La donna che c’è in me

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Chi è la nostra autrice: Sono Barbara Pezza, 55 anni, insegnante di scuola Primaria, nata e vissuta a Piacenza. Sono sposata e ho due figli ventenni, amo la letteratura e mi diletto a scrivere brevi testi. La narrazione che segue non è della tipologia che seguo di solito; in genere mi esprimo attraverso riflessioni  personali piuttosto brevi, una sorta di “poesie occasionali”, come mi piace definirle senza presunzione. Spero che le emozioni della protagonista de “La donna che c’è in me” possano essere condivise dalle lettrici di Confidenze

 

Storia vera di Antonia C. raccolta da Barbara Pezza

 

Caterina mi conosceva profondamente, era sempre stata un’amica affidabile e discreta, mai mi aveva giudicata, ma sempre consigliata con affetto fraterno.

Anche quella volta mise in luce la mia anima, spiegò a me stessa cosa si celasse nei meandri della mia mente e nelle anse del mio cuore.

Caterina sapeva ogni cosa di me. Aveva capito ciò che nessuno mai aveva nemmeno intuito.

Era cominciato tutto un anno prima, quando avevo iniziato a passare il tempo con quei giochini virtuali in cui puoi sfidare altre persone. Dapprima la cosa mi annoiava, ma pian piano ci avevo preso gusto e diventavo sempre più brava.

La mia vita era monotona: ero una madre tranquilla (almeno in apparenza), somigliavo a una “Nonna Papera” –sapete, quella dei fumetti di Topolino – che sforna torte, ne mangia, ingrassa un po’ (non tanto da non essere una bella donna), si prende cura della sua famiglia e lavora fuori casa.

I figli davano gioie e problemi (come tutti i ragazzini) e mio marito era un capofamiglia severo, di quelli che non fanno mancare nulla, se non l’affetto carnale, la creatività, la fantasia… Per me il fondamentale era ciò che per lui era superfluo e col passare del tempo, questa mancanza di una vita appassionata e giocosa come quella che avrei desiderato, aveva creato in me una voragine da colmare con cibo e altri passatempi materiali. Mi sembrava di aver perso di vista la vera me stessa, quella femmina e donna con desideri e pulsioni che avevo accantonato, ormai schiava di un’abitudine che sapevo non avrebbe potuto cambiare.

Ma Caterina sapeva bene chi sono, me lo dimostrò durante lo svolgersi di quella vicenda che avrebbe cambiato per sempre la mia vita, spiegando a me stessa le motivazioni del mio agire e del mio sentire, come fosse uno specchio magico in cui si può vedere tutto di sé.

Sfornavo torte, lavoravo fuori e dentro casa con la dovizia di sempre, e intanto giocavo al pc. Tra tutti, mi piaceva un gioco di parole in cui ero diventata davvero brava. Cominciai a sfidare altre persone e a divertirmi sempre di più.

Fra i tanti, c’era un certo Emilio (solo dopo seppi che si trattava di uno pseudonimo). Giocava benino, ma non era in possesso di una grande cultura. Purtuttavia aveva notevoli capacità logiche e potenzialità inaudite. Mentre giocavamo ci raccontavamo le nostre vite, dapprima con una certa cautela, poi in modo più sincero.  Arrivammo a conoscerci profondamente, e anche se è difficile da credere, provammo attrazione l’uno per l’altra pur non essendoci mai visti. Lui incarnava il prototipo dell’uomo che avevo sempre desiderato, cominciavo ad amare la persona ancora prima dell’uomo (in fondo avrebbe potuto essere anche una donna, per quel che ne sapevo); era fragile, immensamente insicuro, ma soprattutto portava dentro di sé un dolore acuto che lo aveva forgiato e portato a essere quello che era: una persona intelligente e sensibile, ironica e creativa, ma estremamente diffidente.

Parlai di lui a Caterina, questa creatura si stava insinuando in me in modo così prepotente che avrei dato qualsiasi cosa per poterla guardare negli occhi.

Lei intuì subito che si trattava di qualcosa di pericoloso per me, cioè di una sorta di fattore destabilizzante che avrebbe sicuramente minato il mio equilibrio di persona, seppure non felice, ma comunque serena. No, non è vero! Non ero nemmeno serena! Se così fosse stato, Emilio non si sarebbe insinuato in me come un liquido in una fessura. La fessura che portavo era una crepa rilevante e avrebbe potuto facilmente inserirvisi qualsiasi essere dotato di una psicologia raffinata come la sua.

Arrivò il giorno che ci scambiammo qualche foto. Fui sbalordita dal suo aspetto non certo piacevole, ma nel momento in cui notavo questo, ne amavo ogni difetto di un amore materno e sensuale al contempo.

