Una seconda possibilità

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La storia vera raccolta da Maruska Cappelletti e pubblicata sul numero 15 di Confidenze

Nella vita le cose possono cambiare improvvisamente in peggio, ma con il sostegno e la fiducia degli altri si può riemergere dalla disperazione. È un grande insegnamento che ho ricevuto da Francesco. E non è il solo regalo che mi ha fatto

Storia vera di Silvia T. raccolta da Maruska Cappelletti

È strano come la vita a volte si diverta a giocare con il nostro destino. Un giorno hai tutto e quello dopo non hai più niente. Un giorno sei forte della tua posizione e del tuo potere e il giorno dopo non sei più nessuno. Quando succede, hai solo due possibilità: considerarla una sciagura e soccombere inesorabilmente, o vederla come un’opportunità e rinascere definitivamente. Quando ho conosciuto Francesco sono rimasta folgorata al primo sguardo, non tanto per la sua fisicità un po’ rude ma curata, quanto piuttosto per l’energia che emanava, un fuoco sotterraneo che si intravedeva nei suoi occhi e si percepiva nella sua voce. La prima volta che l’ho sentito parlare ha tremato qualcosa dentro di me, come se il mio petto fosse la cassa di risonanza del suo essere: un uomo di poche parole, con un fare autorevole e deciso e una chiarezza che non lasciava adito a fraintendimenti. Ce lo ha presentato una sera il prete della nostra parrocchia durante un incontro informativo su alcune iniziative che avrebbero coinvolto i cresimandi. Il progetto faceva capo a un’associazione chiamata “No limits” della quale Francesco era non solo il presidente ma anche il fondatore, nata per sostenere le persone che avevano perso il lavoro, in alcuni casi la famiglia e spesso la dignità. Francesco ci aveva illustrato il progetto con una tale pas- mentre sistemavamo la sala. «Non è solo questione di fornire cibo e sostegno, ma di farli sentire ancora esseri umani». Quelle parole mi avevano colpita profondamente ed ero sempre più certa che il suo impegno e la sua dedizione all’associazione nascondessero qualcosa di più. Voci di sagrestia parlavano di lui come di uomo rispettato e temuto nell’ambiente della finanza per il suo carattere forte e risoluto, tanto da fargli ottenere il nomignolo di “squalo”, un aspetto che cozzava con la sensibilità che dimostrava nei confronti di chi era stato meno fortunato. Così cercai di capire chi era quest’uomo così carismatico che si divideva fra il mondo degli affari e quello della povertà. «È una lunga storia» mi aveva risposto irrigidendo la mascella. «Te la racconterò un’altra volta. Adesso è tardi e devo andare, domani ho una giornata impegnativa. Sabato c’è una cena di beneficenza per l’associazione: se non hai altri impegni e ti va di trascorrere una serata alternativa sarai la benvenuta e magari potremmo scambiare due chiacchiere». Avevo accettato senza chiedere ulteriori spiegazioni ed ero tornata a casa volando sul tappeto delle mie fantasie. «Guarda Silvia che non ti ha invitata a una cena a lume di candela» mi aveva riportata con i piedi per terra Lucia, la mia amica del cuore, «ma a un evento benefico dove saranno presenti tantissime persone. Non capisco questo tuo entusiasmo». sIn effetti non lo capivo neanch’io, ero come in preda a un incantesimo. Chiunque fosse quell’uomo volevo saperne di più.

La cena era stata organizzata nella sede dell’associazione. Mi aspettavo un luogo semplice senza troppe pretese, e invece mi sono trovata in un ex capannone industriale completamente ristrutturato, dotato di tre dormitori con tutti i servizi, una grande cucina per la preparazione dei pasti e un salone enorme per conferenze e momenti di aggregazione. Rimasi ancor più meravigliata quando scoprii che molti degli individui che chiedevano aiuto erano persone insospettabili che avevano perso tutto, ma non si erano rassegnate perché loro una rivincita non solo la volevano, ma sapevano di meritarsela. Quella sera ho scoperto gente che sopravvive senza che nessuno se ne accorga e ho conosciuto un uomo che avrebbe cambiato la mia vita, ma questo lo avrei scoperto solo più avanti.

