Alle donne che tornano al lavoro

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FIgli a casa da scuola, incertezza sul lavoro, genitori anziani. Le donne pagano il prezzo più alto della crisi del Covid

Nelle prossime settimane migliaia di donne rientreranno al lavoro (e già sarà un successo se  ritroveranno il loro posto). Questo periodo di quarantena ha significato per tutte un aggravio del carico familiare da gestire nell’emergenza. Dall’impiego a tempo pieno in ufficio, molte di noi si sono trovate a casa in smart working con la differenza che nella pausa pranzo non si va al bar a mangiare il panino serviti, ma in cucina a preparare la pasta per marito e figli.

L’incertezza maggiore riguarda proprio la gestione dei figli, costretti a terminare l’anno scolastico a casa. Sull’ultimo numero di Confidenze la nostra Maria Rita Parsi risponde nella sua lettera aperta  A una donna che torna al lavoro invitando le famiglie a responsabilizzare di più anche i figli che non sono più piccoli, ma nemmeno così grandi da essere considerati autonomi, assegnando loro i classici compiti  come apparecchiare la tavola, rifarsi il letto, tenere in ordine la stanza. E poi aggiunge: “è vero che per consentire al Paese bisogna mettere il lavoro al primo posto, ma questo non significa dimenticarsi e ignorare i bambini e le loro famiglie”.

Se dovessi scrivere io un’immaginaria lettera a una donna che rientra al lavoro (e tra queste mi ci metto anch’io, ora a casa in smart working ma non so fino a quando) la prima cosa che direi è di armarsi di grande pazienza e coraggio, perché ci attendono mesi difficilissimi.

Le scuole chiuderanno i battenti ai primi di giugno, bambini e ragazzi non potranno molto probabilmente frequentare centri estivi e campus sportivi per ragioni di prudenza (quand’anche decidessero di aprirli) e quindi molto sarà affidato a quel welfare familiare o di classe che vede le settimane organizzate stile Sudoku con i lunedì dai nonni (sempre che le condizioni di salute di questi ultimi lo consentano) il martedì a casa del compagno (ammesso che i genitori acconsentano a visite di estranei in casa) e il mercoledì a giocare in cortile con i figli dei vicini di casa e così via per tutta la settimana. Fino alle sospirate vacanze estive, quest’anno più che mai incerte viste le condizioni economiche in cui versano molte famiglie e le disposizioni che al momento in certe zone vietano gli spostamenti fuori regione.

A settembre la situazione non sembra destinata molto a migliorare. La ministra Azzolina infatti ha già ventilato la riapertura delle scuole con un sistema misto: metà classe con presenza in aula e l’altra metà a casa in didattica a distanza per evitare affollamenti in aula. Il che si traduce nel fatto che metà settimana i ragazzi staranno a casa. Insomma l’impressione è che nel nostro Paese domini sempre la stessa mentalità che considera le donne dei cuscinetti pronti a tamponare ogni falla, a fare acrobazie o peggio a rinunciare al posto di lavoro per ogni esigenza familiare: dalla cura dei figli a quella dei genitori anziani.

La sensazione che il vaso sia colmo e la pazienza esaurita arriva anche dalla cronaca: nelle ultime settimane di fronte all’ennesima dimostrazione di scarsa considerazione del genere femminile (escluse da ogni comitato di esperti per il Covid ) si è fatto strada un movimento di protesta identificato da centinaia di selfie in mascherina con l’hashtag #datecivoce dove migliaia di donne chiedono al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte una legge per la parità di genere:

Abbiamo lottato, sopportato. Subìto, sperato e disperato. In questa crisi ci siamo sempre state, eccoci ancora qui: in prima linea, come e forse più di voi uomini. Vi abbiamo dato ascolto, ora basta: dateci voce“. Così recita l’appello che in poche settimane ha prodotto oltre 10.000 tweet e e che si può sottoscrivere al sito www.datecivoce.it

 

Ho pensato di pubblicare qui di seguito il testo della lettera inviata al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte e alla task force guidata da Vittorio Colao perché ognuna possa fare le sue considerazioni. Buona festa della Mamma a tutte!

“L’emergenza COVID-19 ha messo in evidenza la forza ma anche la difficoltà del ruolo delle donne oggi in Italia. L’impegno in prima linea di infermiere, dottoresse, ricercatrici e farmaciste si è rivelato infatti da subito indispensabile per il nostro Paese, così come si sono rivelate determinanti per la tenuta sociale e la vita quotidiana le insegnanti, le volontarie, le lavoratrici, operaie e non, dei settori essenziali, dall’alimentare al sociosanitario, all’informazione, ai servizi pubblici.

Nelle famiglie, le donne si sono inoltre spese senza risparmio nell’accudire, curare, tranquillizzare, sedare le ansie degli altri oltre che le proprie, affrontando le nuove difficoltà di un lavoro di cura già abitualmente pesante e condizionante. Accanto a loro tutte le donne immigrate che sono presenti in tanti modi nella nostra società. Le donne hanno anche sofferto molto, certo per i lutti, la perdita del lavoro o per le preoccupazioni economiche, ma pure come vittime di quella violenza domestica che il confinamento ha solo peggiorato. Le donne, insomma, ci sono state in questa crisi, e hanno lottato, sopportato, subito, sperato e disperato. Insieme agli uomini, e forse, in alcune dimensioni, anche più degli uomini. Tutto questo, purtroppo, non ha trovato un’adeguata rappresentazione nei centri di decisione pubblica e collettiva”.

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