Isabella Santacroce: La divina

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Un'iniziativa editoriale senza precedenti: l'autrice mette in vendita il suo libro in tiratura limitata: come un’opera d’arte che sarà posseduta da pochissimi nell’originale. E credetemi di un'opera d'arte si tratta

Strano il mondo letterario: è ossessionato dalle novità, e incapace di riconoscerle quando davvero ce n’è una. Trovo irreale e colpevole questo silenzio davanti  a un’iniziativa editoriale senza precedenti: Isabella Santacroce ha stampato il suo ultimo romanzo, La divina, con la sua personale casa editrice, Desdemona undicesima, in una tiratura limitata a poche centinaia di copie numerate, che si acquistano solo in rete a 50 euro. L’autrice mette in vendita La divina come un’opera d’arte che sarà posseduta da pochissimi nell’originale. E perché? Perché è un testo prezioso, unico che non sarà ristampato e come ogni vera opera d’arte è destinato a crescere di valore nel tempo. Faccio un esempio, una copia del libro fotografico Travestiti di Lisetta Carmi, che costava 1000 lire quando fu pubblicato, oggi vale 2.000 euro. Questo riguarda il valore commerciale che si può quantificare mentre quello letterario è inestimabile.

È una stagione bellissima per la letteratura italiana che si è scossa dal letargo con la nascita di grandi autori. Ma Isabella Santacroce non si considera una scrittrice italiana, e nemmeno una scrittrice.  Io non sono una scrittrice. Sono una scrittura che cammina. Come ogni vero scrittore Isabella Santacroce ha un solo tema -la solitudine, l’essere un’aliena, la inesauribile fame d’amore e l’impossibilità dell’amore-  e lo declina in variazioni infinite, con un lirismo anarchico ed esasperato, senza mai cadere nel manierismo. La sua voce ultraterrestre è irreparabilmente poesia, con un prodigioso senso dell’umorismo che pervade questo poema in prosa, dove la protagonista viene pagata dagli uomini per infliggere loro umiliazioni e sofferenze e raggiunge con loro una tale intimità da escluderli pietosamente dalla sua vita: l’unico degno di lei è Ludwig il cigno del lago, creatura che sola rispecchia la folle eleganza del suo sentire, la sua sete di mitologia. Isabella vive a Riccione come sul monte Athos, con un coniglio ariete, due cervi a grandezza naturale e la foto di Emily Dickinson. Ho trovato il suo ritratto come persona e come artista in ciò che Maurice de Vlaemink scisse su Amedeo Modigliani: L’ho visto affamato, ubriaco, delirante, perfino felice, l’ho visto abbastanza ricco, senza un soldo, ma non l’ho mai visto mancare di grandezza. Ora si crede di poter sorpassare la vita, tutto è super, da supertassa a surrealismo, le parole perdono il loro peso, e non riesco più a dire arte e artista. Ma se questa parola riprendesse il suo colore, il suo senso, il suo sesso, allora Amedeo Modigliani è un grande artista. Così Isabella Santacroce. La parola capolavoro mi è antipatica, è gerarchica e impiegatizia, se c’è il capolavoro c’è il vicecapolavoro, il sottocapolavoro…ma in questo caso non ce n’è un’altra, e devo proprio usarla. La divina è un testo perfetto in ogni suo accento, ogni sillaba. Ecco la voce del libro.

Qualsiasi cosa subisca, la subisce senza violenza, perché la violenza non può impadronirsi dell’Amore. Qualsiasi cosa faccia, la fa senza violenza: in ogni cosa ciascuno consente a obbedire all’amore- Gli uomini che ho amato mi hanno sempre distrutto. Sono stati gli uomini che mi hanno pagato a ricostruirmi- Anche i clienti più repellenti fanno meno schifo di un uomo che si addormenta accanto a te, sognando un’altra-  e ho pensato tutte le donne intelligenti dovrebbero fare solo una cosa nella vita: le puttane- Era bello quando pioveva e c’era quel profumo in estate, e un’antica casa abbandonata con il grano che diventata rosa quando arrivavo. Non un accenno di verde a rendere reale quella natura dal colore ricordante l’infanzia di bimbe incantate dall’incoscienza- A volte vivere è un omicidio. C’è qualcosa di morto nella vita. C’è qualcosa di vivo nella morte- Se io sono viva, non è detto che io sia in vita, posso essere viva in un altrove che con la vita nulla c’entra. E neppure con la morte- E arriva la notte, tenebra fulgida, un prodigio è la luna- Qualsiasi accadimento descrivibile è cecità- Je pense au romantique comme à quelque chose d’extremement violent. Violent- È immaginabile l’amore? Inimmaginabile è l’amore- Che dirti amore è anche amarmi, e per la prima volta. – Ludwig, sei ciò che vorrei essere, intoccabile da qualsiasi insegnamento, che non sia concesso dal vento.

La Divina troverà l’amore in Ludwig, un cigno. Ma anche i cigni sanno deludere. La sua letteratura no. Davanti alla purissima arte di Isabella Santacroce, mi inchino, come il Gatto con gli stivali  dal cappello piumato, come un lettore sopraffatto, sgomento, inconsolabile e contento. Isabella Santacroce offre questo libro come un pegno futuro, come Picasso quando pagava i conti lasciando un suo disegno, che nel tempo restituiva creditore cento volte più del suo debito. E insieme offre un talismano per guardarsi dentro senza paura, per ridere, per levarsi in volo- radente o da grandi alture, pur di sfuggire alla forza di gravità e andar leggeri.

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