Grazie alla vita

Cuore
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La storia più apprezzata della settimana è “Grazie alla vita” di Chiara Lavalle, pubblicata sul n. 30. Ve la riproponiamo sul blog

 

Ho avuto una FAMIGLIA meravigliosa e questa CASA in CAMPAGNA dove sono stata FELICE. Ma non posso più abitarci da SOLA e domani dovrò LASCIARLA… Forse

Storia vera di Miriam C. raccolta da Chiara Lavalle

 

Domani lascerò casa mia, non c’è rimedio, è deciso ormai. Mia figlia è stata inflessibile.

«Mamma, non puoi più vivere qui da sola. Vuoi che ti capiti di nuovo quello che ti è già successo?».

No, non lo voglio, è stata un’esperienza terribile. Mi sono svegliata di notte con una forte pressione sul petto. Spaventata, ho provato ad alzarmi, ma le gambe hanno ceduto e sono rimasta stesa sul pavimento fino al mattino, quando, a fatica, ho raggiunto il telefono.

Flavia ha ragione, devo trasferirmi a casa sua per stare tutti più tranquilli. Nessuno capisce però quanto mi costi lasciare il posto dove ho vissuto per quasi sessant’anni.

La mia casa, anzi la casa natale di mio marito Mario, quella che ho sentito mia dalla prima volta che l’ho vista, una villetta semplice, a due piani, con una piccola corte davanti, dove convivevano tranquillamente due gatti, un cane e una decina di galline. Intorno un piccolo borgo dei tempi antichi, poche case vicine l’una all’altra, lungo la strada che sale in collina. Pace e tranquillità. Al mattino il cinguettio degli uccelli e il canto dei galli, poi le voci delle donne che si parlano da una finestra all’altra, il saluto degli uomini che vanno al lavoro e i giochi dei bambini nel cortile. Una piccola comunità che condivide tutto, che ti accompagna nei momenti di gioia e nelle difficoltà, con tante prove di amicizia e qualche piccolo screzio passeggero.

Ho avuto una vita felice, ne ringrazio il cielo, ma gli anni passano e i cambiamenti pesano.

Ad andarsene sono stati i giovani, uno dopo l’altro. Il primo a trovare lavoro, per di più all’estero, è stato il figlio maggiore di Rosa, la vicina che per me è come una sorella. Abbiamo sofferto insieme. Poi è toccato ai due gemelli della cascina grande e così via fino a Flavia, mia figlia.

Lo so, conosco anch’io la bellissima poesia di Khalil Gibran: “I vostri figli non sono figli vostri, sono i figli e le figlie della forza stessa della vita…Voi siete l’arco dal quale, come frecce vive, sono lanciati in avanti…”.

Parole giuste, che condivido in pieno. Però che sofferenza è stata svegliarsi al mattino e sapere che Flavia non è più con noi a fare colazione con la crostata di fichi che le preparavo io, la sua preferita, e restare in attesa di una telefonata che forse arriverà. Destino comune dei genitori, cui bisogna rassegnarsi perché è così che la vita va avanti e ti riserva ancora tante cose belle.

 

E di momenti belli ce ne sono stati tanti. Il matrimonio di Flavia è uno dei ricordi più cari, lo rivivo ogni volta che sfoglio con commozione l’album delle foto. L’abbiamo festeggiato tutti insieme nel nostro borgo con una lunga tavolata che passava da un cortile all’altro. Era sera e i vicini avevano illuminato case e strade con tanti lampioncini, come fosse la festa del patrono. Ricordo che le auto di passaggio si fermavano a chiedere quale ricorrenza si festeggiasse e mio marito invitava tutti a cenare con noi e a ballare al suono dell’orchestra. Mai matrimonio fu più semplice, allegro e  insieme fantastico. Poi sono arrivati i miei nipotini, Luca e Benedetta, il dono più bello che mia figlia potesse farmi. Che gioia e soddisfazione accoglierli nella nostra casa e portarli nel borgo a salutare i vicini. Quante belle tavolate nel cortile, sotto il pergolato, a festeggiare tutti insieme chi tornava a trovarci, nuove famiglie che si formavano, bimbi che crescevano e altri che arrivavano a rallegrarci con i loro sorrisi e le corse nel prato. La felicità è fatta di tante piccole cose, di infiniti particolari che al momento quasi non cogli perché ti sembrano ovvi, naturali, ma che ti restano dentro per sempre.

Insieme purtroppo arrivano anche le sofferenze e la più pesante di tutte è la perdita di una persona cara. Mario mi ha lasciato all’improvviso, nel sonno, senza il minimo preavviso. È stata dura la solitudine, dopo tanti anni in cui noi due avevamo condiviso ogni cosa.
Mi hanno aiutato a superare quel terribile vuoto, l’affetto della mia famiglia, la solidarietà dei vicini e soprattutto i tanti ricordi di una vita trascorsa insieme.

Mi affaccio alla finestra, anche questa giornata sta finendo. È bella l’estate in campagna, il sole che ancora scalda mentre a ovest le nuvole si tingono di rosa al tramonto. L’ora di cena è passata da tempo, ma io non ho mangiato. Ho un grumo dentro che mi impedisce di inghiottire anche un semplice bicchiere d’acqua. Rosa ha insistito perché cenassi da lei, ma non ce l’ho fatta. Come avrei potuto reggere per tutta la sera il suo sguardo avvilito che si rispecchia nel mio?

«Tornerò presto a trovarti» le ho promesso, «e ci faremo le nostre belle chiacchierate, come sempre».

Lei ha annuito ma i nostri occhi raccontavano un’altra storia. Niente sarà più come prima, lo sappiamo.

Un movimento richiama la mia attenzione. Susi, la mia gatta si sta strusciando sulle mie gambe.

 

Oggi non mi ha lasciata un attimo, deve aver capito che qualcosa non va. Non la porterò con me. I gatti sono attaccati alla casa in cui vivono, come potrei farle questo torto? Non posso costringerla a sopravvivere chiusa in un appartamento in città. Sarà Rosa a occuparsi di lei, felice di farlo. E io invece, come farò? Basta con le commiserazioni, devo solo dire grazie per ciò che ho avuto e per avere una famiglia che continuerà a occuparsi di me.

Sto per chiudere la finestra quando il rumore di un motore mi blocca. È Benedetta, mia nipote. Già qui: non avevamo detto domani? Contavo su una notte da trascorrere ancora nella mia vecchia camera matrimoniale.

Mi affaccio alla finestra. «Ti aspettavo domani» le dico.

«Nonna, cambio di programma. Ho pensato di trasferirmi io da te, se sei d’accordo» risponde.

Mi manca il respiro per la sorpresa. «Ma Benedetta, i tuoi studi?».

«Le lezioni sono finite e gli esami posso prepararli benissimo qui» ribatte lei sicura.

Mi scappa un sorriso. Conosco la determinazione di mia nipote. In fondo mi assomiglia. La abbraccio. Chissà che dirà Rosa domani! «Tante storie e sei ancora qui. Allora era tutta una finta!». Ma lo sguardo smentirà il tono scherzoso e burbero delle parole. Mi aspetta un’altra bella estate, voglio godermela. Quando sarà autunno, si vedrà.

 

 

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