Sono una spia un po’ farlocca

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La gente non ammette di controllare il partner. Io sì, lo dico apertamente: sono una spia. Ma faccio indagini un po' goffe e mai troppo approfondite

Sì, l’ho spiato è il titolo di un articolo che trovate sul nuovo numero di Confidenze, ma anche una mia chiara ammissione. Che rendo ancora più precisa confessando che mica uno solo: li ho spiati tutti. Indistintamente.

Però, a differenza del 44% della gente che monitora la vita del partner online (secondo uno studio della London School of Economics), non sono quella che sbircia nel suo computer o che si crea un profilo fasullo su Facebook per vedere come si comporta lontano dai miei occhi.

Nei panni di Sherlock Holmes, in realtà, sono piuttosto goffa. Tant’è che il mio unico strumento per reperire informazioni è il (suo) cellulare. D’altronde, trovarmelo lì incustodito e dargli un’occhiata mi viene spontaneo come respirare. E quando lo faccio è per pura curiosità, piacere del gossip, ansia di aggiornamenti e desiderio di essere sempre sul pezzo (in fondo, sono o non sono una giornalista?).

A chi non mi crede e pensa che spii per scoprire se sto condividendo il mio lui con un’altra, rispondo che mi auguro non sia così coglione da non cancellare i messaggi compromettenti. E ribadisco: controllo qua e là più che altro per essere al corrente di quelle piccole cose che gli uomini, magari solo per distrazione, non raccontano.

Ovviamente, poi, non posso confessare che le so già, perciò ecco quello che succede di solito.

Io: «Hai sentito qualcuno oggi?».

Lui: «No, nessuno».

E io, che su Whatsapp ho visto che ha parlato con Caio: «Ma Caio, sai che ci pensavo oggi? È un po’ che non abbiamo notizie».

Dopodiché aspetto di sentire cosa mi dice.

Non è una grande soddisfazione? Forse avete ragione, ma a me una certa soddisfazione la dà. Sufficiente, oltretutto, per bloccare la voglia di andare oltre. Anche perché indagini più approfondite possono fare un male allucinante. Lo testimoniano sia le persone intervistate nel pezzo sia le loro storie, tutte (guarda caso) ormai finite.

 

Alcune perché chi si è improvvisato detective ha trovato davvero prove schiaccianti. Altre solo per una questione di mancanza di fiducia: essere spiato non è piaciuto a chi l’ha subito. E come dargli torto?

 

Vi chiederete se sono scema o se ho fumato qualcosa di veramente bomba, visto che mi sono appena dichiarata una specie di subdola Mata Hari.

 

Niente di tutto questo. Semplicemente, credo che nella coppia la fiducia debba essere come il Galbani: una cosa seria. Quindi, un conto è sfrugugliare in un telefonino così, quasi per gioco. Ben diverso è investigare (o sapere che qualcuno sta investigando) su un sospetto tradimento.

 

Quando si arriva a questo punto, infatti, qualcosa è già irrimediabilmente rotto. E il display non può che dare una drammatica conferma. Molto dolorosa se arriva a voce. Una vera pugnalata se giunge scritta.

 

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