 

Stavo seduta non molto distante da lui insieme ad altri genitori della parrocchia, e lo vedevo parlare e gesticolare animosamente con tutte le persone che gli chiedevano informazioni. Ogni tanto, però, il suo sguardo si posava su di me. Io abbozzavo un leggero sorriso mentre lui rimaneva serio.A mezzanotte passata la maggior parte dei partecipanti se n’era andata, e visto che la profezia di Lucia si era avverata, mi sono avvicinata per salutarlo e rientrare a casa. «Grazie per avermi invitata, è stata una serata incredibile. Torno a casa con una consapevolezza nuova e decisamente più ricca» e avevo allungato la mano per stringere la sua. «Perdonami se non sono riuscito a dedicarti del tempo, ma come hai potuto notare mi hanno preso in ostaggio. Dovremo rimandare a un’altra volta, è già tardi e immagino ti stiano aspettando a casa».

«Veramente non mi aspetta nessuno» avevo subito precisato. «Sono una madre single e mio figlio è dalla nonna. Quindi se non sei stanco sarei ben felice di fare due chiacchiere con te» avevo detto tutto d’un fiato. «Se poi le chiacchiere sono accompagnate da quel delizioso prosecco che abbiamo bevuto stasera ancora meglio» avevo rilanciato senza alcuna vergogna.

«Intenditrice» aveva annuito. Così, con la bottiglia di vino in mano ci siamo spostati nel giardino esterno e ci siamo seduti sul prato. La serata era piacevole, il clima mite e io molto emozionata. Quell’uomo mi metteva agitazione. «Sono stato un senzatetto» aveva detto all’improvviso. «Disperato, ignorato e solo». Poi il silenzio.

Ho sentito un tuffo al cuore e mi sono spiegata perché fosse così impegnato in questa causa. Mi ha raccontato di essere stato un uomo d’affari cinico e senza scrupoli: maneggiava quantità di soldi che nemmeno lui sapeva quantificare e non credeva in niente, neanche in Dio, ma solo in se stesso. Quando aveva 30 anni era sulla cresta dell’onda: si era trasferito a Londra, aveva sposato una modella dell’Est, bella come una dea, viaggiato per il mondo e visitato mete da sogno che le persone normali vedono solo sulle riviste. Si sentiva potente, tutto quello che toccava diventava oro e quando incontrava i senzatetto li guardava con sufficienza, considerandoli dei falliti, gente che non aveva le palle per riprendere in mano la propria vita. Fino a quando il destino aveva lanciato i dadi e tutto era cambiato.

Una serie di investimenti sbagliati, il voltafaccia di chi si professava amico, ma nel momento del bisogno lo aveva abbandonato, e un tenore di vita sempre più alto avevano decretato la sua rapida discesa. La giostra continuava a girare ma senza di lui, e in un paio di anni aveva perso tutto, moglie compresa: appena intuita la possibilità di un disastro economico, lei aveva chiesto il divorzio dandogli il colpo di grazia e mandandolo sul lastrico.

«Dovrebbero smettere di far promettere in chiesa “in ricchezza e in povertà” perché in povertà non ci vuole stare nessuno, nemmeno l’amore» aveva sorriso amaramente. Era così passato dall’avere tutto a non avere più niente, nemmeno il sostegno e l’aiuto di chi si era arricchito con lui. Aveva dovuto vendere ogni cosa per pagare il buco finanziario nel quale era caduto e, nonostante la sua reputazione, nessuno gli aveva dato una seconda possibilità. Sembrava che l’universo si fosse dimenticato di lui. Aveva dormito in macchina, nei centri di orientamento per senzatetto e, quando non c’era posto, in stazione. Così aveva conosciuto un’altra realtà, quella del piccolo popolo invisibile fatto di disoccupati, padri separati, persone fiaccate da un destino sadico e vigliacco.

«Come hai fatto a uscire dal tunnel?» chiesi. «Per caso» disse sorseggiando il vino.Aveva trovato lavoro come cameriere in un piccolo ristorante e il proprietario lo aveva preso in simpatia. Una sera, a fine turno, mentre bevevano una birra Francesco gli aveva consigliato un piccolo investimento, niente di che, su alcuni titoli nuovi che si stavano muovendo bene sul mercato. Nonostante la situazione precaria, non aveva mai perso di vista il mondo finanziario, leggendo attentamente i quotidiani a disposizione nei bar.

Il proprietario si fidò di lui e seguì i suoi consigli. Gli investimenti aumentarono e con essi i guadagni; Francesco tornò a fare quello che gli era sempre riuscito bene, creare ricchezza per sé e per gli altri. Sembrava che l’universo si fosse ricordato il suo indirizzo e gli avesse spedito a casa un biglietto per una seconda possibilità. Ma una seconda possibilità se la meritavano tutti, pensava lui. Così, non appena la sua situazione era decollata nuovamente, aveva deciso di creare un’associazione per sostenere coloro che non ci stavano a gettare la spugna e volevano di nuovo una vita dignitosa. «È stato come morire e poi risorgere» aveva sussurrato con gli occhi lucidi.

