Uno spazio per te


Un Capodanno speciale

di Nicla Gasperini

Un Capodanno specialeLa mia amica Caterina era venuta il 27 dicembre a farmi gli auguri; eravamo state assieme ad Abano Terme a farci le cure dei fanghi e avevamo passato belle giornate passeggiando per i parchi e poi visitando per una intera giornata la vicina Padova.Prendemmo un tè e cosi chiacchierando mi disse che andava a passare il Capodanno ad Agrustos, una località a 40 Km. da Olbia in un posto bellissimo, un residence estivo dove tutti gli anni si radunavano due importanti associazioni di volontariato: "Oftal" e "Villa Chiara" di Olbia, dal nome di una mia amica morta anni fa di "Sla", il cui marito ha fondato una casa d'accoglienza per ragazzi con la Sindrome di Down malati della stessa malattia della moglie.Caterina continuava a descrivermi il posto, accogliente e sito in un paesaggio bellissimo, tra colline e il mare; lei passava le feste lì con il marito e quest'anno che lui se ne era andato dopo lunga malattia, lei come volontaria dell'Associazione non poteva mancare; io ero titubante, volevo parlarne con Enzo mio marito, accennando che ci sarebbero stati anche i ragazzi delle due Associazioni; ne parlai a pranzo e con mia grande meraviglia, mi ascoltò e fu subito contento dell'idea; si trattava di passare tre giornate in questo grande villaggio, dove ci avrebbero dato anche l'alloggio e il soggiorno completo. Ero contenta, e telefonai subito per prenotare.Arrivammo il 30 mattina; nel grande parcheggio c'erano già due pullman e diverse macchine, entrando nella hall vedemmo diversi ragazzi e tanti anche con carrozzina, i familiari e gli accompagnatori. Alcuni ridevano, giocavano anche a carte o passeggiavano; mi sentivo quasi imbarazzata, salutai tutti in generale; ci guardavano, eravamo due persone "normali" ci sentivamo perciò addosso sguardi curiosi.Nelle casette, dove erano le camere, sparse in un vasto territorio tra prati ed alberi si sentiva anche il profumo e il rumore del mare vicino; "ma dove mi hai portato ?" disse mio marito"è pieno di disabili, che ci facciamo qua' " ed io aggiunsi: "vedrai che staremo bene", poi conosciamo Giovanni il presidente, diversi volontari e Caterina, "vedrai passeremo il primo dell' anno in modo diverso"…avevo ragione!A pranzo eravamo un gruppo di Olbia, ci conoscevamo e il clima era sereno; poi ad un tratto lì, nel grande salone dove tutti parlavano, ridevano e socializzavano, mi sentii picchiare sulla spalla, mi voltai e mi sentii stringere in un forte abbraccio, era Salvatore, un ragazzo che avevo conosciuto anni fa dal medico assieme alla mamma e che ora viveva a "Villa Chiara". Mi aveva riconosciuto e mi chiamò per nome, gli chiesi come stava e mi disse che la mamma, era morta e che lui stava lì e faceva tanti lavoretti.Mi sentii avvolgere dalla tenerezza per quel ragazzotto grosso, sorridente, affettuoso come non avrei immaginato; mi presentò i suoi amici e quello che mi colpì era la loro disponibilità ed anche se non ti conoscevano, si avvicinavano, volevano essere abbracciati, baciarti e darti la mano; qualcosa mi si era sciolto dentro, di solito quando incontravo una carrozzina mi scansavo, ad un ragazzo o ragazza Down non rivolgevo mai una parola o uno sguardo, io ero "normale" e non sapevo come comportarmi con loro così "diversi".Con mio marito passeggiavo in quel luogo bellissimo, andammo a vedere il mare, era mosso e le onde s'infrangevano sulla battigia e il vento caldo mi spettinava; dall'albergo lungo un percorso tra gli alberi arrivarono anche i ragazzi con le carrozzine accompagnati e felici, li facevano correre sulla spiaggia e ridevano per l'emozione; mi avvicinai, presi per mano una ragazzina di circa dodici anni, rossa in viso, con due bei occhi azzurri, lei mi teneva stretta la mano e mi indicava il mare; ero felice di quel contatto, non mi era mai successo di sentirmi parte del loro mondo, era come se fossi stata sua amica da sempre; da lontano Salvatore mi salutava con la mano, ricambiai allegramente.I ragazzi, a pranzo e a cena, in quel grande salone erano sempre allegri, quasi irruenti, facevano chiasso, cantavano, e noi al tavolo con i nostri amici di Olbia stavamo bene lo stesso e li assecondavamo.La notte della vigilia fu bellissimo, i ragazzi con i volontari organizzarono tutto: dalla musica, ai dolci e lo spumante; i volontari anch'essi si divertivano a far correre le carrozzine per ballare al centro della pista; l'allegria e la confusione per la musica trascinavano noi tutti in un insieme di cordialità e familiarità; Gli abbracci e i baci a mezzanotte si sprecavano, e a due anziane signore sole, sempre sedute e vicine a noi, porsi loro dolci e da bere, in cambio di un abbraccio e un sorriso.Nella frenesia e confusione della festa mi dimenticai pure di fare un ballo con mio marito, anche se lui non era molto propenso a muoversi. L'idea di passare una minivacanza da casa era stata quasi la prima ragione della mia scelta, ed ora, con la musica assordante, quei giovani scatenati e il clima di festa insolito mi avevano coinvolto e mio marito lo vedevo partecipe della mia stessa frenesia.Il giorno dopo grande pranzo e allegria ed io in mezzo a loro mi sentivo vicina alle loro emozioni.Quei tre giorni vissuti ad Agrustos ci avevano fatto dimenticare le solite feste all'insegna delle grandi abbuffate, del consumismo sfrenato, delle anonime feste da ballo dove ci si guarda con occhi strani pronti a giudicarti con superficialità e freddezza.Qua invece non è stato così, tutto ci scivolava addosso già scontato in una atmosfera di calda serenità.La cosa che avevo notato e che mio marito mi fece comprendere, era come quei "diversi" fossero sempre sorridenti, cordiali con tutti, e nei loro occhi pieni di semplicità e ingenuità c'era la voglia di vivere, si accontentavano di poco, gli bastava una carezza o un abbraccio sincero ed erano felici.Grazie a loro abbiamo imparato tanto, prima di tutto che siamo tutti uguali e che anche con poco possiamo aiutarli a vivere una realtà diversa.Alle 17 dovevamo lasciare il Villaggio, alcuni giovani dei vari paesi erano già saliti sui loro pullman per tornare a casa; mi sentii chiamare, era Salvatore che mi voleva salutare, nella confusione dei saluti e le strette di mano l'avevo perso di vista, mi raggiunse, mi abbracciò forte come era nel suo stile, mi disse: "domani vengo a casa tua, mi vuoi?" – "Certo" risposi commossa,"..vengo a prenderti a Villa Chiara", gli brillarono gli occhi; ed ora che è iniziato il Carnevale, uno di questi giorni vado a prenderlo per tenerlo un giorno con me, gli farò le frittelle che a lui piacciono tanto.

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