Cose che si dicono

Cuore
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Riproponiamo sul blog una delle storie vere più apprezzate del n. 28 di Confidenze

 

È difficile staccarsi dalle persone che hanno voluto bene ai nostri figli. A me è successo con Bettina, l’ex fidanzata di Dario, che era praticamente perfetta per lui. Rivederla è stato come riaprire una ferita aperta. E l’emozione mi ha preso la mano

STORIA VERA DI PAOLA B. RACCOLTA DA ROBERTA GIUDETTI

 

È solo una giornata no. Ho continuato a ripetermelo per ore, molto prima di incontrare Bettina al supermercato. Il caffè d’orzo sapeva di muffa. La lavatrice non aveva fatto la centrifuga. E il frigorifero era vuoto. Per questo, brontolando, sono andata a fare la spesa. Ed è stato proprio lì che ho incontrato Bettina. Quante probabilità c’erano di incontrare la mia ex nuora in quel discount? Molte in verità. Lei abita ancora lì, a dieci minuti da noi. Elisabetta. Sono sempre stata l’unica a chiamarla Bettina. La prima volta che l’ho vista mi era sembrata così minuta, quasi gracile. Col tempo avevo capito quanto invece fosse forte, solida e matura. Non era particolarmente espansiva, ma era molto seria. Ricordo come fosse ieri il giorno in cui Dario ce l’ha presentata. Era la prima ragazza che varcava la soglia di casa nostra e io ero molto emozionata. «Sai mamma, Eli è stupenda». Quando mio figlio parlava di lei, gli brillavano gli occhi. Vedevo che era perdutamente innamorato e questo mi preoccupava. Conoscevo le sue fragilità e i suoi difetti. Sapevo che se aveva deciso di presentarci una ragazza, significava che stava facendo sul serio.

Che per lui sarebbe stato per sempre. Ho pregato che fosse totalmente corrisposto. Nonostante le mie riserve, mi era bastato poco per fidarmi completamente di Bettina. Forse non era la ragazza che avevo desiderato per mio figlio, ma lui l’amava e vedevo come lei lo guardava. Come sopportava le vaghezze e le stramberie di Dario. In pochi mesi mi aveva conquistata. Conoscevo mio figlio e sapevo che non sarebbe stato facile stargli accanto. Era disordinato, inconcludente, un ostinato sognatore con pochissimo senso pratico. Lei era l’esatto opposto. Precisa, motivata, puntava diritto alla meta e non si spostava di un millimetro finché non aveva raggiunto l’obiettivo.

Quanto sarebbe durata fra loro? Contro tutte le mie aspettative, Elisabetta e Dario dopo quattro anni insieme, hanno deciso di andare a convivere. Lo ammetto, avrei preferito si sposassero. So benissimo che oramai le coppie giovani preferiscono un periodo di rodaggio, chiamiamolo così, ma io prevedevo che ci saremmo ritrovati gli occhi addosso di mia madre.

«E quindi, vivranno nel peccato e tu glielo permetterai?» aveva tuonato lei.
«Quanto sei antica! Lo sai come sono i giovani, vogliono fare le cose a modo loro. Si sposeranno, vedrai. È solo una questione di tempo».

Avevo messo a tacere mia madre ma sapevo che non avrebbe dato loro la sua benedizione e non li avrebbe aiutati. Ma Dario e Bettina non hanno chiesto aiuto a nessuno. Hanno trovato un grazioso bilocale in affitto a dieci minuti di strada da noi, lo hanno arredato in modo semplice e lineare e nel giro di poche settimane vi si sono trasferiti. La loro casa era pulita, luminosa, ben organizzata. Dario era sereno e finalmente era riuscito a tenersi un lavoro. In poco tempo era diventato più ordinato. Aveva imparato a usare la lavastoviglie, a cucinare. Era diventato un uomo. A 27 anni era iniziata la loro vita insieme e noi ne eravamo felici. Non erano sposati ma per me Bettina era mia nuora. In cuor mio mi aspettavo anche di diventare presto nonna. Il giovedì e la domenica sera venivano a cena da noi e io preparavo i piatti preferiti di Bettina, non di Dario. Ero felice di farlo. Gli anni passavano e avevamo ormai rinunciato all’idea che si sposassero, quando un giorno Dario mi ha sorpresa mostrandomi un anello.

«Che bello, chissà come sarà felice tua nonna» ho gridato. E poi mi sono lasciata sopraffare dall’idea dei preparativi. Immaginavo già il ristorante, gli inviti, le bomboniere. Poi nulla. Da un giorno all’altro ci siamo ritrovati Dario sulla porta di casa con le sue valigie e lo sguardo perso. «Elisabetta mi ha lasciato». «Cosa le hai fatto?» l’ho aggredito subito.