Era arrivato il momento in cui Emilio palesò il suo desiderio sessuale per me. Mai mi ero sentita tanto lusingata, desiderata, apprezzata….Descriveva situazioni immaginarie in cui eravamo protagonisti. Nei minimi dettagli dipingeva accadimenti erotici appassionati e manifestava gli stessi desideri che anche io avevo avuto fin dall’adolescenza. Le cose avanzarono in fretta: cominciammo una relazione a distanza, se così si può chiamare, nella quale ognuno di noi era elettrizzato da una corrente fortissima che ci legava e portava veramente i nostri sensi a perdersi e a godere come mai eravamo riusciti durante le nostre esperienze reali.

Di fatto lui ne aveva avute ben poche, ed era abituato a vivere di fantasie. Io invece avevo fretta di concretizzare la nostra storia perché alla lunga il solo virtuale era diventato frustrante. Per me il gioco era solo l’inizio dei quella che avrei voluto essere una storia vera, per lui invece era tutto ciò che voleva.

Lo raggiunsi. Trovai una persona insicura del suo aspetto e piena di paure. Scoprii in seguito che da piccolo aveva subito un abuso sessuale, ma di questo non parlò mai chiaramente. La mia fu più che altro un’intuizione, ma non ne ebbi mai la certezza. Credo che nemmeno lui sapesse veramente cosa gli fosse accaduto.

Quei giorni per me furono i più belli e i più terribili di tutta la mia esistenza e segnarono un confine netto tra quella che era stata la mia vita fino a quel momento e quella che sarebbe venuta dopo. Un vero spartiacque fra la donna che avevo soffocato e quella che ero realmente.

Al mio ritorno, Caterina era molto preoccupata. Vedeva tutto quel dolore scorrere in me, notava la rabbia e la disperazione che l’impotenza che provavo mi procurava. Mi disse:

«Sei una donna piena di bisogni legittimi, amica mia. Finora li hai chiusi in un cassetto godendo della sicurezza che la tua famiglia ti ha sempre dato. Non sei irriconoscente e sai che ogni cosa ha il suo prezzo. Sei una persona onesta e ora stai vivendo tra i sensi di colpa che provi verso la vita che stai rinnegando nell’impossibilità di rendere felice quest’uomo che ami e che non si lascia amare.  So che ti mancano carezze, attenzioni, so che desideri essere urgente dal punto di vista sessuale e affettivo. Conosco il tuo mondo interiore, sei una persona ricca e complessa. Un uomo pragmatico come tuo marito o come molti altri non hanno la capacità di capire nulla di te».

Ecco, se mi fossi innamorata di Caterina e lei di me, forse sarei stata appagata. Ma entrambe eravamo totalmente etero. Sorrisi a questo tenero pensiero.

Intanto Emilio si allontanava volutamente da me, aveva iniziato giochi erotici con altre donne e questo mi dilaniava. Eppure un giorno mi aveva detto che nessuno lo aveva mai amato quanto lo amavo io, che ne era molto felice e che anche lui mi amava.

Furono mesi d’inferno in cui mi sentii come un tappo di sughero tra le onde. Riuscii a strappargli un altro incontro con enorme fatica. Venne da me come per estinguere un debito. Arrivò trascinandosi come un naufrago senza forze che si muove su un terreno fangoso.

Provato dalla sua quasi totale impotenza e da quell’arrendevolezza verso una vita che per lui era troppo faticosa, si mostrò dolce con me, ma non capace di quei grandi trasporti e fantasie creative che avevano risvegliato il mio sesso e il mio cuore.

Non avevo mai provato tanto amore, e sono certa che non ne proverò mai più.

Detestavo coloro che facevano della psicologia spicciola dicendo che avevo la sindrome della crocerossina o altre cazzate del genere! Solo Caterina sapeva bene cosa stessi provando; ne era preoccupata, ma non mi giudicò mai. A un’analisi superficiale avrei potuto sembrare una gatta in calore; in realtà, io ero pronta a dedicare a quest’uomo tutto ciò che rimaneva della mia vita anche nelle più assurde difficoltà.

Compresi l’amore: ciò che sei disposto a dare senza pretendere nulla in cambio.

Non rividi mai più Emilio. So che vive la sua vita attorniato dalla sua grande famiglia che si prende cura di lui e questo mi rincuora.

Dopo molta sofferenza, ho imparato a convertire il bene in altro bene perché nulla vada sprecato.

Non c’è giorno che passi senza che un luogo, una musica, un paesaggio mi faccia avvertire fortemente quello che vive nella mia anima.

Intanto io e Caterina continuiamo a volerci bene e a confrontarci perché in fondo l’amore fra esseri umani non è altro che comprendersi l’un l’altro rivelando a noi stessi ciò che siamo.

 

 

Confidenze