Vi state rovinando la salute con i “sentito dire”?

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Il desiderio di guarire è comprensibile, la sconsideratezza no. Affidarsi a Internet o ai sentito dire equivale a farsi del male da soli

Ne vedo tantissimi. Esordiscono quasi tutti con “Eppure avevo letto che…”. Sono pazienti che stanno scontando sulla propria pelle i danni di approcci alimentari e terapeutici sbagliati. Nella maggioranza dei casi, si tratta delle conseguenze di diete messe in atto autonomamente, dopo aver reperito informazioni qua e là.

 

“Dottor Internet” è la prima sorgente di notizie sulla salute, naturalmente. Gruppi Facebook che propongono soluzioni apparentemente miracolose per patologie incurabili, blog di medicine alternative che dispensano consigli del tutto ignoti persino ai docenti universitari, pagine di sedicenti esperti che promuovono diete disapprovate dalla comunità scientifica: per chiunque voglia farsi del male da solo, sono infinite le possibilità offerte dalla rete. Che comunque non ha soppiantato i canali convenzionali: la testimonianza del vicino di casa, l’esperienza della collega di lavoro, la storia dell’amico dell’amico resistono all’avanzata delle nuove tecnologie e rimangono ancora oggi fonti di “sentito dire” attive e apprezzate.

 

Quella di aggrapparsi a parole indimostrate o addirittura strampalate è una decisione che può essere umanamente comprensibile quando si sta male e non si riescono a ottenere valide risposte dalle consuete figure di riferimento, medico di famiglia in testa. Questo però non significa che sia anche una decisione giusta. Anzi, i rischi che comporta non di rado superano i benefici.

 

Conosco molti uomini e donne che hanno fatto enormi pasticci con il cibo e con approcci “fai da te” e che non sanno più come uscirne. A volte passano mesi e persino anni prima che se ne accorgano, perché magari all’inizio della dieta dimagrante drastica, del regime che esclude totalmente i latticini, dell’alimentazione gluten free i benefici li riscontrano davvero. Poi, però, cominciano spesso a farsi strada, più o meno subdolamente, anche certi problemi ed effetti indesiderati.

 

Una delle situazioni in cui mi imbatto più di frequente nella mia pratica professionale riguarda persone che hanno eliminato del tutto determinati cibi, se non intere categorie di alimenti, in quanto sospettati di provocare fastidi o vere e proprie malattie: frumento (quando non addirittura ogni tipo di cereale), latte e derivati, alimenti di origine animale, legumi, solanacee o chissà cos’altro, a seconda delle convinzioni del “guru” a cui si è scelto di prestare fede.

 

Nel graduale tentativo di rendere quanto meno “tossica” possibile la propria dieta, alcuni di loro finiscono per ridursi a mangiare solo riso bollito, petto di pollo e insalata scondita, ovvero alimenti tra i meglio tollerati in assoluto. Se si prescinde dalla considerazione che diete tanto monotone e povere sono la garanzia di soffrire presto o tardi di carenze nutrizionali dalle conseguenze gravi, costoro, dopo tutte queste eliminazioni, sembrano aver risolto o mitigato i loro malanni. Finché, a un certo punto, cominciano a non stare più bene pur consumando questi soli, semplicissimi alimenti. E allora la situazione diventa davvero critica.

 

Intendiamoci, non è in discussione la libertà – e a volte persino la convenienza – di ricorrere a soluzioni nuove e poco esplorate. Ma questi percorsi devono essere intrapresi in sicurezza, con prudenza e senza rischiare di farsi del male. Io sono un promotore della cura di sé, e pure delle discipline naturali (alcune di loro, perlomeno): se così non fosse, nemmeno avrebbe senso la continua attività di comunicazione sui temi della salute e della nutrizione, a cui mi dedico quotidianamente ormai da tanti anni. Un conto tuttavia è credere che ciascuno di noi sia il primo medico di se stesso, altro conto è pensare che si possa fare tutto da soli, senza bisogno delle indicazioni dei professionisti sanitari e di chi ha studiato certe problematiche per una vita intera. Sui libri, non su YouTube.

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