Le ceneri di un amore

Cuore
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Sulla pagina Facebook continua l’iniziativa Vota la tua storia preferita. Questa settimana, la più apprezzata dalle lettrici è “Le ceneri di un amore” di Mariella Loi. Ve la riproponiamo sul blog

 

Perché non ho lasciato Tommaso quando ho capito che mi tradiva? La verità è che non volevo vedere la realtà e ho continuato a sperare che un figlio potesse farci rinascere come coppia. Ora so che ho sbagliato. Ma spero che la vita mi offra una seconda possibilità

Storia vera di Silvia C. raccolta da Mariella Loi

 

È un gioco che facevo sempre da bambina, quando qualcuno mi faceva del male: scrivevo il suo nome su un foglio di carta, una, dieci, cento volte, fino a ricoprirne per intero la superficie e poi quando avevo finito di scrivere, strappavo il foglio in mille pezzi. Oggi lo sto facendo di nuovo e questa volta il nome che scrivo è quello di Tommaso, il mio ex marito. 

Fra meno di un mese è Natale, e forse è proprio questo a rendermi malinconica e rabbiosa nello stesso tempo. Malinconica perché le feste mi suscitano dolorosamente il ricordo di quello che ho perduto. Rabbiosa perché ancora oggi la ritengo un’ingiustizia immeritata.

Quest’anno poi, per la prima volta, non ci sarà mia madre e questo dolore, che si somma agli altri pregressi, mi rende il tutto meno sopportabile.

Ma cominciamo dall’inizio, perché altrimenti rischio di divagare e perdermi nelle considerazioni personali, mentre è meglio che a parlare siano i fatti.

Tommaso per me è stato il grande amore, ho capito fin da subito che con lui sarebbe stato diverso rispetto alle altre storie che avevo avuto. Avevamo 33 anni quando ci siamo conosciuti e fino ad allora non avevo provato per nessuno un’attrazione tanto forte. Dei primi tempi insieme ricordo tutto, con dovizia di dettagli, che a ripensarci oggi sono diventati un tormento.

Il primo incontro a una cena, alla quale neanche volevo andare, le lunghe telefonate dei giorni successivi e poi il nostro primo vero appuntamento. Ci siamo baciati sotto casa per ore, facendo l’alba incuranti del tempo, abbracciati stretti nell’abitacolo della sua macchina.

I giorni successivi mi chiedevo incredula se fosse tutto vero, tanto mi sembrava perfetto ma si sa che l’amore rende ciechi o perlomeno questo è quello che è accaduto a me.

Dopo soli tre mesi io e Tommaso vivevamo insieme e l’anno successivo ci siamo sposati.

All’epoca lavoravo già da diversi anni come impiegata in una ditta di import-export, Tommaso invece non aveva un lavoro fisso e si barcamenava tra mille collaborazioni.

Dopo un paio d’anni, quando io cominciavo ad avvertire il desiderio di allargare la famiglia, mi disse che voleva riprendere gli studi universitari e io ne fui contenta, perché pensavo che conseguire la laurea gli avrebbe consentito di aspirare a un lavoro migliore. Quello che non mi rivelò subito è che per ultimare il suo percorso di studi, intendeva lasciare il lavoro che nel frattempo aveva trovato. Io con lui ero sempre molto accondiscendente e anche in quell’occasione, benché non fossi totalmente d’accordo, non sollevai obiezioni. Con il mio stipendio ce la cavammo abbastanza bene ma per diversi anni fui io sola a provvedere a tutte le spese. Tommaso dopo la laurea in ingegneria, aveva trovato un ottimo posto di lavoro e nel giro di qualche anno, il nostro tenore di vita migliorò nettamente. Cambiammo casa, cominciammo a viaggiare e anche i fine settimana eravamo sempre in giro. Quando cominciammo a cercare un figlio, avevo appena compiuto 42 anni e dopo qualche mese di attese deluse, ci rivolgemmo a un centro specializzato. Le analisi alle quali ci sottoposero misero in evidenza che entrambi avevamo qualche problema a concepire, ma l’ostacolo più grosso veniva da Tommaso. Sia pure con poche speranze ci sottoponemmo a due tentativi di fecondazione artificiale, ma in entrambi i casi non ottenemmo il risultato sperato.

Di quell’attesa delusa risentimmo entrambi moltissimo, in modo diverso: mentre io avevo cominciato un percorso psicologico che mi aiutasse a superare quel momento, Tommaso era molto concentrato su se stesso. Aveva iniziato a frequentare un club sportivo, cambiato macchina e spendeva molto in acquisti voluttuari. All’inizio pensavo che fosse un modo per gratificarsi e un po’ anche lo giustificavo. Per lui, cresciuto in una famiglia numerosa, di quelle tradizionali, dove si fanno tanti bambini, non era facile accettare una diagnosi di sterilità. Men che meno era pensabile dire ai suoi familiari che era lui a non poter procreare. Peraltro i suoi parenti, che ogni volta che andavamo a trovarli ci chiedevano cosa stavamo aspettando ad avere dei figli, rendevano tutto ancora più penoso.

