Matrimonio bianco

Cuore
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La storia più votata dalle lettrici per il numero 36 parla di quando nella coppia finisce l'attrazione

Cos’è successo a me e a Sergio? È più di un anno che non facciamo l’amore, ma solo oggi quando gliel’ho rinfacciato ho capito una cosa: che non voglio perderlo. Lo amo e non mi arrenderò

 

storia vera di Giorgia D. raccolta da Giovanna Sica

«Lo sai che giorno è oggi?».

«No, non lo so».

«Oggi è un anno preciso che non facciamo più l’amore».

«Ricordi tu la data, te lo sei appuntato nell’agenda del cellulare? Stamattina ti è arrivata la notifica, che titolo hai dato all’evento? Dimmi, sono curioso…».

«Non sei divertente. Ieri era l’anniversario di matrimonio della mia amica Clara; l’anno scorso eravamo alla cerimonia. Ci divertimmo molto, lasciammo Alessandro a casa con la babysitter. Quando tornammo eravamo un po’ su di giri e facemmo l’amore appassionatamente. Da allora non l’abbiamo più fatto».

«Ricordo bene anch’io il ricevimento di Clara e ancora di più il dopo. Però ti sbagli: oggi non è un anno che non facciamo più l’amore, oggi è un anno che tu hai deciso che io e te non l’avremmo più fatto. Devo dirtelo io come e perché il nostro è diventato un matrimonio bianco?».

Tutto è cominciato il giorno di Santa Rita dell’anno scorso, il 22 maggio 2022, una settimana dopo il matrimonio della mia amica Clara. A mio figlio Alessandro venne la febbre, già prima di fare il tampone sentivo che si trattava di Covid. Io e mio marito l’avevamo avuto ed eravamo stati attentissimi a proteggere lui, ma poi Alessandro era andato a giocare a casa di un suo compagno di scuola che, il giorno dopo, era risultato positivo al Coronavirus.

Al netto della febbre, che nei primi tre giorni risaliva puntuale, mio figlio stava abbastanza bene. Spossato, non aveva voglia di mangiare, ma niente di grave. Per stare più tranquilla, lo misi a letto con me, non me ne importava niente del rischio di riprendermi il Covid. Comunque l’avevo avuto da poco, mi sentivo immune, il mio bambino aveva una brutta tosse che non lo faceva dormire e io volevo stargli vicino giorno e notte. La tosse gli durò quasi un mese, lui continuava a stare nel lettone e Sergio, mio marito, nella cameretta. Quando Alessandro guarì del tutto, né io né Sergio dicemmo la frase che andava proclamata con fermezza: “Figlio adorato, adesso te ne torni nel tuo letto”. Appena cominciò luglio, io e Alessandro ci trasferimmo alla casa al mare dei miei genitori, continuando a dormire assieme in un altro lettone. Mio marito rimase in città a lavorare, ci raggiungeva solo nei fine settimana, e di notte si sistemava sul divano in cucina.

Avevamo trovato un altro spazio tutto nostro dove continuare a fare l’amore? Proprio no. Avevamo smesso di essere marito e moglie, un uomo e una donna che si raccontano quello che gli succede, che condividono delle passioni. Che si baciano, si toccano, si scambiano la pelle.

Avevamo messo fra di noi nostro figlio di sei anni. Io, ogni tanto, ci pensavo, convenivo che non era affatto bella, la nostra situazione, ma, se devo essere sincera, mio marito non mi mancava più di tanto, e nemmeno il sesso. Mi dicevo: “È solo un momento di stanchezza, poi torneremo a farlo” e procrastinavo, anche perché litigavamo su tutto, non ci incontravamo più da nessuna parte, mica solo nel letto. Sono passati così l’estate, l’autunno, l’inverno, ed eccoci di nuovo a maggio, in primavera inoltrata, a un passo dall’estate, e nostro figlio è ancora nel lettone. Io e mio marito non siamo più una coppia, siamo solo i genitori di Alessandro.

