Sono talmente belli che riescono a ingentilire il più scrauso ciglio di una strada dell’hinterland (i papaveri). A rendere speciale un balcone qualsiasi (i gerani). A mettere il buonumore quando li vedi in un prato mescolati tra loro (tutti i fiorellini da campo). Per noi donne, poi, hanno anche un significato mica da ridere.
A boccioli di ogni forma e colore sono dedicati il servizio di moda e le idee per la casa che trovate sul numero di Confidenze in edicola adesso. E proprio parlando di fiori, la memoria corre (anzi, si precipita) al mio grandissimo papà, l’uomo che più me ne ha regalati.
Secondo lui, erano un dono romantico perché, durando pochi giorni, andava rinnovato. E poi perché, mettendoli a posto, chi riceve i fiori non può far altro che pensare a chi li ha comprati. I suoi enormi mazzi (di solito di margherite bianche che io adoro), arrivavano all’improvviso e ovunque. In redazione dopo una bella notizia (seppur non così speciale da meritare un festeggiamento). In albergo se partivo per lavoro. Oppure li teneva in braccio quando mi aspettava in aeroporto. Ovunque andassi, infatti, mi veniva sempre a prendere (ancora oggi quando atterro mi viene spontaneo cercarlo). E la scena era buffa perché tra tanti sconosciuti che tenevano in mano il classico cartello con nome e cognome, c’era un signore (lui) nascosto dai petali come un’aiuola ridondante.
Viziata sotto il profilo floreale, il caso ha voluto che incontrassi un uomo altrettanto attento (ahahahah, chi lo conosce magari stenta a crederlo, ma vi assicuro che è vero!). Le rose del suo giardino compaiono come per magia sulla sella della mia moto dopo un litigio. Delle margheritine di campo sono sul tavolo di casa quando andiamo d’accordo. E se aprite un libro che ho già letto, è facile che dentro ci troviate un (suo) fiore che ho usato per segnare la pagina. E che poi lascio lì, perché se dovesse capitarmi di riprendere in mano il volume, il rametto mi riporterebbe al romantico momento in cui l’ho ricevuto. Carino, no?
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