Serie tivù? Mai viste

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Passare le serate incollata al piccolo schermo non è nelle mie priorità. Quindi, dal punto di vista social sono tagliata fuori. Ma me ne faccio una ragione

Ricordo come se fosse ieri la fine di un weekend del febbraio 1976: sulla via del ritorno a Milano, siamo in macchina tesissimi come corde di violino. Il babbut alla guida. Mio fratello e io seduti dietro che lo incitiamo a schiacciare sull’acceleratore, superare chiunque ci si pari davanti, non azzardare il minimo rallentamento neanche in prossimità di curve a gomito.

Tanta fretta ha un suo perché mica da ridere: da lì a qualche minuto, in televisione avrebbero trasmesso l’ultima puntata di Sandokan, uno degli sceneggiati televisivi italiani che ha davvero fatto il botto. Tant’è che pur di non perderci l’epilogo della storia della Tigre della Malesia, l’amico Yanez e la meravigliosa Perla di Labuan, non ci è importato di rischiare la vita.

Il destino, invece, ha voluto che riuscissimo a sederci sul divano sani, salvi e in tempo per la sigla (di cui so ancora a memoria sia le parole originali sia della versione parodiata). Ma quando qualche anno dopo ho ripensato a quel tachicardico viaggio al limite della follia, ho deciso che mai più sarei stata schiava del piccolo schermo.

Ve lo racconto perché l’articolo Stasera vanno in onda le emozioni (su Confidenze in edicola adesso) elenca ciò che di bello i canali televisivi propongono in autunno. Ma io so già che non vedrò niente di niente. Nessuna fiction, ma neppure nessuna serie tivù, nonostante sappia benissimo che questa scelta implicherà (li ha già implicati nelle stagioni scorse) parecchi problemi a livello social.

Mi rendo conto, infatti, che non esiste cena dalle quattro alle quaranta persone in cui non si arrivi, a un certo punto, a disquisire sul film a puntate (illimitate) che incolla grandi e piccini, donne e uomini, ignorantelli e intellettuali davanti allo schermo. E quando scatta il tragico momento, io sono irrimediabilmente tagliata fuori da ogni discorso e trattata addirittura come un caso umano o una troglodita (non so cosa sia più umiliante).

La prima volta che me ne sono accorta, era il periodo in cui la gente guardava The Crown (la storia dei Elisabetta II)  e non parlava d’altro. Quindi, appena incontrava il mio sguardo (spaesato), tentava di invitarmi a stare al passo con i tempi. «Ti piacerebbe di sicuro» mi diceva chi conosce la mia passione per i reali. «Non puoi perderla» faceva eco chi voleva semplicemente tirarmi dentro nel gruppo. Ma io sono sempre rimasta impassibile di fronte a qualsiasi tipo di esortazione.

E se anche quest’anno non sono tentata dalla milleseicentoventiduesima stagione di tale o talaltra serie tivù è per due motivi precisissimi. Innanzitutto, per vedere tutto ciò che ho perso e mettermi al passo con le storie dovrei tapparmi in casa per qualche mese con la televisione sempre accesa. E poi, perché non voglio rischiare, appena mi sono aggiornata, di non spegnerla più. Troppe volte, infatti, ho sentito dichiarazioni del tipo: «Il weekend? Una figata pazzesca. Sdraiata due giorni sul divano in compagnia di Breaking Bad, Stranger Things, Narcos, House of Cards, Lost, Black Mirror.……». Aiuto!!! Sarò davvero una troglodita, ma il sabato e la domenica preferisco mille volte farmi una bella sciata, un cinema e una pizza fuori con gli amici.

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