La vitamina D è oggi una delle sostanze più studiate, ricercate dai consumatori e prescritte nella pratica medica, non solo in ambito endocrinologico. La sua assunzione, sotto forma di farmaco o integratore, è sempre più diffusa per prevenire e trattare condizioni come l’osteoporosi, ma anche per il supporto delle difese immunitarie, la prevenzione delle cadute negli anziani, la sarcopenia, alcune malattie autoimmuni e persino come coadiuvante in ambito oncologico o cardiometabolico. La vitamina D, infatti, svolge un ruolo cruciale nella regolazione del metabolismo di calcio e fosforo, nella salute ossea e nella modulazione del sistema immunitario.
Con l’estate alle porte, però, in molti pazienti sorge spontanea una domanda: l’integrazione di vitamina D va sospesa con l’arrivo del solleone? Il dubbio nasce dalla consapevolezza che il corpo umano è in grado di produrre vitamina D tramite esposizione ai raggi solari. La sintesi che così avviene all’interno dell’organismo è addirittura la fonte principale di vitamina D (circa 80-90%), mentre solo una piccola quota proviene dall’alimentazione (i cibi ricchi sono pochi, tra cui pesce grasso, tuorlo d’uovo, fegato).
Tuttavia, la risposta al quesito se nella bella stagione si possa interrompere la supplementazione di vitamina D è: dipende. Non esiste una regola valida per tutti. L’opportunità di sospendere, ridurre o continuare l’integrazione di vitamina D durante l’estate è legata a diversi fattori. I principali? Questi cinque.
1. Quantità e qualità dell’esposizione al sole La produzione cutanea di vitamina D avviene quando i raggi UVB colpiscono la pelle scoperta, senza filtri solari, per almeno 15-30 minuti al giorno, a seconda della latitudine, dell’orario e del fototipo (pelle più o meno chiara). Se si prende regolarmente al sole durante i mesi estivi, è possibile che la produzione “autonoma” sia sufficiente a mantenere livelli adeguati. In questi casi, può essere valutata una sospensione temporanea dell’integrazione. Ma attenzione: vita in ufficio, creme solari, abiti coprenti e orari poco favorevoli (prima mattina o tardo pomeriggio) limitano fortemente la sintesi cutanea.
2. Livelli pregressi di vitamina D nel sangue Chi ha avuto valori normalmente bassi durante l’anno (inferiori a 30 ng/mL o, peggio ancora, a 20 ng/mL) è più probabile che d’estate non produca abbastanza vitamina D. Se invece i livelli sono ottimali o alti (>40-50 ng/mL) e il soggetto è sano, è più ragionevole considerare una pausa estiva o una riduzione del dosaggio.
3. Alcune patologie In pazienti con osteoporosi, fratture da fragilità, iperparatiroidismo secondario, malattie infiammatorie croniche, l’interruzione può non essere consigliabile, soprattutto se la vitamina D fa parte di una strategia terapeutica complessa.
4. Sovrappeso Il tessuto adiposo “sequestra” la vitamina D, rendendola meno biodisponibile. Chi ha un peso elevato potrebbe averne un fabbisogno maggiore anche d’estate e ricavarne meno dal sole.
5. Età avanzata Gli anziani, pur esposti al sole, manifestano una ridotta capacità di sintetizzare vitamina D, quindi non sempre possono sospendere l’integrazione in estate.
Insomma, molte persone potrebbero non produrre abbastanza vitamina D nemmeno in estate. La decisione di sospendere la vitamina D nella bella stagione non può dunque essere generalizzata. Serve una valutazione individuale, basata sui suddetti fattori e, talvolta, anche su ulteriori. In molti casi, una riduzione del dosaggio potrebbe essere un compromesso ragionevole. Ma in altri, soprattutto nei soggetti fragili, l’estate non è una valida “cura” per la carenza di vitamina D.
Un consiglio pratico: se sei in dubbio, controlla il livello di vitamina D nel sangue proprio in questo periodo, al termine della primavera. Ti aiuterà a capire se puoi affrontare i mesi estivi senza integrazione oppure con un dosaggio di mantenimento più basso. E poi, naturalmente, parlane con il tuo medico.
Ultimi commenti