I tortellini di Natale

Cuore
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“I tortellini di Natale” è una delle storie vere più apprezzate del n. 2. Ve la riproponiamo sul blog

 

È l’appuntamento fisso di mia madre: a 80 anni si aspetta che l’aiuti a stendere la sfoglia. Io non ne ho nessuna voglia e mi ritrovo stretta tra sensi di colpa e desiderio di vivere il mio relax in libertà

STORIA VERA DI BRUNA S. RACCOLTA DA GIOVANNA FUMAGALLI

 

«E tu cosa le hai risposto?».

«La verità. Che avrei fatto una passeggiata con il cane prima di pensare alla cena. È stato in quel momento che mi ha guardata malissimo».
«Non ci posso credere».
«Io avrei mentito spudoratamente».

Sembra una conversazione tra amiche adolescenti esasperate dalle loro madri? In verità è così, con l’unica differenza che le amiche sono alla soglia dei 60 anni e le loro mamme hanno passato gli 80 da un pezzo.

Sono molti anni che io e le mie amiche abbiamo questa bella consuetudine di trovarci tutte le settimane per fare colazione insieme. Nel tempo gli argomenti di conversazione sono stati i più svariati. All’inizio parlavamo tanto di mariti, della fatica di imparare a vivere insieme a una persona, accettarla per quello che è sforzandoci di non cambiarla. Poi sono arrivati i gli, quanto tempo speso a confrontarci su come crescerli!

Ma gli anni sono volati via e l’argomento principale delle nostre conversazioni oggi si è decisamente spostato sui nostri anziani genitori che da aiutanti si sono trasformati in bisognosi di sostegno. Io ho perso il papà da molti anni, sono glia unica, voglio bene a mia mamma ma il rapporto con lei non è mai stato facile. Ama la sua indipendenza e ancora adesso che ha 88 anni, vive sola, cucina da sé, guarda la tivù e se riesce lavora pure un po’ a maglia, però mi vuole costantemente nella sua vita.

Insieme facciamo la spesa, andiamo a messa e al cimitero, insomma ci sono.

Il problema è quando non ci sono. Nonostante la veda tutti i giorni, se tardo anche 10 minuti mi chiede dove sono stata. Se le dico che devo scappare perché ho un impegno mi domanda quale sia, salvo poi criticarlo aspramente. Per lei le priorità dovrebbero essere quelle di accudirla, di badare alla mia famiglia e di tenere pulita la casa.

Tutto il resto è tempo sprecato.
Ora, io capisco che l’amore per una madre arriva da lontano, ha radici profonde e non finisce mai, ma certi giorni i nostri genitori hanno la capacità di consumarlo tutto questo amore, di prosciugarlo proprio e quando arriva la sera ci si sente svuotate e vergognose di considerarli un peso che pesante non dovrebbe essere.
Io mi lamento con mio marito, possibile che dopo una vita di lavoro, gli, casa, adesso anziché respirare devo impiegare tutte le mie energie per accontentare mia madre?
Ma lui fa parte di quella categoria di gli che i genitori li ha perduti e li rimpiange.
Come Caterina, una delle mie amiche che ha perso la mamma in giovane età e non riesce a fare pace con questa cosa.
«Tu non puoi capire» mi racconta «quando penso che lei non ha visto mia glia crescere, non era presente alle sue nozze e alla nascita del suo bambino mi sembra di perdere la testa, proprio non lo accetto».

I gli sono così, vivono di rimorsi e sensi di colpa verso i genitori.
L’amore si mescola con l’esasperazione e dall’impasto salta fuori tutta la nostra fragilità con la quale siamo costretti a confrontarci ogni giorno. «Io invece mio papà lo devo rincorrere» esordisce Gloria. «Cellulare spento, non dice dove va, quando lo chiamo non risponde, è un testone che non vuole dipendere da nessuno».
Insomma non siamo mai contente.
E stamattina siamo qui a parlare del pranzo di Natale. Cosa darei per poterlo saltare e partire con mio marito. I gli sono lontani e non ho minima- mente voglia di sgobbare, quando invece so con certezza che lei presto comincerà a dirmi che ci sono i tortellini da preparare.
È da quando sono al mondo che ne prepara quintali che regolarmente finiscono in freezer. Io li detesto e non mi va di sacri care in questo modo i giorni antecedenti al Natale.
«Dovresti mentire».

