

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