La moglie olandese di Ellen Keith

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Quattro esistenze s'intrecciano sotto due regimi diversi. Quale filo, quale catena le lega?

“L’estate lasciò spazio all’autunno e, come aveva dichiarato Karl, il campo tornò a risorgere sopra le spalle dei prigionieri. Le SS seppellirono i loro morti e bruciarono i nostri. Costrinsero i prigionieri a riparare gli edifici danneggiati, continuando a fabbricare munizioni. Eppure, qualcosa era cambiato a Buchenwald. I nazisti divennero assetati di vendetta. Venimmo a sapere di una guardia che aveva lanciato il berretto nel filo elettrificato ordinandogli poi di andare a riprenderlo; di un ufficiale che all’appello della sera aveva fatto cantare i prigionieri senza sosta fino all’alba; di un carceriere che aveva appeso per i polsi degli internati finché le articolazioni non si erano staccate. La notizia del carceriere mi nauseò, ricordandomi il periodo che avevo passato nel Bunker, quello che mi sarebbe potuto succedere se Karl non fosse intervenuto. I racconti ci arrivavano sussurrati tra i materassi del bordello, ma noi vedevamo ben poco di tutto questo. Gli uomini nella sala d’attesa apparivano ogni giorno più pallidi e magri, ma noi eravamo tornate a ricevere dalla mensa delle SS molti dei nostri pasti e, con Karl a reclamarmi solo per sé, non dovevo subire quell’avvilente avvicendarsi di uomini. In compenso, dovevo aiutare Bertha con la cassa, così che lei e Wilhelmina potessero prendersi pause più lunghe per fumare sui gradini dell’ingresso. Karl approfittò del mio tempo libero, venendo da me sempre più spesso, tanto che solo di rado passavo la notte senza di lui. Dopo il bombardamento, aveva smesso di condividere notizie sulla guerra e a vantarsi dei progressi tedeschi, preferendo argomenti che considerava gradevoli: serate all’opera, le escursioni in montagna di quando era ragazzo, i suoi progetti di vita con me al suo fianco”.

Amsterdam. Sono le nove di sera del 3 maggio 1943 quando la Gestapo irrompe nell’appartamento di Marijke e di suo marito Theo. I due giovani olandesi sono elementi scomodi, nemici del regime, e quella stessa notte vengono separati e deportati nei campi come prigionieri politici. Di Theo, noi lettori e Marijke, perdiamo le tracce subito. È con la voce femminile, che restiamo. Ed è insieme a lei che viviamo i giorni del dolore e della disperazione, il momento di una scelta terribile ma necessaria. La donna, per salvarsi, entrerà a far parte di un gruppo di ‘elette’: le sgualdrine di Buchenwald. E proprio nel bordello Marijke comincerà a ricevere le visite del vicecomandante del campo, Karl Müller. Mentre la lotta per la sopravvivenza diventa una battaglia per far restare in vita la speranza di ritrovare Theo, Marijke non resiste a Karl. Karl, il nazista. Karl che ha per lei infinite attenzioni. Karl che spietatamente assiste ai massacri. Karl che le dice ti amo.

Salto nel tempo e nello spazio, un altro regime. 1977, maggio. Buenos Aires. Il giovane Luciano viene prelevato dalle guardie dopo essere stato a una manifestazione di protesta e portato via mentre i suoi genitori lo osservano impotenti.

Marijke. Theo. Karl. Luciano. Quale filo, quale catena, lega queste quattro esistenze? Quale destino?

Sono pagine dure, quelle scritte da Ellen Keith. Pagine che non conoscono il lieto fine della letteratura romantica. È dovere degli storici analizzare gli aspetti dei regimi; quella della vita degli uomini e delle donne che li hanno subiti, siano stati essi vittime o carnefici, è materia difficilissima che è un dovere narrare e un imperativo leggere.

Ellen Keith, La moglie olandese, Newton Compton Editori

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