Vincenti si nasce o si diventa?

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La storia vera di Marisa Saccon ripropone una gran verità: bisogna avere fiducia in se stessi perché gli altri abbiano fiducia in te

Ciascuno è artefice del proprio destino dice il proverbio, traducendo in soldoni il concetto del libero arbitrio che da secoli guida le azioni dell’uomo nel bene come nel male.

E in questa massima è concentrato anche il presupposto che ognuno di noi debba avere sufficiente autostima e fiducia nelle proprie capacità da realizzare ciò in cui più crede. Ciò vale in tutti gli ambiti della vita: nei rapporti personali, negli sport che si sceglie di praticare, negli studi e naturalmente, o forse soprattutto, nell’ambito del  lavoro.

Se non si è primi a credere in se stessi e nelle proprie capacità difficilmente ci si può aspettare che lo facciano gli altri e l’impressione che si trasmette ai colleghi, ai compagni di squadra o di scuola è quanto meno d’incertezza, se non di essere un perdente in ogni campo.

Certo anche il carattere fa la sua parte: se si è timidi e riservati difficilmente si è portati a autopromuoversi o a “vendersi” agli altri e in una società dominata da modelli di successo basati più sulla capacità di mostrarsi che sui risultati raggiunti, a volte viene voglia di fuggire su un’isola deserta. Ma è proprio guardando certe bolle di sapone che si possono invece riscoprire i propri meriti.

La storia vera che trovate su Confidenze di questa settimana “Non sono mai stato un vincente” raccolta da Marisa Saccon, ci parla proprio di questo tipo di comportamenti e di come il protagonista Andrea sia alla fine riuscito a vincere le sue insicurezze e soprattutto a non farsi sbranare dalla iena di turno. Perché, come spiega nel box lo psicologo Francesco Padrini, c’è sempre chi approfitta delle debolezze altrui per rimpolpare il proprio ego e far vedere agli altri “quanto sono bravo io”.

 

 

 

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