«Nulla. Le ho dato l’anello e le ho chiesto di sposarmi. Lei è scoppiata in lacrime e mi ha detto che aveva bisogno di pensarci. Si è chiusa in bagno per ore. Quando è uscita mi ha detto che non è più sicura di amarmi. Che è certa che nemmeno io sono più innamorato di lei. Ho fatto le valigie e sono venuto qui».

«Ma come sei tornato qui? E ti arrendi così? Lei sicuramente vuole che le dimostri di amarla. Mica può finire così da un giorno all’altro. Le avrai fatto qualcosa! Ti sta mettendo alla prova. Insomma, in questi anni non hai imparato a conoscerla?». «Proprio perché la conosco so che è finita. Si è innamorata di un altro».

«Te lo ha detto lei?».
«No, ma io sento che è così. Lei non mi guarda più come faceva un tempo. È finita».
Di fronte alle lacrime di mio figlio continuavo a non credere che potesse finire così. Presto tutto si sarebbe aggiustato. Conoscevo Bettina, lei avrebbe fatto passare qualche giorno, poi sarebbe arrivata, avrebbero parlato e tutto si sarebbe risolto.

Invece, non è stato così. Si sono incontrati ancora un paio di volte per sistemare alcuni conti in sospeso e poi basta. Dario ha telefonato ai suoi suoceri per salutarli, lei a noi non ha mandato nemmeno un messaggio su WhatsApp. Dopo otto anni Elisabetta svaniva dalle nostre vite. Ero così delusa e amareggiata che se l’avessi incontrata, l’avrei asfaltata. Ero più arrabbiata io di quanto lo fosse Dario che sembrava essersi rassegnato in fretta. Ho pensato di aspettarla sotto casa, ma poi non l’ho fatto.

E ora, a distanza di mesi, eccola lì. Con l’aria colpevole e lo sguardo sfuggente. «Paola…» ha sussurrato. E io non ho resistito. La mano si è staccata istintivamente dal carrello ed è planata sulla sua guancia. Ho continuato a fissarla in silenzio. Lei ha abbassato lo sguardo e ha iniziato a piangere.

«Dopo tutti questi anni nemmeno una telefonata. Non ti vergogni?» ho attaccato.
«Hai ragione. Non ce l’ho fatta. Sono riuscita ad affrontare Dario e credimi quando ti dico che sono stata veramente male. Ma voi, che mi siete stati sempre vicino, non ce l’ho fatta».

«Hai un altro?» ho chiesto con un filo di voce.
Lei ha smesso di piangere, si è soffiata il naso sotto la mascherina e ha scosso la testa.

«No, Paola. Ma c’è il sogno di qualcun altro».
Eccolo lo schiaffo di risposta al mio, in mezzo al petto. In fondo lo avevo sempre saputo che Bettina era in gamba.
«Dario non voleva davvero sposarmi, credimi. Ha solo capito che fra noi non funzionava più e ha giocato la carta dell’anello. Per un attimo ho anche pensato fosse la soluzione, ma no. Non eravamo più felici insieme. Le persone a volte continuano a volersi bene ma smettono di amarsi».
«Io non posso smettere di volerti bene» ho sussurrato. Ho aperto leggermente le braccia e lei si è avvicinata. L’ho stretta piano. La testa sulla mia spalla, le lacrime sul bavero della mia giacca. «Dire addio a Dario è stato difficile. Ma anche staccarmi da voi. Siete una famiglia meravigliosa e vi voglio bene».
«Non devi dirci addio, ci saremo sempre per te».
Cose che si dicono. Bettina mi ha sorriso con gli occhi tristi. Ero certa che non dubitasse delle mie parole, ma entrambe sapevamo che probabilmente era l’ultima volta che ci abbracciavamo.
È solo una giornata no, ho pensato. Ho fatto la fila alla cassa e sono corsa via. A ogni passo i ricordi mi sono rotolati addosso. Lei era perfetta per Dario.
Il punto è che siamo convinti di volere il bene dei nostri figli, ma non sempre corrisponde a quello che desiderano loro. Ho attraversato il parco.
In quell’istante uno stormo di uccelli si è alzato in volo, in un cielo che sembrava dipinto. Due ragazzi si sono presi per mano a pochi metri da me. Forse il guasto della lavatrice non era così grave. E domani sarebbe stato comunque un giorno nuovo. ●

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