Cara mamma… (ma poi non mi scrivono)

Cuore
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Non esiste mamma che non desideri ricevere lettere (frequenti e accorate) dai figli. I miei? Mi scrivono di solito (buffi) ringraziamenti

In libreria è appena arrivata una raccolta di lettere di figli. In edicola trovate il nuovo numero di Confidenze con l’articolo Cara mamma, ti scrivo. E siccome non c’è il due senza il tre, ho deciso che il mio primo post del 2019 sarà su questo argomento (missive in famiglia), nonostante non vanti un’esperienza personale particolarmente ricca.

In realtà sto mentendo, perché quando mio figlio maggiore, allora sedicenne, studiava negli Stati Uniti, mi mandava delle lettere (via mail) che facevano morire dal ridere, divertentissime e traboccanti di ironia. Tant’è che quell’anno non vedevo l’ora di arrivare in redazione per accendere il computer e controllare se ce ne fossero di nuove.

Detto questo, si trattava più che altro dei resoconti (seppur esilaranti) delle sue giornate, mentre quando io immagino una lettera penso a qualcosa che più dei fatti racconti i sentimenti e gli stati d’animo. E se questo tipo di scritti a casa non ne ho ricevuti molti, probabilmente è perché ho due maschi, geneticamente poco inclini ad aprirsi in modo ufficiale (scripta manent).

Non dimentichiamo, però, che io sono nell’ordine: donna, mamma e (c’è l’aggravante) pure giornalista. Va quindi da sé che i miei figli (poverini) siano stati sommersi di parole scritte sin da quando hanno imparato a leggere.

L’impeto di prendere il computer (una volta si diceva “carta & penna”) di solito scatta dopo una litigata, quando parte e controparte capiamo che andare avanti a discutere serve solo ad aumentare la tensione. A quel punto, rimasta sola e straziata (cuore di mammà), io inizio a rimuginare e mi siedo davanti alla tastiera. Dove succede ogni volta la stessa cosa.

Come se fossi una teenager e stessi implorando un fidanzatino che non mi caga, parto sempre arrabbiata e aggressiva. Ma frase dopo frase mi ammorbidisco, arrivando alla fine della lettera grondante di un’adorazione più melensa della melassa. E se prima di inviarla sono nauseata dalla sdolcinatezza, non riesco a fare la minima correzione, nonostante mi impegni parecchio per recuperare un filo di dignità.

Morale, invio ai ragazzi mail che, per non vergognarmi come una ladra, non rileggerò più. E proprio per non cadere in tentazione, le cestino immediatamente. Cosa poi ne facciano loro, invece, non ne ho idea e non gliel’ho mai chiesto. Ma se volete la verità, mi piacerebbe sapere che le conservino perché, per quanto mielose, sono veramente intrise d’amore puro.

Come, d’altronde, mi piace pensare lo siano i biglietti che mi lasciano quando vengono in montagna. È infatti una loro tenerissima abitudine, prima di ripartire, scrivermi come se fossero scesi nel migliore dei resort e firmassero soddisfatti il classico librone degli ospiti illustri piazzato nella hall.

In realtà quella è casa loro e non ho mai capito perché verghino frasi del tipo «Grazie mille per l’ospitalità», oppure «Sei stata troppo gentile». Ma visto che lo fanno, io quei messaggi li tengo (sono appesi sul cartellone di sughero all’ingresso) Perché li interpreto come una loro dichiarazione d’amore.

 

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