Donatella Finocchiaro: «Nel mio cuore c’è sempre spazio per l’amore. Però basta uomini in casa!»

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Ha iniziato a recitare per dimenticare un uomo. Dando il via a una carriera da protagonista in teatro, cinema e tivù. Ora la vediamo in due film diversi. E in amore…

Con due film in uscita (Unicorni di Michela Andreozzi e Paradiso in vendita di Luca Barbareschi, rispettivamente nelle sale dal 18 e dal 24 luglio), Donatella Finocchiaro si gode un po’ di vacanze nella sua regione d’origine, la Sicilia, insieme alla figlia Nina (11 anni). E qui si racconta in un’intervista a 360 gradi.

A luglio sarai al cinema con due pellicole che escono a distanza di pochi giorni l’una dall’altra. Ti fai i complimenti da sola?

«A dire il vero, non sono il tipo. Però, ammetto di essere molto soddisfatta. In quest’anno difficilissimo per il cinema italiano ho girato più film di sempre».

Arrivi alla recitazione attraverso un percorso anomalo. Da piccola non sognavi di fare l’attrice, vero?

«Da bambina volevo diventare ballerina (studiavo danza), ma ero timida, impacciata, per niente spigliata. La mia alternativa era entrare in convento. Alla fine del liceo classico, però, mi sono iscritta a Giurisprudenza. Dopo un fidanzamento di cinque anni (ne avevo 23) con il mio ragazzo ci siamo lasciati e per me è stata una tragedia. Sono entrata in crisi ed ero depressa. Un amico frequentava un corso di teatro e ho deciso di provare anch’io».

Il tuo ex fidanzato sa che il cinema gli deve un’attrice?

«Non gliel’ho mai detto, anche se ora siamo amici e ci ritroviamo in estate al mare».

Nel frattempo, ti sei laureata.

«Sì, i miei ci tenevano. Ho anche lavorato come praticante in uno studio legale per due anni, ma continuavo a studiare recitazione. E appena ho iniziato a fare teatro, ho capito subito che era la mia strada».

Quando hai messo la laurea in un cassetto, i tuoi genitori erano d’accordo?

«Papà no. Era preoccupato e mi chiedeva: “Se poi non riesci a mettere un piatto di pasta in tavola?”. Ma dopo avermi visto recitare, ha condiviso la mia passione. Mia madre, invece, era più artistica e mi ha sempre appoggiata».

Da che tipo di famiglia vieni?

«Molto semplice. Mio padre è cresciuto in un quartiere popolare di Catania. Mentre mamma aveva origini nobili, ma la nonna aveva sposato un autista di autobus».

La svolta professionale per te è arrivata nel 2002, quando la regista Roberta Torre ti ha scelta come protagonista del suo film Angela.

«Sì. Fino a quel momento avevo fatto solo teatro e Angela è stato il mio primo film. Ricordo l’emozione incontenibile al Festival di Cannes. Ho vinto tanti premi con quella pellicola, anche al Festival di Tokyo come miglior attrice. E me l’ha consegnato il regista Luc Besson!».

È vero che ti sarebbe piaciuto diventare anche cantante?

«Verissimo. Insieme a recitazione avevo iniziato a studiare lirica. Il maestro diceva che ero brava, ma le lezioni erano troppo care e mio padre ha detto basta. Però, di recente ho potuto cantare nel ruolo della grande Rosa Balistreri, nel bellissimo film di Paolo Licata La vita che ho (uscito a maggio). A dirigermi era Carmen Consoli, che ha curato la colonna sonora».

Il lavoro va alla grande. E l’amore?

«Sono nove anni che non ho una relazione stabile. Dopo la separazione dal padre di mia figlia ho avuto storie di massimo tre anni, ma senza mai convivere. Con una bambina piccola non è facile. Legami lunghi ne avevo avuti prima: un matrimonio durato sette anni (con l’attore Bruno Torrisi, ndr) e un rapporto di sei con il papà di Nina (Edoardo Morabito, regista, ndr), in cui credevo. Ma io ci credo sempre. Peccato che la quotidianità mi spenga. Mi accorgo che mi metto un po’ da parte, che assecondo troppo e non mi va più bene. Ora in casa di uomini non ne voglio più».

Hai raccontato di aver avuto anche storie sbagliate. È difficile accorgersi di aver preso un abbaglio?

«A volte l’intuito sbaglia, ti fa vedere quello che non c’è. L’innamoramento può ingannare e ci vuole tempo per capirlo. Oggi, poi, i maschi sono incapaci di elaborare e affrontare i problemi. E io mi arrabbio».

Quando una storia non funziona più, quanto impieghi a chiuderla?

«Sempre meno! Prima rimuginavo due o tre anni ed era estenuante. Inoltre, quando dicevo basta rimanevo in preda al senso di colpa. Adesso, invece, decido velocemente e senza angosce. La psicoterapia aiuta. Infatti, ho smesso anche di sentirmi a disagio nei confronti di mia figlia. Me la sono sempre portata sul set con la baby sitter, da quando aveva due mesi. Ora la lascio al papà. Lei ha capito che vado al lavoro e che il lavoro mi fa stare bene. Il distacco è un dolore a cui ci si abitua. Oltretutto, con suo padre Nina si diverte: suonano insieme e lui le ha trasmesso l’amore viscerale per la lettura. Tant’è che non ha il cellulare e legge un libro a settimana (oltre a guardare le serie tivù teen)».

Hai scelto di diventare mamma a 41 anni. È scattato l’orologio biologico?

«Erano tre anni che stavo con Edoardo. L’ho studiato a fondo e poi mi sono detta “Sì, voglio fare un figlio con lui”. Sono rimasta incinta dopo otto mesi ed è nato il mio capolavoro! I primi tempi sono tornata all’infanzia, la fase magica. La chiamavo Nina Tempestina perché era vivace. La portavo ovunque e lei è cresciuta socievole, giocosa, casinara, indipendente. Ho voluto essere una persona migliore per lei e da lei imparo anche. Ora ha 11 anni, studia canto, vuole intraprendere quella carriera. Molti registi mi hanno chiesto di farle fare provini, ma preferisco aspettare che cresca».

Che mamma sei?

«Complice e severa: educazione e rispetto sono le regole di casa. Poi, so che arriveranno le difficoltà dell’adolescenza».

Nina ti assomiglia?

«È bionda e chiara come suo padre, però ha il mio naso e i miei occhi. È bella, ma io le dico che la bellezza è un dono e che il resto te lo devi conquistare».

Le farai vedere Unicorni, il film che parla di Blu, un bambino che ama vestire in abiti femminili?

«Certo. E consiglio a tutti i genitori di portare i figli. La pellicola racconta il disorientamento delle famiglie davanti alla fluidità sessuale e al forte cambiamento della nostra società».

Ti è piaciuto interpretare l’agguerrita sindaca di Filicudi, che cerca di salvare l’isola dal governo (che vuole venderla) e dagli speculatori edili in Paradiso in vendita?

«Molto. E ho amato alla follia quest’isola spettacolare, dove sono rimasta un mese e mezzo per le riprese. Il film è divertente poetico e magico».

I tuoi prossimi impegni?

«Tanti. Per esempio, le prove a teatro con Gabriele Muccino per A casa tutti bene. Faremo una lunga tournée nel 2026».

Oggi nel tuo cuore c’è spazio per un nuovo amore?

«Certo, c’è sempre spazio per l’amore!».

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Intervista di MG Sozzi pubblicata su Confidenze n 29/2025

Foto cover: Piergiorgio Pirrone

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