Il matrimonio ieri e oggi

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Quando ero piccola il matrimonio era per l'eternità e si trasformava in una grande commedia della gelosia, tra tradimenti e pentimenti

 

Il matrimonio oggi è un contratto a termine, ma prima del divorzio era l’eternità. Quando ero piccola, da quello che vedevo, il matrimonio mi sembrava solo una grande commedia della gelosia.

Mia madre spendeva tutti i suoi risparmi per far sorvegliare mio padre da un investigatore, molto prima che andasse di moda, ma le piaceva far credere che le sue scoperte avvenissero per ispirazione divina. Avevano già 60 anni quando lei  mollò all’improvviso il fritto che si stava dorando, colpita da un’intuizione sovrannaturale. Spense i fornelli e corse all’ufficio di mio padre. Nascosta, lo vide uscire con la signora Guerrini. Li beccò mano nella mano e prese a schiaffi il traditore nella via dove lavorava ed era rispettato. Ma si pentì sempre dell’errore: che stupida ad accanirsi contro il marito! Avrebbe dovuto suonarle a lei, che invece si era prontamente dileguata, perché tanto, lui, prima o poi lo avrebbe riacchiappato.

Non  si consolò mai della mancata vendetta, ma in compenso lo tormentò fino alla vecchiezza estrema. Del resto lui era abituato alle storie di infedeltà fin da bambino. La nonna Elvira, sua madre, era la donna più tradita d’Italia, finché impose al marito di “metterle un tetto sulla testa, invece delle corna”. Fu così che fu edificata la Casa Rossa, una villetta con giardino, per la famiglia. Ma a una svolta, dopo il viale, contemporaneamente ne sorgeva un’altra, identica. Lo stesso cancello, le stesse finestre, solo tutto più piccolo. La fece costruire il nonno per la Pelina, la sua amante. Aveva adoperato lo stesso materiale e lo stesso architetto per economia, come faceva economia del suo amore dividendolo in due.

Non c’erano ancora gli psicologi. I figli venivano coinvolti senza scrupoli. A sette anni mio padre diventò una spia per pagarsi il suo vizio, il gioco della briscola. La nonna lo aveva assoldato per sorvegliare il nonno. Erano tante le donnacce del paese, ma una fra tutte pericolosa: la Braghettona, sarta di grande fama, che per la sua professione conosceva la grandezza dei sessi di tutto il paese. La Braghettona tastava, misurava e cuciva, ma lo sguardo beato del nonno quando indossava un suo capo, non era un segno certo d’infedeltà.

Fino a quando mio padre bambino, istruito dalla madre,  non lo accompagnò a una prova. Ma nulla accadde, fuorché il nonno guardando la sarta non si poggiò di sfuggita la mano sul cuore. Per il resto, i loro gesti furono il colmo della decenza. La piccola spia, delusa, tornò dalla madre che lo aspettava con occhi di fiamma, e temette, dicendo la verità, di perdere l’incarico per sempre. Così con finta innocenza raccontò con esattezza ciò che non aveva visto, e che erano spariti dietro un paravento. Ebbe il danaro, e corse a farsi una partita con gli altri monelli.

La nonna  Elvira chiamò solennemente il marito. “Quintilio! Ti devo parlare”. Si chiusero in camera, finché la porta si spalancò  e il nonno gridò “Giuda! Cosa le hai detto?”. Lei gli tirò un candeliere, ruppe due vetri e un bicchiere, poi si riempì le mani di un posacenere in marmo, tre mele, un angioletto pagano e tutto gli tirò dietro gridando, sconfinarono in cucina, dov’erano pronti i picconi spennati ripieni di rosmarino, lui ne tirò uno in faccia alla moglie, lei fece altrettanto, e si colpirono a piccionate finché i proiettili bastarono.

Lui fece un fagotto disordinato e uscì dal cancello, gridando teatrale “Per una falsa accusa, un uomo innocente se ne va di casa con due camicie e venti soldi in tasca!”. Dalla finestra la nonna gli disse con calma: “Puttaniere”. Era l’ultimo atto. La parola conclusiva, il segnale che lui si sarebbe allontanato fino in fondo al viale di tigli, nel sipario di foglie che lentamente coprivano la sua uscita.

e pentimenti Mezz’ora dopo sarebbe tornato e avrebbero, come ogni giorno, ricominciato. Mica c’era il divorzio, allora.

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