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Una coppia alle prese con un dolce segreto. Il nostro racconto per San Valentino

Storia vera di Delia f. raccolta da Daniela Balestrero

 

Da tempo cercavo di avere un figlio con Francesco, ma più mi ostinavo più andava tutto storto. I tentativi, le cure, le preghiere risultavano inutili e non volevo che lui soffrisse ancora. Quando mi accorsi di essere incinta, tenni la cosa solo per me

 

Un accenno di mascara, una passata di burrocacao, giacca, borsa. Posso uscire. Ho visto quel vestito in una vetrina del centro, me ne sono innamorata, non penso ad altro da stamattina.

Morbido, con un drappeggio sul fianco, di un colore cangiante che cambia sfumatura a ogni riflesso di luce.

I pendenti, ultimo regalo di Francesco, risalteranno, con la mia capigliatura che forse acconcerò in uno chignon, sfiorando l’orecchio e offriranno quel tocco da sbarazzina capace di nascondere la grande timida che sono. Ecco così sarò perfetta per la serata di San Valentino. E poi, ho una cosa importante da dirgli, l’ennesima, spero sia quella buona, stavolta. Sono incinta. Tremavo di paura e di felicità tenendo in mano il bastoncino del test, alcune settimane fa. Eh sì! Ne sono a conoscenza da oltre una decina di settimane, due test, un esame delle urine, una visita ginecologica. Manca solo l’ecografia, per quella vorrei ci fosse anche Francesco. Perché non glie l’ho detto prima? Non volevo illuderlo o peggio, deluderlo un’altra volta. Farlo soffrire ancora com’è successo finora.

Rallentata dal traffico e dai semafori rossi spero di arrivare in tempo per acquistare quel vestito che indosserò una sola sera o continuerò a farlo sfoggiando un figurino che confermerà una nuova sconfitta, un altro fallimento.

Se ripenso alle speranze, agli insuccessi, allo sconforto, ai nuovi tentativi, risento i brividi e di una cosa sono certa: di aver vissuto e condiviso con Francesco, ogni istante, anche il più doloroso, con tutto il cuore.

Intanto i ricordi si fanno strada…

Negli ultimi anni ho subito due aborti spontanei. La fitta tra il fianco e il basso ventre, il sangue, l’ospedale, così il nostro progetto era crollato al secondo mese di gravidanza. In tanti dicevano “può succedere”, altri “forse non eri incinta, avevi solo saltato un ciclo, lo stress fa di queste cose”. Quando gli aborti sono diventati due ho incontrato solo silenzio. Un silenzio pesante e confermativo. Senza parlare della pausa/terapia per il controllo dello stress, che ormai era diventata la parola d’ordine per mettere a tacere ogni inconveniente. Intanto il nostro sogno genitoriale si allontanava e si dissolveva come la scia di un motoscafo.

«È così strano desiderare un figlio?» mi domando, mentre una vocina nel mio cervello ribatte ”ma a queste condizioni…” accodandosi a quelle di alcuni amici. «Se capita, capita, altrimenti pazienza» rincara la dose Martina, amica e collega.

Facile per lei che di figli ne ha due, il primo arrivato a sorpresa e l’altro, cercato, al secondo tentativo, nel mezzo quasi una decina d’anni di pillola che le ha permesso di riprendere il lavoro, pagare il mutuo, godersi la crescita del primogenito. Io non sono Martina, sono un tantino gelosa? Certo, forse un po’, non posso negarlo, ma non scambierei la mia vita con la sua, metodica, preconfezionata, tutto all’interno delle sue “caselline”. Se il destino scambia le carte, vedi primo figlio, lei rimette tutto a posto.

Io preferisco la vita nel suo insieme, l’amore, i desideri, il percorso per realizzarli, la sofferenza, il dolore, quando non si può evitare, fa tutto parte del pacchetto e rende le conquiste ancora più dolci e appaganti. Francesco? So che mi ama, lo dimostra condividendo tutto con me, ma la sofferenza la vedo in fondo ai suoi occhi, nei suoi gesti, è questo che mi fa stare più male.

