Il marito del sindaco di Roma

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Il consorte in crisi della neoeletta sindaca di Roma ha scritto una pubblica lettera “d’amore” alla moglie, che molto sta facendo discutere sul web, ecco perché

A guardarlo con l’occhio di un marziano (o di un anziano), il consenso (a macchia di leopardo) ottenuto alle amministrative dal Movimento 5 Stelle appare come il risultato di una felice congiunzione astrale. Ma ci sarà tempo per capire se l’invettiva di Piero Fassino sulle fatiche di un sindaco, si dimostrerà una barzelletta da “ultime parole famose” o una profezia di cinese saggezza (“godetevi questi tempi interessanti”). OIIggi quello che reclama rapida attenzione è un singolare effetto collaterale. Cioè, il marito del sindaco.

Fosse un film, avrebbe un bel titolo, ma è una lettera. Il consorte in crisi della neoeletta sindaca di Roma ha scritto una pubblica lettera “d’amore” alla moglie, intestandola proprio così: Lettera al sindaco di Roma, mia moglie. Ho messo tra virgolette l’amore, perché questa è l’interpretazione che, della missiva, viene all’unanimità data, per farne poi oggetto di spietata derisione (impagabile e irresistibile, fra tutti i commenti, quello di Selvaggia Lucarelli: “toglie la pelle come neanche il gioviale boia cinese del Giardino dei supplizi avrebbe saputo fare”).

Il punto è che a dare il fatto suo al loquace marito sono soprattutto le donne. Ecco, credo che non sia il caso di lasciarle sole. Perché quella lettera, se è amore, è amore malato. Gronda sentimentalismo, ma trasuda violenza da ogni goccia di miele. Rileggetela con calma,

(qui ne trovate una breve sintesi: “Ciao! Sei il primo sindaco donna della storia di Roma! Ti rendi conto? Quello che ho sempre saputo si è realizzato. Ho pianto di felicità. Quante volte ti ho detto che ti vedevo bene come sindaco e che ero sicuro che ce l’avresti fatta? Sono 21 anni che ti conosco, ora per noi è un momento difficile è inutile nasconderlo, ma io  sarò sempre accanto a te. Cercherò di proteggerti il più possibile anche da lontano. Ora tocca a noi, agiamo come una squadra coesa e compatta”).

È una dichiarazione di possesso (quasi un’usucapione, ricorda alla moglie che si conoscono da 21 anni), con un accenno di tallone di ferro (afferma che non le farà mancare la sua protezione, e per la proprietà transitiva si potrebbe dedurne che lei ne ha bisogno perché è debole, se non addirittura che le sta facendo un’offerta che non può rifiutare, ma forse questo è correre troppo con la fantasia).

Ora, può essere che il mezzo di divulgazione usato sia l’unico che le giovani generazioni conoscono (quindi è inutile esortare al dialogo intimo e privato), ma questa lettera “d’amore” sembra proprio una polpetta avvelenata.

Senza entrare in insondabili questioni private (che forse si intrecciano con il pubblico, in una tardiva caricatura del “privato è politico”), mi permetto di dare un suggerimento da cinefilo. Come nel celebre film L’ereditiera, lascialo fuori della porta, Virginia!

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