Mi sono avvinghiata al mio bambino, al suo odore di buono, di meraviglia, di vita che ancora deve cominciare. Mi sono saziata delle sue coccole, dei suoi baci impasticciati di caramella alla fragola. Ho lasciato che Sergio scivolasse via dal letto, dal cuore, dai miei pensieri e stamattina è come se me ne accorgessi all’improvviso. Come se non me ne fossi resa conto quest’anno, giorno dopo giorno, che mentre le stagioni cambiavano la faccia del mondo, io e mio marito stavamo cambiando la faccia del nostro matrimonio.

È proprio vero che vediamo solo quello che vogliamo vedere: io non ho voluto rendermi conto della piega che aveva preso il nostro rapporto. Non ho voluto sentire il cellulare di Sergio che trillava a mezzanotte dalla cameretta di Alessandro. Ho ignorato l’odore di altre donne sui suoi panni. Ho deciso, ostinatamente, di far finta di non accorgermi che lui trovasse calore in altri abbracci. Altri corpi.

Stamattina, quando ho affrontato per la prima volta la situazione, o forse dovrei dire che ho getato un sasso nel pantano in cui siamo finiti, ho scorto un lampo di rabbia nei suoi occhi verdi. E se mio marito è arrabbiato con me vuol dire che mi ritene responsabile per come sta andando fra di noi. Vuol dire che non ha trovato felicità altrove. Che non mi ha estromessa dal suo cuore, non ancora, almeno.

Lo guardo e mi sento male: è colpa mia se siamo arrivati a questo punto. Eppure, Sergio mi manca. Mi mancano i suoi baci, le sue carezze. Il suo petto nudo contro il mio. La complicità che c’è sempre stata tra noi. Mi avvicino e lo abbraccio, affondo la testa nell’incavo della sua spalla. Poi cerco la sua bocca. Lui chiude gli occhi e ricambia il mio bacio. Gli sbottono la camicia, lui in un solo colpo mi solleva maglietta e reggiseno. Sento un grande caldo fra di noi.

Sento che ci desideriamo ancora, mentre facciamo l’amore. Una parte di me non riesce a non pensare a lui che mi tradisce con altre donne, ma scaccio via il pensiero come si fa con una mosca che ti ronza nelle orecchie.

Non si può stare insieme senza intimità, almeno alla nostra età. E se fra di noi è venuta a mancare è soprattutto colpa mia, adesso non posso fare l’offesa perché lui mi ha tradita… Che poi, si può davvero parlare di tradimento, visto che io avevo smesso di essere sua moglie?

Non voglio perdere mio marito. Lo amo. Voglio stare con lui. Voglio tornare a dormire abbracciata a lui, subito, adesso, prima che sia troppo tardi.

Ma come ho fatto a far passare un anno così? Un anno senza questo calore, questa fusione che ci fa sentire dalla stessa parte, una cosa sola, invincibili?

Non lo so, non mi capacito, non so darmi una risposta. So soltanto che la vita è complicata, frenetica. E che a volte entri in un vortice da cui è difficile uscire. Il lavoro, la spesa, la casa, la scuola, i compiti, il pediatra, la prevenzione, i genitori, la palestra.

Già, la palestra! Siamo o non siamo dei grandissimi stupidi?

Troviamo il tempo per andare in palestra e non per fare l’amore: se ci penso, è incredibile. E su che cosa si dovrebbe reggere un matrimonio, se non sullo scambiarsi amore? Sul mutuo sulla casa? Sulla lista delle cose da fare?

«Giorgia, è bello ritrovarti, mi sei mancata tantissimo» dice Sergio.

«Anche tu mi mancavi, adesso lo so. Perdonami».

«Sono io che devo chiederti perdono. Giorgia io…».

Gli metto l’indice della mano destra sulla bocca e lo guardo fisso negli occhi, lui non distoglie lo sguardo. I suoi occhi si fanno liquidi, cade una lacrima a cui io non permetto di bagnargli il viso: la raccolgo con la mia bocca. È amara, come la confessione che gli impedisco di rendermi. Come la consapevolezza di avere rischiato di perderci. Poi però sorrido.

Faccio una carezza a mio marito col dorso di quella stessa mano che gli ha vietato di parlare e gli sorrido. Mi sorride anche lui, ci siamo detti tutto, anche senza parole.

Ci siamo perdonati a vicenda, adesso possiamo ripartire da dove c’eravamo persi. Possiamo ridipingere con nuovi e più brillanti colori il nostro matrimonio bianco.

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