Cambio di rotta

Cuore
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Una delle storie più apprezzate del n. 37 di Confidenze è “Cambio di rotta” di Annalucia Lomunno. Ve la riproponiamo sul blog

 

Non ero in grado di lasciarla, di mandare all’aria i suoi progetti di nozze. Ma dovevo trovare un modo per defilarmi. Intraprendere un viaggio breve, uno stravagante addio al celibato che avesse il sapore di una drastica virata

Storia vera di Roberto M. raccolta da Annalucia Lomunno

 

Anti-piretico, anti-biotico, anti-staminico, anti-allergico, anti-nevralgico. Anti: un prefisso che era sinonimo di guerra. E a volte mi sembrava che la mia vita fosse tutta qui. Che vivessi dietro questa fragilissima lastra di vetro in cui l’antagonismo verso il prossimo e l’avversione per me stesso si mescolavano come zampilli, annullandomi, distruggendomi.

In queste sale d’attesa mi affiancavo con indecorosa arroganza ai pazienti dolenti, sentendomi addosso tutto il loro astio. Ero fuori posto, fuori luogo, sano, mani in tasca, sguardo sul pavimento, pessimo umore costante. Una faccia lunga e tetra da santo bizantino che mi rendeva più malato di chiunque altro. Era un dolore dell’anima e non sapevo dargli nemmeno la giusta definizione, un dolore cupo e profondo senza collocazione. Non so per quale motivo avessi scelto di fare il rappresentante farmaceutico, non me lo ricordavo neanche più. Guadagnavo bene, piazzavo i miei farmaci, assecondavo le esigenze pretenziose dei medici e i preparativi pirotecnici del mio imminente matrimonio, mentre sognavo di trovarmi altrove, agli anti-podi, appunto. Questo senso di soffocamento in agguato era ingestibile, e nemmeno la mia futura sposa sembrava degnarmi di particolare attenzione. Lei era totalmente presa dal suo grande giorno, e io nemmeno l’amavo più, però continuavo a sorriderle, a dirle di sì, ignorando il mio senso di opposizione, rimettendomi agli eventi, a un destino che non volevo più. E la mia ragazza, Marta, aveva ordinato delle bomboniere che sembravano piccoli scudi medievali. Quei piattini rotondi puntellati di confetti, erano orrendi e io non osavo dirglielo, mi limitavo a tacere, con le braccia conserte, mentalmente abbattuto, emotivamente accovacciato, seduto, come in una danza cosacca senza musica piuttosto improbabile e disperata. Dovevo tradirla – proposito aberrante e consapevole – ma dovevo proprio tradirla. Dovevo usare l’estate e trovare un modo sottilmente elegante per giustificare e celebrare un mancato delitto. Non ero in grado di lasciarla, di innescare una bomba, di mandare all’aria i suoi progetti di nozze. Potevo solo inventarmi un percorso nuovo e segreto, intraprendere un viaggio breve ma intenso, uno stravagante addio al celibato che avesse tutto il peso di una contrapposizione, di un drastico cambio di rotta. Un anti-ciclone. Un’ottimistica convinzione. Avevo tentato di ricostruire un sentimento con ingenua caparbietà, come se fossero fondamenta facili da risanare quelle che la routine e le ruspe introspettive distruggono. Ricordavo i primi tempi, quando di lei mi piaceva ogni cosa. Anche il fatto semplice e sottovalutabile che usasse solo smalto beige, che amasse strofinare il suo polso sul mio per lasciarmi un’ombra del suo profumo, e che pretendesse dopo cena di fare l’amore sul mio divano come se fosse il nostro privatissimo e unico caleidoscopio. Quando ancora non c’era questo futuro ingarbugliato davanti e io ero convinto di essere innamorato di lei e non di una dottoressa a cui proponevo farmaci e soluzioni fisiologiche. I tradimenti non andrebbero programmati, ma io provavo una fortissima attrazione per una donna che non era la mia futura moglie, quella dei confetti e degli scudi. Quella che ormai non aveva più argomenti, desideri, occhi streganti. Ma solo elenchi carichi di altre cose. L’asciugatrice, la casa sul mare per forza, il garage, il lavabo compatto, i letti a castello per gli ospiti, i pensili pieni di stoviglie, e magari era necessario pure un architetto per tenere i muri bianchi, tutti bianchi soprattutto in camera da letto, come a stabilire un mondo a parte: l’anti-materia, certo. Ragionava così e io continuavo ad ascoltare un prefisso che iniziava a darmi il voltastomaco. Ma era lì nella mia vita, e non potevo farci niente. Perché anche quando ci ho imprudentemente provato con la dermatologa di cui mi ero invaghito, ho dovuto scalare le montagne. Lei, Giulia, non voleva le mie medicine, ma soltanto innovativi sieri anti-rughe e indispensabili anti-zanzare. Avevo preso una lieve ma decisiva sbandata per una ragazza bella, davvero sexy, con un sorriso troppo accattivante. Lei era tipo da aspettative altissime, si capiva, e mi umiliava l’idea che avesse intuito quanto mi piacesse. Però un giorno all’improvviso, quando il suo studio era completamente vuoto, aveva sbottonato il camice sotto i miei occhi. L’estate giustificava che fosse completamente nuda? Non credo. Mi aveva dato appuntamento solo per quello e si protendeva verso di me come un cobra. Non restava nemmeno una microfrazione di secondo per decidere. Mi travolgeva, e io, invaso dal suo fascino velenoso mi sentivo sicuro, leggero, forte, cinico, coraggioso, me stesso. Quale fosse il colore del suo smalto mi interessava poco. Ero soggiogato dal suo viso da sempre, dal suo corpo contro il mio su un divano che non era quello della mia casa, ma che pareva una zattera in mezzo all’oceano. Purtroppo non c’erano state onde degne di memoria nella nostra vicendevole prevedibilità amorosa e quest’epilogo inaspettato quasi mi risollevava. Quando ci siamo rivestiti lei ha tenuto a precisarmi che non era in cerca di storie serie, e io le ho sorriso come se mi fossi tolto un peso. Come se la luce irradiata in quell’incontro fosse stata nociva. Mi mancava una tuta anti-radiazioni, una porta blindata anti-scasso, ma c’era ancora un’estate da usare per sconvolgere e annientare un destino, per salvare un uomo compromesso, confinato in un museo degli errori/orrori. E non dovevo più fingere e mentire, ma agire e basta. E l’ho fatto. Ho parlato con Marta in un’atmosfera zuppa di morte. Lei mi ha odiato, ma avrebbe odiato di più un marito pessimo, un verme che non l’amava più. Poi, come se questo presente cupo sparisse di scatto ho noleggiato una barca, ho radunato dei vecchi amici e siamo partiti da Taranto per raggiungere le isole greche. E adesso ho un diario di bordo da riempire, come un marinaio libero, in caccia di fortuna e di un vivere insostituibile.

 

 

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