Su Confidenze n. 16, la storia vera di Silvia e Linda. Vito è stato il primo gatto in Italia a subire un doppio impianto di protesi
Rischiava di perdere la vita per l’amputazione delle due zampe posteriori. Invece, grazie alle protesi che gli sono state impiantate, è tornato a essere il cacciatore di sempre, un guerriero dall’animo gentile e un esempio di tenacia
STORIA VERA DI SILVIA GOTTARDI E LINDA RONZONI RACCOLTA DA MARCO BERGAMASCHI
Il nostro gatto si chiama Vito. È una creatura impavida e temeraria e la sua vita sembra uscita da un libro di avventura di Emilio Salgari. Dolcissimo con le persone, diventa un vero despota con gli altri gatti che, quando lo vedono, scappano a gambe levate. Tra i suoi interessi ci sono topi, lucertole, merli e, in mancanza di prede, i croccantini. Vanno bene di qualsiasi gusto e marca, l’importante è che siano commestibili. Lui è così e non cambierà mai. Ma Vito non è sempre stato il nostro gatto. Anzi per dirla tutta, era il micio di mia madre. Nell’estate del 2013 i miei genitori si trovavano a San Vito lo Capo per le vacanze estive.Avevano una casa all’inizio del paese e durante la loro passeggiata serale si sono imbattuti in un piccoletto dal pelo colore arancione che ha cominciato a seguirli fino alla porta di casa. Una volta rifocillato, si è addormentato su una sedia in veranda e la mattina seguente era ancora lì. Giorno dopo giorno è diventato di famiglia e, una volta terminata l’estate, i miei sono tornati a Riva del Garda dove abitavano con un felino rosso comodamente appallottolato in un trasportino. Vito così è diventato ufficialmente un gatto trentino.
La sua nuova casa aveva un giardino che pullulava di insetti e uccellini e quando non era impegnato a rincorrere e a cacciare, si divideva tra le coccole di mia madre e i bagni di sole sul divano di casa. Poi dopo un anno mia madre si è ammalata e in poco tempo una brutta malattia non le ha dato scampo. Era il 2015 e in accordo con mio padre, decisi di accogliere Vito nella mia casa a Milano dove vivo con la mia compagna Linda. Fin da subito la sua nuova vita è sembrata piacergli molto: ha due “mamme” che lo coccolano tutto il giorno e l’appartamento si affaccia su due piccoli giardini dove può continuare a puntare i pettirossi e a portarci in regalo foglie e piccoli pezzetti di legno.
Vito ci ha fatto capire chiaramente che non aveva nessuna intenzione di rimanere relegato in casa a poltrire tutto il giorno abbandonando la sua indole da esploratore. Per agevolarlo, abbiamo fatto montare una gattaiola che porta a uno dei due giardini. Insomma il nostro gatto sembrava stare alla grande e si godeva la sua nuova vita milanese. Ma il destino ha deciso diversamente. Nel 2018 io e Linda suggelliamo il nostro amore e ci sposiamo. Il viaggio di nozze ci porta in India e alle Maldive e durante la nostra assenza Vito è accudito da un’amica. Qualcosa però va storto. Pochi giorni dopo la nostra partenza, una telefonata ci avvisa che Vito non si trova: è uscito alla mattina e alla sera non è rientrato. È dicembre e a Milano quella sera la temperatura scende sotto lo zero.
Il mattino dopo Vito non è ancora tornato ed è chiaro a tutti che è successo qualcosa di brutto. L’amica che lo accudisce ricomincia il giro di perlustrazione chiamandolo a gran voce quando improvvisamente sente un flebile miagolio da un parcheggio confinante con la nostra casa. È Vito, debolissimo e con entrambe le zampe posteriori schiacciate. Una è maciullata e viene subito amputata. L’altra viene fasciata dal veterinario con la speranza di salvarla perché, in caso contrario, Vito deve essere soppresso perché nessun gatto può vivere una normale quotidianità senza le zampe posteriori.
In Rajasthan io e Linda trascorriamo ore sul web alla ricerca di veterinari specializzati in ortopedia. Nel frattempo dall’Italia arriva la notizia che mai avremmo voluto ricevere: per evitare che Vito muoia di setticemia, viene amputata anche l’altra zampa.
Finalmente le nostre ricerche vengono premiate e sul web spunta il nome del dottor Massimo Petazzoni, luminare nell’ortopedia dei piccoli animali. Lo contattiamo e, spiegata la situazione, acconsente a tentare un intervento mai sperimentato in Italia, ovvero l’inserimento di due protesi attaccate direttamente all’osso. L’alternativa è l’eutanasia. Interrompiamo la luna di miele e torniamo in Italia. È il 25 dicembre e quando incontriamo Vito il veterinario gli ha già fissato le protesi: sono in carbonio e acciaio. Il gatto è provato, stravolto e dolorante. Lo portiamo a casa piene di paure e dubbi che crescono ogni giorno.
La convalescenza è fin da subito difficile.Vito non si regge in piedi e dipende totalmente da noi.Trascorre le sue giornate tra flebo e antibiotici. Ci chiediamo mille volte se sia giusto, se quello che stiamo facendo è davvero per Vito, o piuttosto una decisione dettata dal nostro egoismo. Quante volte la disperazione prende il sopravvento e quante volte guardiamo negli occhi Vito per capire cosa davvero provi in quel momento.
Poi una mattina accade il miracolo: dopo tre settimane dall’operazione, il gatto si alza e comincia a barcollare per la casa. Si avvicina alla ciotola del cibo, mangia le sue crocchette, beve e alla fine ci guarda. Siamo felici, così felici che cominciamo a ballare per la casa. Da quel momento riprende la sua vita di sempre, piano piano, passo dopo passo, con i tempi e la pazienza che solo i gatti sono capaci di mettere in atto. Ma migliora, migliora ogni giorno di più e quando, qualche giorno dopo, cattura la sua prima lucertola, non abbiamo più alcun dubbio: abbiamo fatto la scelta giusta.
Il veterinario che l’ha operato è incredulo: non si aspettava che Vito potesse riprendersi così in fretta, né che potesse camminare in modo tanto fluido. Mette anche in discussione l’operazione prevista per rimuovere le protesi provvisorie e sostituirle con quelle definitive.
A parte l’ennesima operazione invasiva, il rischio è che i tessuti non si abituino alle nuove protesi e che Vito cammini male. La decisione è rapida, ma ponderata: scegliamo di continuare a seguire la strada vecchia perché la nuova è piena di incognite. È stata la decisione giusta: la deambulazione è migliorata e lui considera le sue zampette di ferro come parte integrante della sua vita; sdraiato al sole, le lecca come fosse l’operazione più naturale del mondo. Ogni quattro mesi va dal veterinario che gli controlla le protesi e fa una radiografia agli arti.
Vito ha vinto: è stato il primo in Italia ad avere subito un doppio impianto di protesi alle zampe posteriori, tranciate da un’auto. Ha perso le zampe, non la voglia di vivere. La sua resilienza e la sua capacità di riorganizzarsi la vita senza abbattersi sono un esempio per tutti.
Quasi ogni giorno riceviamo email e messaggi di persone che fanno il tifo per lui, ma anche richieste di informazioni per felini che vivono la stessa esperienza del nostro. Per dare speranza, abbiamo deciso di aprire una pagina su Facebook e Instagram dedicata a Vito. Non potevamo certo ignorare la storia di un gatto che resiste alle avversità della vita su due zampe con il cuore pieno di entusiasmo. Lui è il nostro guerriero dall’animo gentile e dalla forte determinazione, e lo sarà per sempre.
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