C’è una domanda che mi sento fare spesso, dai pazienti che seguono un piano dimagrante ma anche da chi “mangia bene” solo per mantenersi in salute: “Posso concedermi qualche pasto libero, in cui consumare un primo piatto ricco, un alcolico, un dolce?” La risposta breve è sì.
Ma la risposta completa – quella che conta davvero – è che, mediamente, il pasto libero è uno solo alla settimana. Che magari, nei momenti di maggior rilassatezza o socialità (vacanze estive, festività natalizie e simili), possono anche arrivare a due, se non ci sono condizione di salute particolari che invitino alla prudenza.
Questo vale per tutti, non solo per chi vuole perdere peso o mantenere i risultati conseguiti in termini di silhouette. Riguarda anche chi non ha chili da smaltire, ma desidera sentirsi in forma, con un metabolismo efficiente, una buona energia e una digestione che non si fa notare. Si applica, in definitiva, a tutti coloro che hanno compreso che l’alimentazione è un fondamentale strumento per stare bene. Perché la libertà alimentare, quando non è regolata, si trasforma presto in prigionia: se non siamo noi a controllare il cibo, sarà il cibo a controllare noi.
Il pasto libero non equivale a una settimana libera: un occasionale pasto in cui ci lasciamo un po’ andare non può prevedere una settimana dieteticamente disordinata. È un intervallo dentro un contesto ordinato, non un lasciapassare per ricorrere quotidianamente a dolcetti, fritti, porzioni generose o vino. Se ogni giorno c’è “solo un piccolo sgarro”, la somma non è più piccola: diventa un’abitudine. E le abitudini, in nutrizione, fanno la differenza più delle eccezioni.
Quando la settimana è ben costruita – pasti bilanciati, porzioni adeguate, pochi zuccheri, buoni grassi e verdure a ogni pasto – allora un pranzo o una cena più liberi servono anche psicologicamente: rilassano, riducono la tensione del “controllo costante” e rendono il percorso più sostenibile nel tempo. Ma se la base non è solida, ogni sgarro aggiunge solo caos metabolico, infiammazione e un messaggio sbagliato al nostro corpo: che non sappiamo più regolarci.
C’è un ulteriore aspetto, che pochi considerano: l’età cambia le regole del gioco. Fino ai trent’anni (o poco oltre), molti possono permettersi pasti disordinati con apparente impunità. Il metabolismo è più elastico, la massa magra più alta e spesso l’attività fisica è spontanea. Ma poi, gradualmente, la tolleranza cala.
Quello che “una volta non mi faceva niente” inizia ora a farsi sentire: digestione lenta, gonfiore, glicemia più alta, colesterolo che sale, fegato appesantito, peso corporeo che si impenna. È il segnale che l’organismo non gestisce più gli eccessi con la stessa efficienza. Continuare a mangiare “come prima” diventa un errore di prospettiva: non siamo più quelli di prima e la biologia ce lo ricorda ogni giorno.
La vera libertà alimentare non è mangiare tutto, sempre, senza pensieri. È sapere quando e come concederselo. Perché la salute – come la forma fisica – nasce dall’autoregolazione. Una settimana ben gestita può accogliere un pasto libero senza danni, una settimana disordinata trasforma quel pasto libero nell’ennesima scusa.
Goditi pure un pasto libero alla settimana e fallo in modo intelligente. Scegli ciò che ti piace davvero, gustalo con calma, alla larga dai sensi di colpa, ma senza perdere del tutto il controllo. Non serve riempire il piatto di ogni cosa “proibita”: basta una porzione di pasta più abbondante, una pizza ben fatta, un dolce artigianale o un calice di vino. Mantieni il piacere dentro un equilibrio.
Perché, alla fine, il segreto è semplice: non serve essere perfetti, serve essere costanti.
