 

 

 

Così, per metterli a tacere una volta per tutte, lui a mia insaputa pensò bene di dire la verità, quella che gli faceva comodo, che di figli non potevamo averne, solo aggiunse che quella sterile ero io. Le persone inopportune non sanno mai tenere la bocca chiusa, così lo venni a sapere poco tempo dopo, per bocca di una sua cugina che si era sentita in dovere di consolarmi per quella “disgrazia”. Usò proprio quel termine, disgrazia. Ora, in circostanze simili, qualunque altra donna avrebbe scatenato un finimondo, per più motivi. Invece io, anche in quell’occasione cercai di capire mio marito, arrivando persino a giustificarlo. La sua famiglia era composta per la maggior parte da persone poco acculturate e anche quelli più di buon senso erano schiavi di una mentalità che non li lasciava vedere oltre il loro naso. Così mi disse Tommaso nello spiegare le ragioni del suo gesto, aggiungendo che a dire la verità, qualcuno avrebbe potuto credere che era impotente o peggio. Per fortuna non li vedevamo spesso e così anche le loro litanie di compatimento non dovetti sorbirmele più di un paio di volte l’anno. Avevamo da poco festeggiato il decimo anniversario di matrimonio quando per la prima volta ebbi il sentore di un tradimento. Apparentemente le cose tra me e Tommaso andavano abbastanza bene ma chi è stato tradito sa perfettamente di quali sensazioni sto parlando. Piccoli dettagli, particolari impercettibili, apparentemente senza importanza, che aprono però delle crepe destinate a diventare sempre più grandi. Ci volle del tempo prima che imparassi a dare voce ai miei timori, smettendo di volgere lo sguardo altrove, per non vedere ciò che poteva ferirmi. E dire che di elementi ne avevo raccolti a sufficienza, solo che la mente umana è capace di raccontarsi le più grandi fandonie, pur di proteggersi dal dolore.

Come quella volta che eravamo in Africa per un safari fotografico e me la fece proprio sotto il naso, anche se della sua tresca dovevano essersi accorti tutti, a giudicare da alcune frasi di un compagno di viaggio, di cui allora non colsi il senso. E poi c’erano gli spostamenti di lavoro, sempre più numerosi che a volte non risparmiavano neppure i fine settimana. Con tutto ciò, c’è voluto l’estratto conto della sua carta di credito per vedere chiaramente quello che era sotto gli occhi di tutti. Ristoranti, hotel, spese in negozi di biancheria intima e persino il conto salatissimo di una gioielleria del centro. Per un regalo di Natale certamente, visto che l’acquisto era stato effettuato il 23 dicembre, lo stesso giorno in cui a me aveva comprato un profumo.

All’inizio stetti zitta, pensai che si trattasse solo di un momento di crisi ed ero convinta che facendo finta di niente, tutto si sarebbe risolto in una bolla di sapone.

Niente di più sbagliato. L’impunità rende temerari e in questo Tommaso non faceva eccezione. Negli anni successivi i tradimenti si susseguirono a ritmo ravvicinato, finché incontrò una donna con la quale iniziò una vera e propria relazione. Fu solo allora che mi decisi a parlare, perché mentre gli altri tradimenti si erano consumati in modo tutto sommato discreto, una relazione fissa era una bomba che presto o tardi ci sarebbe scoppiata tra le mani. Ma c’era un’altra ragione per la quale fino a quel momento avevo sopportato tutto in silenzio. Io volevo un figlio, lo volevo ostinatamente, contro ogni logica, e se non era arrivato per vie naturali, avremmo sempre potuto adottarlo. Questo era il discorso che avevo fatto a Tommaso dopo la diagnosi di sterilità, e lui dopo qualche titubanza iniziale, era stato d’accordo con me.

 

 

 

All’epoca in cui avevamo avviato le pratiche, non sapevo ancora che Tommaso mi tradisse ma poi quando lo avevo scoperto, il timore che lui potesse lasciarmi per un’altra donna si era sommato a quello di vedere sfumata la possibilità di adottare. Un marito mi serviva, altrimenti la legge non mi avrebbe permesso di accogliere un bambino. E poi, dentro di me era forte la convinzione che un figlio avrebbe potuto sanare le cose tra noi. Che mi sbagliassi di grosso è evidente, quanto grossolano è il nostro errore, lo scopriamo solo nel tempo. Tommaso, messo di fronte all’evidenza, non negò la sua relazione né quelle passate, anzi mi sembrò addirittura sollevato di non doversi più preoccupare di trovare alibi e coperture per le sue scappatelle.

Il nostro rapporto, se possibile, uscì da quel confronto migliorato, tanto che per un periodo mi illusi che le cose stessero riprendendo il giusto corso. Ma si sa che anche le amanti hanno le loro esigenze e quella di Tommaso non ne faceva mistero, dimostrandosi in questo molto più decisa di me.

