50 anni di divorzi

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Mezzo secolo fa un referendum ha dato agli italiani l'opportunità di divorziare. Liberandoli da una vita di ipocrisie e amori clandestini

Oltre che un’informazione, Compie 50 anni un referendum decisivo è il titolo di un articolo su Confidenze in edicola adesso che parla del divorzio.

Quando la legge è stata approvata, io avevo 10 anni. Ma se pensate che non mi abbia riguardato sbagliate della grossa, visto che proprio in quel periodo i miei genitori si sono detti addio.

Morale, i signori Di Giorgio sono stati fra i primi italiani a godere dell’opportunità di sciogliere ufficialmente le loro nozze. E di vivere il futuro senza il fardello di un matrimonio indissolubile sulle spalle. Più che una pacchia, un diritto. Che, però, per diventare tale ha richiesto un bel po’ di lotte.

Tante storie sull’argomento confesso che non le ho mai capite. Nel senso che lasciare ai cittadini la libertà di gestire il proprio “stato civile” mi sembra doveroso in un Paese… civile!

Invece, ancora oggi c’è chi vorrebbe abrogare la legge. Una vera follia che ci farebbe ripiombare in un vortice di ipocrisie, sotterfugi, dinamiche famigliari di una tristezza infinita. E di amori clandestini anche se sulla bocca di tutti (impossibile dimenticare la vicenda di Fausto Coppi e della Dama Bianca).

A mio parere, ripeto, l’idea è del tutto balzana. Anche perché se posso capire che ci sia gente contraria al divorzio, non vedo il motivo per cui voglia arrogarsi la facoltà di decidere anche per gli altri.

Come dicevo prima, ognuno dev’essere nella condizione di fare ciò che vuole. Quindi, avere la libertà di onorare la promessa «Per sempre». Ma anche quella di cambiare strada se il matrimonio non funziona più.

La possibilità di salutarsi davanti a un giudice spinge a scappare di casa con maggior leggerezza? A chi lo sostiene rispondo che rimanere sotto lo stesso tetto arrivando a detestarsi è sicuramente molto peggio. Per la coppia, ma anche per i figli.

Ai quali non auguro genitori dall’apparenza tutta picci-pucci, eppure pronti a sferrarsi vicendevolmente continui colpi gobbi.

Meno che meno, un padre o una madre fedifraghi, innamorati di una terza persona con la quale la legge gli impedisce di rifarsi una vita. Ma stiamo scherzando?

A questo punto, ripenso ai miei genitori. Che si sono amati tanto. Hanno fatto un bel percorso insieme. E quando hanno deciso di separarsi (e poi divorziare) sono diventati ottimi amici.

Non so cosa ne pensiate voi, ma per me sono stati un bellissimo esempio di gente perbene, con la testa sulle spalle e il cuore pronto a svolazzare altrove. Ma con un enorme rispetto nei confronti di tutto quello che c’era stato tra loro. E di noi figli.

E se a volte mi chiedo cosa sarebbe successo alla nostra famiglia se non avessero potuto divorziare, mi immagino una vita di menzogne, di personaggi collaterali (presentati, come si faceva una volta, come improbabili zii), di tensioni e litigi.

Gli stessi che avremmo riservato il mio ex marito e io ai nostri figli. Ma se, in realtà, davanti a un giudice non siamo mai andati, è stato solo perché l’abbiamo deciso noi. E non perché una legge ce lo ha impedito. Tant’è che entrambi siamo convinti che mezzo secolo fa quel referendum ha dato una ventata di modernità all’Italia.

D’altronde, in un Paese (finalmente) aperto alle famiglie allargate, multietniche e con genitori omosessuali, che senso avrebbe parlare ancora di abrogazione del divorzio?

 

Confidenze