Un omaggio ad Andrea Pinketts

Mondo
Ascolta la storia

Oggi voglio parlarvi di un grande scrittore e giornalista: Andrea Pinketts, il Majakovskij italiano

Dopo la rinascita della questione femminile per lo scandalo delle molestie, non ne posso più dei maschi che ci danno ragione. Melensi, compunti, un po’ jettatòri, quando parlano di noi sembra che ci stiano commemorando. Ehi, non siamo mica morte! Anzi così vive da esser cavalleresche, e inchinarci al fascino maschile quando c’è- mica sono tutti Weinstein – esistono pure quelli con cui ci si diverte davvero.

Voglio mettere su una galleria di ritratti dei maschi che proprio ci piacciono. Ho cominciato con mio padre, grande giocatore di poker. Il secondo è Andrea Pinketts, scrittore e comico eccezionale, guascone di gran classe, un gigante che appare a una conferenza in cappello e cravatta giallo canarino, e sembra il gemello del più folle dei poeti russi, Wladimir Majakovskij. Nel suo libro Sangue di yogurt (Lastaria edizioni) i capitoli sono chiamati round, e a Beauville, la città delle corna, i personaggi sono fumetti in fuga inseguiti dalla malinconia. Come Majakovskij operava la realizzazione della metafora, dove un bacio diventa una caloscia poi un esserino che grida mamma, Pinketts compie un miracolo evangelico e il fumetto diventa persona.

Chi è Andrea Pinketts? Boh non lo sa nemmeno lui, e questo fa parte del suo genio e della sua grazia. Irrompe quando meno te lo aspetti. Stavo facendo una lettura pubblica vicino a Roma. Ambiente corretto, pubblico corretto, tutto molto normale, troppo; invoco dentro di me un soffio di  ispirazione, ma l’insieme è troppo reale, e io disinnescata, senza slancio; d’un tratto appare un uomo vestito di bianco – fisico da lottatore elegantissimo con un panama in testa e un’andatura solenne da giaguaro – lancia una battuta e il fumo del sigaro lo trasforma in un fumetto di drago e d’un tratto quel paese dell’Agro Pontino diventa Cuba, diventa Pietroburgo, entra in scena la letteratura, il senso dello straordinario.

Un’altra volta alla presentazione di un mio libro vedo venire dal fondo della sala un omone con un pelliccione e un vocione che grida «Lo presento io questo libro!».

Non lo riconosco, e tremo, io do confidenza a tutti i matti di strada e pensavo fosse uno di loro, macché, era Pinketts in compagnia del musicante Zac con la sua chitarra, e comincia la festa. Pinketts è matto come una donna, come una donna è romanzesco, pronto a tutto, sorella Pinketts è ironico e generoso. A lui devo l’arrivo turbolento della poesia nei momenti più imprevisti, e il ritmo sonante dei poemi ad Alessia, la sua amata- ogni don Chisciotte ha la sua Dulcinea- gli devo la trasfigurazione e il riso- ma sa anche piangere, tanto da poter dire senza lacrime non vedo, sono cieco (Deszo Korszonanyi, poeta ungherese anche lui fumatore bevitore  e clown celeste).

Confidenze