Sette anni di Peter Stamm

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Una scrittura chirurgica, che penetra in profondità i nostri tempi, tra storie lecite e relazioni illecite

“Iwona mi aspettava con un sorriso candido. Sembra una sposa, pensai. Ci sedemmo nel piccolo soggiorno. Aveva preparato una tisana e ne versò due tazze. Ne presi un rapido sorso e mi scottai la lingua. Hartmeier mi ha riferito che saresti incinta, dissi. Annuì. Non credevo che fosse possibile, aggiunsi. Mi guardò ansiosa e un po’ impaurita. Le dissi che sapevo che lei non avrebbe mai preso in considerazione un aborto, e naturalmente avrei riconosciuto il bambino e l’avrei aiutata per quanto potevo. Tuttavia l’avvertii che per lei non sarebbe stato facile crescere il bambino da sola. Il suo volto assunse un’espressione sbalordita: doveva aver creduto sul serio che avrei lasciato Sonja. Le spiegai che c’erano varie opzioni, ma naturalmente la cosa migliore per il bambino sarebbe stata crescere in un ambiente consono e non con lei, che tra l’altro viveva nel paese illegalmente. Ne avrei parlato con mia moglie, in fin dei conti era anche figlio mio. Iwona tacque, non toccò nemmeno la tisana. La invitai a rifletterci con calma, avevamo ancora molto tempo. L’idea mi era venuta già durante la conversazione con Hartmeier. Naturalmente per Sonja sarebbe stato difficile digerire l’idea di crescere il figlio della mia amante. D’altro canto era una donna ragionevole, ed era la soluzione migliore per tutti. Avevamo già discusso un paio di volte la possibilità di un’adozione. Decisi di aspettare a parlargliene. Iwona era soltanto al quarto mese di gravidanza, avrebbe ancora potuto perdere il bambino e tutto quel pasticcio sarebbe venuto fuori per niente. Continuai a passare da Iwona e ad andare a letto con lei, e intanto osservavo la pancia crescere. Lei si fece ancora più silenziosa di prima, non parlava né della gravidanza né di progetti per quando il bambino sarebbe nato. Si limitava a sospirare di tanto in tanto e si massaggiava le reni, dove probabilmente avvertiva dolore. Una volta, andando in cucina a prendere un bicchiere d’acqua, vidi sul tavolo l’immagine di un’ecografia, un esserino bianco ricurvo sullo sfondo nero, ma non riuscii a immaginare che fosse mio figlio”. 

Stamm è uno svizzero e non si smentisce. La sua scrittura funziona con l’esattezza di un orologio assemblato oltralpe, chirurgica ed esatta, e penetra in profondità i nostri tempi, il modo che abbiamo di lasciarci andare e di mettere in gioco il nostro destino tra storie lecite e relazioni illecite, tra percorsi battuti e sentieri selvaggi e nascosti.

Alex, durante gli anni dell’università, prova una grande attrazione per Sonja, una donna brillante che sembra irraggiungibile. Avrà modo di incontrarla di nuovo a Marsiglia, complice una comune amica, e i due si sposeranno. Punto? No. Quando Alex era ancora uno studente una sera, in birreria, uno del suo gruppo lo mise nei guai presentandogli una ragazza brutta, scialba, dal corpo greve e dal carattere invisibile, Iwona. Si ameranno per sette anni, di nascosto. Da una parte la luminosa Sonja, dall’altra la buia e polverosa bigotta con il passaporto polacco e gli abiti sformati. Da una parte Sonja che vive a prescindere da lui, dall’altra Iwona che lo fa sentire unico. Da una parte Sonja e dall’altra Sophie, la bimba che Iwona acconsentirà a far crescere dai due sposi. Da una parte un matrimonio, dall’altra una relazione. Da una parte qualcuno che non basta, dall’altra pure.

A dipanarsi tra questi pochi elementi della trama, la più sconosciuta e confusa tra le emozioni umane, la più informe e multiforme, la meno certa, la più incostante, la più mascherata e fragile: l’amore.

Peter Stamm, Sette anni, Neri Pozza

 

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