Ero solo la sostituta?

Cuore
Ascolta la storia

È la storia preferita del numero 43 e parla del sentirsi un rimpiazzo in una relazione d'amore

In paese mi chiamavano così, perché avevo preso il posto di Annalisa, la giovane moglie scomparsa di Francesco. E il dubbio di essere un rimpiazzo a un certo punto è venuto anche a me. Tanto che ho preferito scappare. O almeno, ci ho provato

storia vera di Giorgia T. raccolta da Claudia Turchiarulo

 

Io e Francesco ci conoscevamo fin da piccoli, avevamo frequentato la scuola elementare insieme, ma non si può dire che fossimo rimasti particolarmente legati negli anni. Capitava di scambiare due chiacchiere per strada, ma nessuno dei due aveva il numero di telefono dell’altro.In quel momento di profondo turbamento, dopo la morte di sua moglie, però, avevo deciso che avrei provato a stargli vicino, perché non sprofondasse nel baratro. Per diversi mesi, infatti, lui si era chiuso a riccio senza mai uscire da casa, se non per andare al lavoro.

Cominciammo a sentirci in privato tramite la messaggistica dei social network. Ogni mattina gli inviavo una delle mie citazioni preferite, e lui mi scriveva quali sensazioni gli trasmettesse.

Pian piano, il nostro appuntamento virtuale con il buongiorno, divenne un caffè preso al bar, prima di recarci in ufficio.

Mentirei se dicessi che, all’epoca, lo consideravo come un potenziale partner. Per me era semplicemente un amico che stava attraversando un brutto periodo, da non lasciare solo.

Dopo due anni, però, mentre al cinema guardavamo un film romantico, mi sorprese baciandomi. Fu solo nell’istante in cui le sue labbra si unirono vorticosamente alle mie che capii di non volermi separare mai più da quel fremito d’amore.

Quella stessa sera, infatti, ci ritrovammo a casa sua, avvinghiati in un vortice di corpi ed emozioni, mani e parole sussurrate silenziose a orecchie mai stanche di ascoltarle. Dopo aver fatto l’amore, però, mi sembrò che la foto di Annalisa, mai tolta dal suo comodino, mi scrutasse sdegnata, umiliandomi e facendomi capire che non avrei comunque potuto prendere il suo posto.

In paese, i più perfidi presero a chiamarmi “la sostituta”. Coloro che avevano tanto voluto bene a Lisa facevano continue considerazioni su quanto io le assomigliassi fisicamente e sul fatto che Francesco non avesse mai smesso di amarla. Nonostante lui fosse così giovane, per la gente comune avrebbe dovuto restare fedele alla sua compagna ben oltre la morte. Io, invece, avrei fatto bene a stargli alla larga, a non sporcare il ricordo di un sentimento così sacro.

In breve tempo, iniziamo a sentirci accerchiati. Ovunque andassimo, gli occhi e i commenti dei nostri compaesani non ci lasciavano scampo. Lui passava per un povero illuso, io per una manipolatrice senz’anima. Perché il nostro amore non riuscisse a dare al mondo le giuste risposte e spiegazioni non mi fu mai chiaro.

 

Stare accanto a Francesco, però, diventava ogni giorno più difficile. Il dubbio che io fossi solo un chiodo battuto lì, con forza, nel muro del suo cuore, per schiacciare il precedente facendolo, all’apparenza, scomparire, mi logorava.

Se lui era stato così forte e determinato da riuscire a tenere la mano di Annalisa fino all’ultimo respiro, io non ne avevo la forza e decisi di scappare. Avevo già sofferto troppo per amori mal corrisposti e, per una volta, desideravo una storia facile, senza paure e ostacoli. Un rapporto che mi appagasse e mi permettesse di svegliarmi felice al mattino e di portare in giro il mio miglior sorriso.

Lo so che tanta codardia non mi fa onore, ma non ero pronta a sentire addosso il peso del disprezzo o, addirittura, l’odio della gente.

Quel pomeriggio, però, ad attendermi fuori dalla banca dove lavoravo ci fu una sorpresa senza precedenti.

Due musicisti intonavano la mia canzone preferita, un gruppo di amici si barcamenava tra fiori e palloncini. In ginocchio, con un cofanetto in mano, Francesco mi guardava commosso, senza nemmeno riuscire a pronunciare la formula magica che aveva in mente.

Gli dissi di sì, prima che potesse aprire bocca.

«Ma non ti ho chiesto niente» sorrise.

«Non importa, qualunque cosa tu voglia, per me è sì. Perché ti amo e non permetterò più a niente e nessuno di tenermi lontana da te per più di mezz’ora».

Ci sposammo sei mesi dopo, nella chiesa dove avevamo frequentato il catechismo insieme, da piccoli. Don Vito accolse la richiesta di Francesco di utilizzare formule personalizzate, per la nostra promessa: «Io, Francesco, prendo te, Giorgia, come mia sposa. Lo faccio con l’assoluta certezza che tu non sia seconda a nessuno, nel mio cuore e nella mia anima. Perché hai portato la luce nel buio in cui mi ero rintanato e ogni giorno, da allora, mi doni motivi nuovi per essere un uomo completo e felice. Giuro che ti amerò per sempre e che ti proteggerò dai mali di un mondo spesso ingiusto, ma, con te, meraviglioso».

«Io, Giorgia, prendo te, Francesco, come mio sposo, e ti prometto che non sarò mai più lontana, e non mi sentirò fuori posto al tuo fianco. Perché se è vero che un destino esiste, il nostro era quello di dirci eternamente sì, in questa parrocchia che ci ha visti amici da bambini, e oggi amanti inseparabili. Perché chi muove i fili della nostra esistenza ha scelto, per noi, la felicità. Tu, la mia. Io, la tua. Per sempre».

 

Fra qualche giorno io e Francesco festeggeremo il secondo anniversario di matrimonio, dando il biberon a Speranza, la nostra piccola meraviglia con gli occhi smeraldi.

Ancora oggi, capita che per strada mi guardino con sospetto, o che gli amici di Annalisa facciano in modo che lei irrompa nel discorso, in mia presenza.

La verità è che non sono mai stata gelosa di lei, anzi, le sono profondamente grata.

Perché l’uomo meraviglioso che ho accanto è diventato così speciale indubbiamente anche grazie a lei. E io me ne prendo cura in sua memoria, senza pretendere di cancellarla dalla sua mente.

Ogni anno, infatti, il 10 febbraio, anniversario della sua dipartita, le porto una rosa bianca al cimitero e le dedico una preghiera.

Anche Francesco va a trovarla di tanto in tanto, ma non gli ho mai confessato che quel fiore è mio.

Resterà un segreto tra me e lei. Unite da un filo invisibile, ma eterno.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Confidenze