Ero rimasta in silenzio fino a quel momento, rapita dal suo racconto e dalla sua voce, ma a quel punto avevo esclamato: «Per essere morto e risorto sei in forma».

Francesco mi aveva guardata interdetto per un istante e poi era scoppiato a ridere, mentre io avevo sperato che la terra sotto di me si aprisse e mi inghiottisse per l’eternità. «Perdonami, penserai che sono una stupida, e forse hai ragione» avevo farfugliato coprendomi il viso con le mani. «Non volevo mancare di rispetto a te e alla tua storia, ma avevo bisogno di respirare perché ho sentito l’emozione del tuo racconto e mi sembrava di soffocare».

Per la prima volta ho visto il suo sguardo ammorbidirsi e mi ha confermato che quella parentesi della sua vita era stata come vivere in apnea. «E un’altra cosa» aveva aggiunto. «Era un secolo che non ricevevo un complimento da una donna, quindi grazie. Farli a te invece mi sembra superfluo…». «No, no, fai pure se vuoi» avevo detto ammiccando e ridendo. «Il superfluo è spesso necessario!».

 

Da quella sera di un anno fa sono cambiate molte cose. Ho iniziato a partecipare sempre più attivamente alle iniziative dell’associazione, conoscendo persone che hanno arricchito la mia vita, toccando con mano una realtà che è più vicina a noi di quanto pensiamo. Ho esteso l’attività di sensibilizzazione anche alle scuole organizzando progetti volti alla conoscenza e alla comprensione: spiegavo come, a volte, le cose possono cambiare improvvisamente in peggio, ma con il sostegno e la fiducia di altre persone si può riemergere dalla disperazione. Francesco mi ha chiesto di lavorare per lui.

«Cosa? Ti vuoi licenziare per lavorare con lui?» aveva tuonato Lucia in preda allo sgomento quando, un pomeriggio, era venuta a trovarmi all’associazione. «Silvia, ascolta: puoi mantenere il lavoro dedicando all’associazione il tempo libero, non c’è bisogno di fare scelte così radicali. Ti ricordo che sei una mamma single con un figlio a carico e hai un lavoro a tempo indeterminato che ti garantisce una vita dignitosa. È un rischio troppo grande. E se non funziona e ti ritrovi in mezzo alla strada?».

Non ero riuscita a trattenere una risata. «Sto lavorando per un’associazione che aiuta i senzatetto,vuoi che non mi rimedino un letto se dovessi averne bisogno? E comunque mi fido di Francesco, so che non mi metterebbe mai in una situazione difficile».

«Ti fidi di lui perché sei innamorata, ma non puoi sapere come si evolveranno le cose» aveva sottolineato Lucia. «Lui non ti ha mai detto di provare un sentimento diverso dalla stima. Non basta un complimento, o uno sguardo complice per pensare a qualcosa di diverso. È un uomo d’affari e, per quanto possa essere corretto, fa i suoi interessi».

Avevamo sentito un rumore dietro la porta e, quando aprii per scoprire cos’era successo, vidi Francesco che si affrettava a raccogliere il contenuto del bidone della carta rovesciato per sbaglio. «Ciao» avevo esclamato in preda al panico per il timore che avesse ascoltato la nostra conversazione. Francesco era visibilmente imbarazzato.Vedere un uomo come lui, sempre impeccabile e tutto d’un pezzo, rovistare nella carta mi aveva fatto sorridere.

Lucia aveva deciso di tagliare velocemente la corda e Francesco mi aveva presa per mano e portata in ufficio. Avevo il cuore in gola quando iniziò a parlare. «Sono un uomo d’affari, Silvia, ma sono un uomo che ha sofferto e lottato. La vita mi ha insegnato che solo amando si può ricevere amore, e quando ho deciso di amare la mia causa ho incontrato te. Ho avuto paura di espormi perché temevo un rifiuto, ma quando la tua amica ha detto che sei innamorata di me, ho sentito una felicità che non provavo da tanto tempo e sono inciampato nel bidone come un perfetto idiota».

«Per essere un idiota sei in forma!» gli ho detto dandogli un bacio a tradimento. Mi sono licenziata e ho iniziato a lavorare per lui, certa che nel momento del bisogno ci verrà offerta una seconda possibilità.

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