Per questo non gli ho ancora detto che sono incinta, aspetterò un momento speciale, forse quell’abito mi aiuterà farlo. È stupido vero? Come può uno scampolo di tessuto cambiare le cose e trovare per me le parole?

Il traffico si dirada. Sono davanti alla vetrina. Parcheggio lasciando le quattro frecce.

«Vorrei quell’abito» ordino alla commessa indicandolo con la mano, la vedo sparire dietro al banco e tornare un attimo dopo con l’abito. È lui. Sorrido soddisfatta, ora tutto andrà bene, lo tratto come un oracolo e risalgo in macchina.

È la sera di San Valentino, Francesco ha prenotato in un ristorante elegante e confortevole, l’occasione giusta per dagli la notizia, non riesco più tenerla solo per me, l’emozione mi accompagna ogni minuto che passa, sale al pensiero di come lui reagirà.

Mi preparo in anticipo nei minimi dettagli, tutto deve essere perfetto, cerco la calma, mi sento bene ora. Noto che Francesco mi guarda più spesso del solito e quando me ne accorgo distoglie lo sguardo e sorride, ma non gli dò importanza, forse è una mia impressione. Per strada ci teniamo la mano, ridiamo, ci sfioriamo spesso, sembra che il tempo non sia passato, ci comportiamo ancora da fidanzati. Qualche coppia più anziana ci guarda scuotendo leggermente la testa ma poi sorride quasi comprendendo la nostra complicità. Il locale è, al tempo stesso, raffinato e semplice, ci aspetta un angolo tutto per noi, “È quello che ci vuole” penso contenta. Un brindisi, la prima portata e ancora non tocco l’argomento, non trovo le parole, si spengono in gola insieme alle poche gocce di vino che ho sorseggiato, non voglio rovinare l’alchimia che si è creata, Francesco non mi toglie gli occhi di dosso, “L’abito ha fatto centro” mi dico. O forse non è per quello, ma sto bene, sono felice.

Poi, Francesco mi invita a ballare. I suoi occhi brillano, io cerco il coraggio: «Sono…».

«Incinta» conclude lui.

«Lo sapevi?» mi scappa da dire a labbra appena schiuse.

«L’ho intuito. Il tuo modo di muoverti, i sorrisi, i gesti frettolosi per nascondere qualcosa…». Lo interrompo, voglio sapere perché non mi ha detto niente, perché mi ha lasciato fare senza farmi domande, ma ora è lui a fermare i miei pensieri. «Ho compreso la tua paura, ho capito che non ti sentivi pronta, sapevo che prima o poi me lo avresti detto. E sapevo che potevo fidarmi di te con tutto il cuore». Non so cosa rispondere, mi ha stupito ancora una volta. «Di quanto sei?» chiede sottovoce.

«Quasi tre mesi» rispondo e lui annuisce in silenzio.

Intanto sono riprese portate e brindisi, ma non è lì che vogliamo restare, non in quel nostro San Valentino.

«Andiamo?».

«Andiamo» fa eco Francesco. Abbracciati torniamo a casa, le sue braccia mi danno sicurezza e calore, tutto quello di cui ho bisogno, il divano ci accoglie con gli abiti eleganti, non mi va di staccarmi dal mio amato vestito e come al solito Francesco se n’è accorto. «Non lo togliere, sei bellissima, poi fra poco non ci starai più» ha ironizzato.

«Fino al prossimo San Valentino!» ho puntualizzato.

Era sapore di famiglia, sapore di ciò che eravamo, sapore di ciò che sarebbe rimasto in qualsiasi modo fossero andate le cose.

Le giornate si sono fatte più calde, un marzo così profumato e fulgido da sentirlo espandersi ovunque. Sono serena al mio sesto mese di gravidanza, il nostro pesciolino si muove tranquillo nella mia pancia tra una merenda di frutta e una passeggiata domenicale sotto la supervisione di un futuro papà affettuoso e divertente. Trepidazione e gioia sono compagne dei nostri giorni, assaporando ogni attimo che si presenta con tutto il cuore.

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Articolo pubblicato su Confidenze n. 6 2023

 

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