Le crisi sono bombe (a volte) innocue

Cuore
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Le cose brutte mi mandano nel panico. Ma la vita mi ha insegnato che le crisi (per fortuna) spesso si superano più facilmente di quanto si creda

“Probabilmente hai vissuto in passato esperienze difficili e hai imparato a cavartela nella vita” è il responso che mi ha appioppato il test Come affronti i momenti di crisi? pubblicato su Confidenze di questa settimana.

In teoria dovrei andarne fiera, perché prosegue con altre lusinghe del tipo “non chiedi a te stessa cose impossibili” oppure “sei consapevole che il segreto sta anche nell’imparare a tollerare le frustrazioni”. Se poi considerate che conclude il mio profilo con un meraviglioso “vai avanti così, perché la via che segui è quella giusta”, mi penserete davanti a un calice di champagne, pronta a brindare al mio invidiabile equilibrio psicologico e alla mia forza d’animo anche nei momenti peggiori.

Ebbene, le cose (purtroppo) non stanno proprio così. Gli stati di crisi mi mandano in sbattone totale e le frustrazioni le gestisco malissimo. Forse è vero, però, “che non chiedo a me stessa l’impossibile”. Negli anni, infatti, ho capito che nella vita ci sono eventi che non si possono controllare e che quindi è inutile ergersi ad artefici del proprio destino. Così, quando capitano le cose brutte (ma quelle veramente brutte, intendo) ormai so che bisogna accettarle. O per lo meno prenderne atto e ripartire da lì.

Paradossalmente, allora, le crisi a cui faccio fronte con maggiore fatica sono le più stupide, cioè quelle che potrebbero al massimo rovinarmi la giornata, ma che io accolgo come bombe. Andando, appunto, in totale sbattone. Ma anche (come sostiene il test) riprendendomi abbastanza in fretta.

Morale, i miei atteggiamenti davanti a problemi, ostacoli e intoppi seguono una sceneggiatura di questo tipo.

Scena 1. Mi rendo conto della situazione e piango come una fontana (a volte urlo anche come un coyote e dalla mia bocca esce l’irripetibile).

Scena 2. Con gli occhi gonfi come krapfen inizio a telefonare alle amiche del cuore e racconto i fatti snocciolando i minimi dettagli come se mi stesse interrogando la Stasi.

Scena 3. Forte del loro conforto (puntuale ogni volta) riprendo una minima di lucidità.

Scena 4. Tento di auto convincermi che la vicenda avrebbe potuto essere ben più grave. E visto che per il tragico ho una fantasia illimitata, il dramma che mi attanaglia si riduce presto a una noiosa scocciatura.

Scena 5 (quella clou che, come in ogni copione di rispetto, richiede grande concentrazione). Penso intensamente al fatto che con il tempo gli avvenimenti si sgonfieranno e che ricordandoli potrei addirittura riderci sopra.

Pur impegnativa, quest’ultima esecuzione è quella che può spianare la strada verso l’happy end e portare un Oscar al film della vita. La prova? Se rivango molte vicende del passato, mi rendo conto che sono stata da cani inutilmente: molte bombe, infatti, si sono disinnescate da sole.

Confidenze