«Cosa intendi Anna?» chiedo io.
«Io faccio così. Voglio bene a mia mamma, per lei ci sono anche n troppo, ma quando torno a casa mi riprendo la mia vita. Ogni volta che la vedo mi dice: “Scappi già? Cos’hai da fare?”. E io le rispondo che ho da stirare e preparare la cena. Se le dicessi che ho il corso di yoga, o che mi fermo a bere un caffè con le amiche, sarebbe capace di tenermi il muso per due giorni. In fondo sono bugie che servono a far star bene entrambe». «Non so se riuscirò a trovare il coraggio» le rispondo sinceramente.
«Bruna, certe volte ci ostiniamo a raccontare la verità a chi invece non la vuole conoscere. Se a Natale vuoi andare via con tuo marito, inventati qualcosa, dille che devi andare da tuo figlio a Londra che ha l’influenza. Di solito davanti ai malanni dei nipoti, nessun nonno resiste».

Quando ho salutato le mie amiche, sono andata a prendere mia madre, l’ho accompagnata al cimitero e poi abbiamo fatto la spesa insieme.

Stavamo rientrando a casa, quando ci ha fermato un anziano vicino per salutarla. Le ho chiesto perché non invita mai Piero a bere un caffè e lei mi ha risposto che non ha voglia di parlare con un anziano come lei e poi ha aggiunto: «Io vorrei solo che mia glia mi dedicasse un po’ più di tempo, anziché fare il volontariato. A proposito quando iniziamo a preparare i tortellini?».

Un po’ irritata ho ribattuto che lei ce l’ha una glia che si prende cura di lei. Naturalmente si è offesa e io ho fatto ritorno a casa rimproverandomi di non aver tenuto a freno la lingua.

Al rientro, mi sfogo con mio marito. Lui mi lascia parlare, poi vedo che si dirige verso l’albero di Natale e prende uno dei pacchetti già incartati. «E questo cosa sarebbe?».
«Un regalo non lo vedi? Volevo dartelo a Natale, ma qualcosa mi dice che ti farebbe bene riceverlo ora» sorride.

L’ho aperto e ho trovato un libro: Rimango qui ancora un po’. I protagonisti sono grandi vecchi ancora incredibilmente attivi, che raccontano quanto siano felici di avere raggiunto la “quinta età” e poter godere di ogni singolo giorno, racconta l’introduzione.

Chissà se io ci arriverò mai, mi chiedo.
“Questi nostri genitori, che sono sopravvissuti a tante privazioni, e oggi mangiano cibi già pronti, lodano il microonde, l’asciugatrice e si cimentano persino con il computer, sono nati in un periodo della storia in cui si mettevano scarpe se non si era troppo poveri. Alla ne, hanno anche loro paura di morire, perché non sta scritto da nessuna parte che più ti avvicini alla morte e meno ti fa paura, ma soprattutto desiderano vivere no all’ultimo giorno senza sprecarne nemmeno uno, come non si spreca il cibo e non si butta via quel che funziona ancora”.

Chiudo il libro, ho le lacrime agli occhi. Mio marito mi chiede se è così commovente.

La verità è che non guardo mai mia mamma per la persona che è, una donna che ha ancora tanta voglia di vivere, ma deve fare i conti con i suoi limiti e si aspetta che io le sia accanto per renderle più semplice il cammino, come lei ha fatto con me, d’altro canto. Forse più che sopportare i nostri genitori, dovremmo supportarli, regalare loro giorni buoni, offrendo leggerezza e sorrisi. E comunque, i tortellini li farò anche questa volta. ●

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