L’allarme del WWF: troppe mascherine inquinano

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La lotta alla pandemia ha un caro prezzo per l'ambiente, sempre più invaso dalla plastica. Un esempio? Le mascherine

Il 28 giugno finisce l’obbligo di indossare mascherine all’aria aperta in zona bianca, un provvedimento del ministro Speranza a lungo atteso che avrà risvolti positivi non solo sulla libertà di movimento degli italiani ma anche su un aspetto finora poco noto all’opinione pubblica: l’impatto sull’ambiente.

Ogni giorno vengono usate 7 miliardi di mascherine che vengono poi puntualmente disperse nell’ambiente con gravi danni sulle specie e sull’habitat. A dirlo è l’ultimo report del WWF dedicato proprio all’impatto del Covid sullo smaltimento della plastica: il biennio 2020/2021 avrebbe dovuto segnare la svolta nella lotta dei rifiuti di plastica in natura, (la UE ha introdotto la Plastic tax, la tassa entrata in vigore a gennaio 2021 e da luglio in Italia) ma il contrasto all’emergenza Covid ha riacceso la sfida contro questo nemico, che si ripresenta nell’utilizzo di numerosi oggetti usa e getta, (per esempio i piatti, le cannucce e bicchieri di plastica che la direttiva Direttiva 2019/904 ha bandito nel 2021 ma che nei fatti vengono ancora utilizzati).

Le mascherine monouso fatte in fibre di plastica sono diventate una delle principali cause di inquinamento. La sola Unione Europea ne consuma circa 900 milioni al giorno: in peso sono circa 2700 le tonnellate che finiscono tra i rifiuti (o disperse in natura). Peraltro, essendo costituite da plastica composita e potenzialmente infette, non possono essere avviate al recupero e riciclo.

A farne le spese sono oceani ed ecosistemi terrestri. In acqua, le mascherine tendono a galleggiare, ma ne esistono di più pesanti che affondano o restano sospese a tutte le profondità. Sono stati già osservati pesci, tartarughe, mammiferi marini e uccelli che le hanno ingerite intere o sono rimasti vittime degli elastici. Inoltre, dopo poche settimane di permanenza nell’ambiente la mascherina si frammenta in microfibre, che possono accumulare e rilasciare sostanze chimiche tossiche. Quest’estate, ricordiamocene, quando saremo al mare e le avremo con noi.

Solo nell’ambiente marino, fa sapere il WWF, il numero di specie colpite da rifiuti plastici (di varia natura e di varie dimensioni) è aumentato di oltre il 159% nel periodo 1995-2015 passando da 267 a 693 specie e dal 2015 al 2018, è raddoppiato arrivando a circa 1.465 specie.  Ogni minuto l’equivalente di un camion pieno di rifiuti in plastica finisce nei mari del Pianeta.

Uno studio appena pubblicato sulla rivista Nature Sustainability evidenzia come l’80% dei rifiuti presenti in mare sia dato dalla plastica e sia riconducibile a quattro categorie di prodotti che da soli fanno il 50% delle scorie : sacchetti di plastica monouso, bottiglie di plastica, contenitori e posate per l’asporto e involucri vari per alimenti.

La pandemia, e soprattutto la quarantena, hanno stimolato l’aumento degli acquisti online e con esso gli imballaggi plastici dei prodotti. Il food delivery (servizio a domicilio) ha registrato un incremento del 56% a livello globale e l’uso di imballaggi in plastica ha contribuito a dare ai consumatori un senso di sicurezza e igiene. Bar e ristoranti obbligati al take away sono ricorsi anch’essi alle vaschette in plastica monouso; secondo le stime dell’Ufficio Studi di Fipe-Confcommercio, il divieto di consumo al banco da solo, ovvero escludendo l’asporto, genera 30 tonnellate di rifiuti plastici al giorno.

Insomma ciò che si è dimostrato necessario per la salvaguardia della nostra salute durante la pandemia ha un caro prezzo per l’ambiente.

Come comportarsi quindi nei prossimi mesi con le mascherine, visto che con ogni probabilità non spariranno certo dalle nostre vite, e soprattutto vista l’importanza vitale che hanno avuto nel proteggere tutti noi dal contagio dell’epidemia e in generale da molte altre infezioni?

Innanzitutto seguendo il corretto smaltimento. Le indicazioni del Ministero della Salute sono che

1) “mascherine e guanti vanno smaltiti con i rifiuti indifferenziati ma sempre posti prima dentro un sacchetto chiuso, per evitare contatti da parte degli operatori ecologici”.

2) “nelle abitazioni in cui sono presenti soggetti positivi al tampone, in isolamento o in quarantena obbligatoria, sia interrotta la raccolta differenziata, e che tutti i rifiuti domestici, indipendentemente dalla loro natura e includendo fazzoletti, rotoli di carta, i teli monouso, mascherine e guanti, siano considerati indifferenziati e pertanto raccolti e conferiti insieme”. Per la raccolta dovranno essere utilizzati “almeno due sacchetti uno dentro l’altro o in numero maggiore”.

Insomma se la pandemia è esplosa anche per il nostro scarso rispetto degli ecosistemi ambientali facciamo in modo che non sia ancora il pianeta a farne le spese, oltre purtroppo alle persone che non ci sono più.

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