Lei di nascondersi non ne voleva proprio sapere, voleva stare con lui alla luce del sole. Per questo lo stressava oltremodo, probabilmente aveva anche saputo della procedura di adozione in corso e questo le metteva addosso una gran fretta. Un uomo che non si separa quando non ci sono dei figli, difficilmente riuscirà a farlo dopo. Era una corsa contro il tempo la nostra, per motivi diversi, con obiettivi quanto mai in antitesi, perché la vittoria dell’una non poteva che tradursi nella sconfitta dell’altra. A questo eravamo arrivati, dell’amore per mio marito dentro di me non era rimasto più niente, se non un sentimento di nostalgia per la passione dei primi anni, ma anche il ricordo nel tempo era sbiadito. Adesso l’unica cosa che volevo da lui era che restasse, se non per sempre, per il tempo necessario per avere un figlio in adozione. Per ripagarmi in questo modo di ciò che avevo fatto per lui nel passato, quando lo avevo sostenuto economicamente, prima che la sua carriera  spiccasse il volo.

Andò a finire male, come sempre in questi casi, anche peggio di quello che avrei potuto prevedere. Capita, quando si sposa un uomo debole di carattere, di scoprire troppo tardi quanto il bisogno dell’approvazione altrui possa rendere abietti. E Tommaso aveva bisogno dell’approvazione di molti, se non di tutti. Della sua famiglia in primis, a cominciare da suo padre, che senza troppi complimenti, gli aveva chiesto cosa se la tenesse a fare una donna che manco un figlio era stata capace di dargli. Che a pensarci bene, il nostro era solo un matrimonio civile e quindi anche a romperlo, mica era come infrangere un sacramento. Un peccato veniale insomma, roba di poco conto.

Poi c’erano le pretese dell’amante che gli chiedeva continue prove d’amore. La più importante era quella di vivere insieme, nel tempo ce ne sarebbero state altre, di carattere economico e poco importa se per soddisfare le richieste di lei, era a me che lui doveva sottrarre qualcosa.

L’adozione non è mai andata in porto. Quando è arrivata la comunicazione che c’era un bambino che faceva al caso nostro, Tommaso se n’è andato. Ha fatto le valigie in meno di due ore, in un piovoso pomeriggio di novembre, in cui ho visto la mia vita infrangersi in mille schegge di cristallo.

Difficile spiegare cosa ho provato dopo. Incredulità, rabbia, a tratti un odio feroce per lui, per la sua amante, ma anche per me stessa. Poi siccome i guai non vengono mai da soli, sono arrivate le diatribe legali e a partire da quel momento mi sono dovuta preoccupare di difendere i miei diritti con le unghie e con i denti. Che errore avevo fatto a non tutelarmi sul piano economico, quando era ancora possibile!

Ne sono uscita con le ossa rotte e i nervi a pezzi e che l’onestà non paga, l’ho capito quando mi sono ritrovata con il portafoglio vuoto. Persino il conto cointestato è stato capace di svuotare quel disgraziato, senza tener conto che la maggior parte dei proventi erano legati alla vendita di una casa che mi avevano lasciato i miei e ho dovuto versargli anche la metà del valore di un bene che avevo acquistato da sola, perché essendo in comunione dei beni, formalmente anche quello apparteneva a entrambi.

 

 

 

Siamo stati in ballo con avvocati e tribunale per tre anni. Alla fine, quando ho capito che non c’era niente da fare, ho mollato la presa e gli ho dato quello che voleva. Che si prendesse pure tutto, purché sparisse per sempre dalla mia vita. Il giorno in cui è stata emessa la sentenza di divorzio, mi sono sentita liberata di un peso, una zavorra inutile che non vedevo l’ora di levarmi di dosso. C’erano tutti e due quel giorno in tribunale, lui tutto impettito, con il nodo della cravatta troppo stretto, lei in cappotto nero con un collo di pelliccia da zarina. Se ne sono andati sottobraccio, un’immagine patetica che mi è tornata in mente spesso negli anni. Avevo accanto mia madre quel giorno, era venuta con me per farmi coraggio e ha anche insistito per andare al ristorante a festeggiare, dopo.

Sono passati molti anni da allora, eppure la mia rabbia ancora non si è placata.

Sarà perché non ho più avuto una vera relazione, o perché con la morte di mia madre è scomparsa l’ultima traccia della mia famiglia. O forse perché adesso che ho una certa età mi trovo spesso a chiedermi, senza un figlio, cosa resterà di me in questo mondo. Avessi avuto dei nipoti, forse sarebbe stato diverso. Ma non ho fratelli e nemmeno nipoti e quelli che avevo dalla parte del mio ex marito non li ho più rivisti.

Tommaso invece, una vita se l’è rifatta e pare che abbia avuto pure un figlio. Certo per averlo, sono dovuti andare all’estero e ricorrere al seme di un donatore, ma questi sono dettagli e la cosa importante è che nessuno lo sappia.

Perché per alcuni ciò che conta è l’apparenza e adesso la famiglia di Tommaso non avrà più nulla da ridire, sul fatto che lui è un vero uomo.

E io? Spero che la vita possa offrirmi, presto o tardi, un’altra occasione di amare. Sono sicura che stavolta potrei coglierla.

 

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