Storia vera di Marco Duranti raccolta da Dario Nuzzo
Il resto è storia: ho organizzato un’area per terra con tela e colori per effettuare il primo test, ho poi messo a punto una tecnica che utilizza colori 100% a base di componenti alimentari e quindi del tutto atossica, e alla fine sono riuscito a rendere realtà quello che prima era solo un’idea, permettendo a Waimea di realizzare un primo quadro giocando. Il cane infatti dipinge mentre gioca con una pallina intrisa di colore, che deve tenere in bocca e per questo dev‘essere sporca solo di componenti edibili pet friendly perché potrebbero essere ingeriti, anche se solo in parte.
La prima volta che abbiamo composto un’opera insieme è stato un atto puramente istintivo, non avevo chiaro neanche io dove saremmo andati a finire, ma è stato lo sfogo di una necessità. Dopo qualche opera e il divertimento di entrambi, ho pensato che potesse diventare qualcosa da far provare a ciascun conduttore con il suo cane. Così è iniziato il percorso per far diventare realtà una semplice intuizione. Sono partito prima con il perfezionamento della formula di colori atossici, di mia invenzione, laddove la problematica principale era garantire il mantenimento del colore nel tempo sulla tela, poi sono andato in cerca di un luogo dedicato.
Quando l’ho trovato, ho aperto il primo studio che è anche la prima galleria d’arte a quattro zampe dove le persone hanno lo spazio per realizzare il loro quadro in simbiosi con il proprio pet. L’ho chiamata Il gioco in una stanza perché, oltre a richiamare effettivamente quello che accade quando gli artisti si mettono all’opera, la galleria vuole catturare il momento più intimo tra la persona e il suo animale domestico, che è quello del gioco. Un momento che rappresenta per il cane qualcosa di molto particolare perché, se all’inizio lui può risultare un po’ restio a camminare su una superficie bagnata e sporca, quando inizia a giocare riesce a superare in modo del tutto naturale il fastidio dato per esempio dal colore sotto la zampa o dai limiti di muoversi in uno spazio preciso, e si lascia andare all’espressione liberatoria del gioco. La riuscita dell’opera dipende poi dal carattere dell’animale: se è più docile, timido, diffidente o coinvolto, e l’opera riesce a “fotografare” perfettamente il rapporto che ciascun conduttore ha con il proprio cane. In questo modo il quadro diventa quasi una cartina tornasole della loro relazione e la racconta nella capacità di condurre il proprio cane nell’esperienza artistica.
È un sodalizio artistico che rappresenta anche un modo per conoscere meglio il proprio pet, capirne le paure, e rafforzare il legame unico che si ha con lui, perché, portandolo a fare qualcosa di insolito, si tende a rispettarlo di più e osservarlo nelle sue indecisioni e ritrosie, in un dialogo reciproco che porta a conoscersi meglio.
Il marchio del progetto d’arte a quattro zampe si chiama “Jpet” e deriva dalla popolare estensione dei formati immagine “jpg” perché quello che avviene è la produzione di un immagine nuova attraverso l’esperienza artistica.
Questa attività racchiude in sé due opportunità: da un lato la produzione di un’opera personalizzata che ciascun artista può portare a casa, dall’altra la sessione di gioco insieme al proprio pet, utile a realizzarla. Il mio obiettivo nell’aprire la galleria a quattro zampe infatti non era quello di portare i miei quadri nelle case delle persone bensì fare in modo che ciascuno potesse avere un’opera-ricordo del proprio animale a casa.
Proviamo a immaginare se in ogni casa ci fossero quadri fatti da animali insieme ai loro conduttori, avremmo certamente il racconto di un cambiamento sociale senza precedenti, che se ci pensiamo è già quello che ci troviamo a vivere.
Affascinante e allucinante allo stesso tempo.●
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Ultimi commenti